Famiglie Storiche di Ponzano Veneto

La famiglia: Bernardi

Bernardi

image Anni ’40. Famiglia Domenico Bernardi e Maria Specie, da sinistra: I figli Giuseppe (2° nato), Angelo (1° nato) e Giovanni (3° nato)..
ORIGINE DEL COGNOME
Dal nome Bernardo (dal germanico: valoroso, forte come l’orso).
Cognome molto diffuso nel Veneto e in particolare nel Trevigiano a Pieve di Soligo e Revine Lago.

FRAZIONE DI PROVENIENZA | Merlengo

PRESENZA DOCUMENTATA NEL TERRITORIO
AC: La famiglia di Angelo Bernardi di Domenico, nato nel 1841, di professione fittavolo, è iscritta al foglio numero 6538 dei registri anagrafici di Merlengo per gli anni 1873-1876.

CAPOSTIPITE | Domenico

SOPRANNOME | Manarin

NOTIZIE E CURIOSITÀ
1849: Bernardi Giovanni di Domenico deceduto a Porto Marghera per la difesa di Venezia.

1906: Bernardi Domenico di Angelo emigra in America. Nella cosiddetta borgata “Manarini” in via Calcina Ovest a Merlengo troviamo un albero sacro sul quale era attaccata una cassetta che custodiva un quadro dipinto nel 1992 da Diego Bernardi raffigurante Cristo Crocifisso (“Cristo dei Manarini”), sostituito nel 2015 con un Cristo in ferro battuto opera di Giuliano Bernardi in ricordo del nipote Luca e di tutti i defunti della borgata.

Diego Bernardi è l’autore anche dell’affresco con la Vergine e il Bambino presso la sua casa in via Muri 3 dal 2014 e dello stendardo del Palio delle Acque (edizioni dal 2003 al 2007).

Giuliano Bernardi ha ricoperto la carica di Assessore ai Lavori Pubblici sotto l’Amministrazione Niero (mandato 2004-2009) e quella di Consigliere dal 2003 al 2014.

Dai ricordi di Giuliano Bernardi:
image Angela Bernardi (sorella di Domenico) e il marito Angelo Pulin (classe 1873).

Secondo quanto riferisce Giuliano, supportato da ricerche effettuate dall’ex parroco don Alessandro Dal Ben all’Ar- chivio di Stato di Venezia, il soprannome Manarini o Manarin deriverebbe dal cognome attribuito alle ragazze che trovavano asilo presso la Congregazione della Carità di Venezia assieme ai loro figlioletti nati dagli stupri perpetrati dalle truppe austriache d’invasione.

Una di queste ragazze, com’era consuetudine in passato, venne accolta nella villa Chiozzi a Merlengo, qui conobbe e sposò uno della famiglia Bernardi che da quel momento acquisì il soprannome di Manarin.

Sempre Giuliano si ricorda che la gente diceva che nella borgata Manarin erano tutti comunisti e questo perché non frequentavano molto la Chiesa, se non
image Anni ’60. Maria Specie vedova di Domenico (seduta) con un’amica di fronte a casa.
nelle feste più importanti. In particolare Angelo, il papà di Giuliano, pur non andando di frequente a messa, era un uomo di grande generosità, disponibilità e ospitalità verso tutti, infatti educava i figli, fin da piccoli, a mettere da parte dei soldi per l’elemosina ai poveri, partecipava ai funerali delle persone a lui più care e a quelli degli anziani, non esitava ad aiutare persino gli zingari che, quando sostavano a Merlengo, avevano bisogno dell’acqua e di un ricovero per il cavallo e l’asino. Era puntuale nella consegna del quartese al parroco, delle offerte alla parrocchia e al sacrestano, nonché della mancia al guardiano del cimitero (Bigarea).

Quando, al mattino del Sabato Santo, il sacrestano arrivava in casa con il fuoco benedetto la mamma di Giuliano accendeva con esso la cucina economica dando a questo semplice gesto un alto significato simbolico.

image Anni ’40. Bernardi Domenico (classe 1880) e Maria Specie.

In occasione delle rogazioni, nel borgo, all’incrocio tra via Calcina Ovest e via Masetto, veniva preparato un tavolinetto con la tovaglietta e un quadro con l’immagine della Sacra Famiglia che proveniva probabilmente dalla camera matrimoniale degli anziani Bernardi. Sul morer della borgata veniva appesa una piccola croce di legno con una coroncina intrecciata con rametti d’ulivo, questa croce rimaneva sull’albero per tutto l’anno a testimoniare il passaggio delle rogazioni e la devozione degli abitanti della borgata. Per il Venerdì Santo* venivano preparati degli archi infiorati che coprivano parte del percorso della processione nella borgata: via Calcina Ovest e via Muri, sopra al Lavajo in via Talponera veniva invece sistemata una stella carica di lumini.

image Matrimonio di Angelo Bernardi con Gina Mufato
image 11-2-1950. Gina Mufato lascia in corteo la casa paterna per recarsi in chiesa.

Nei pressi del Lavajo, dietro alla ex Scuola Elementare, l’area oggi occupata dal dismesso capannone delle Officine della Carrozzeria “3 Valli”, era morto a metà degli anni ’50 il pilota di un aereo militare precipitato in via Ciardi. Questo terribile incidente, che per fortuna non provocò vittime in paese, è ancora ben impresso nella memoria di Giuliano: quel giorno si trovava a scuola: si sentì un rumore assordante, la caduta dell’aereo provocò una grande voragine e il pilota fu sbalzato proprio dietro alla Scuola Elementare. A quei tempi, testimonia Giuliano, nella borgata vi era una grande solidarietà tra le persone e questo sia in caso di calamità come nella vita di tutti i giorni: ci si aiutava nei lavori agricoli e si condivideva quello che la terra donava riunendosi tra famiglie in allegre feste campestri. Anche l’uccisione del maiale era l’occasione per stare assieme, così come il filò nella stalla di nonna Maria Specie che spesso diventava il luogo per l’accoglienza e Il rifugio dei tanti senza tetto.

image Primi anni ’60. Famiglia Bernardi Angelo (classe 1921) di Domenico e Maria Specie. Da sinistra: Angelo, i figli Giuliano e Moreno e Gina Mufato..
I Bernardi possedevano due-tre vacche da latte e un vitello e campi coltivati a mais e frumento, tutti questi prodotti venivano scambiati, in una sorta di baratto, con Migot casoin, con la Latteria e con Berto Forner.

Per quanto riguarda il riso, che diventerà in seguito il pretesto per organizzare una delle sagre più importanti della Provincia, era un cibo ancora non raffinato, ma molto costoso, per questo lo si consumava nelle grandi occasioni come i pranzi di nozze, le Cresime e le Comunioni celebrate rispettivamente nel giorno del Santo Patrono e di S. Pietro in onore del parroco don Pietro Filippetto.
*Guglielmo Polo ebbe modo di intervistare G. Battista Michielon (Nino Miceon), il quale ricordava che nei primi anni ’30, nella ricorrenza del Venerdì Santo, lo stradino comunale Osvaldo Zanatta, aiutato sia manualmente che economicamente da vari paesani, costruiva delle barchette munite di candeline e legate con un filo che i bambini muovevano sulla superficie del laghetto chiamato “Lavajo”.

Inoltre Osvaldo realizzava un dirigibile di carta trasparente lungo 2 metri, che veniva collocato all’altezza di 6-7 metri. Due adulti, con una cordicella, mettevano in movimento questo dirigibile illuminato da candele. L’effetto, tra le barchette e il dirigibile tutti illuminati, era strabiliante, tanto che don Filippetto, dopo qualche anno, proibì la messa in scena di questo spettacolo, perché i fedeli venivano inevitabilmente distratti da tanta bellezza e finivano per interrompere la processione.