Ponzano : Note Storiche
L'EVOLUZIONE DEL PAESE DURANTE IL XVIII SECOLO
L’evoluzione della società rurale
Dall’esame degli argomenti trattati finora, è possibile dedurre che la società rurale trevigiana, nel secondo Settecento, era formata da tre classi: i contadini, le cui condizioni di vita erano vicine alla povertà; la borghesia rurale, composta da medi proprietari terrieri, commercianti, artigiani, fattori e gastaldi, professionisti; i nobili e possidenti, che conducevano vita agiata, risiedevano in città e si recavano in campagna solo per trascorrervi periodi di villeggiatura. Già gli scrittori del XVIII e X I X secolo rilevavano concordemente la m i seria dei ceti popolari nel Trevigiano: gli agricoltori subivano direttamente le conseguenze dei cattivi raccolti, dovuti a siccità, tempeste o ad altri fattori metereologici. Le carestie che ne derivavano aumentavano la mortalità di popolazioni cronicamente sotto-nutrite. A Ponzano, se ne ebbero negli anni 1756, 1759/60, 1781/62, 1815/17Traggo questi dati dallo spoglio dei registri parrocchiali (nascite, matrimoni e morti) delle parrocchie di S. Leonardo di Ponzano e S. Maria di Paderno, conservati nei rispettivi Archivi Parrocchiali..
Ad indicare le conseguenze di queste crisi sulla popolazione, valgono le parole del parroco di S. Maria di Paderno, che annotò sul “Registro dei Quartesi”: “... in quest’anno 1766 abbiamo avuto un’aridissima tempesta, che in anni 35 che mi trovo in questo Benefitio, non ne ho mai autta… Fasioli in tutti… d’ognisorta. Canevo in quest’anno niente, vino in quest’anno in neto sechi tre, mosto nella terra del Benefitio (= parrocchiale) sechi uno”. Facendo un rapporto con gli anni precedenti, la tempesta ridusse in quell’anno i prodotti agricoli raccolti ad un terzo della quantità ottenuta nelle precedenti annate. Nel “Libro dei Quartesi”, conservato a Paderno, è descritta la composizione dei generi versati al parroco, in pagamento delle decime tradizionalmente definite “quartesi”: tra essi, appaiono “sorgoturco, formento, segala, cinquantin, sorgo rosso, favalovina, miglio e avena“Libro dei Quartesi” della parrocchia di S. Maria di Paderno. Riporta dati relativi agli anni tra il 1756 ed i l 1769 ed è conservato nell’Archivio parrocchiale di Paderno. . Questi cereali rappresentavano, probabilmente, le componenti essenziali dell’alimentazione contadina a Ponzano.
Il parroco di Fossalunga, paese del Trevigiano, pubblicò nel 1788 un’opera in cui poneva l’accento sul contrasto tra le umili condizioni di vita della maggioranza della popolazione ed i l benessere dei ceti più elevati: “le frequenti case… sparse per ogni luogo e villa, dove si vive lietamente, oziosamente… sono altrettante cause della perversità dei contadini, e della mala coltivazione delle terreSPADA M. - “Dissertazione sopra i metodi di migliorare la coltivazione delle terre nel territorio trivigiano alto e basso” - TREVISO, 1799 - pag. 8. .
La vita dei paesani era legata alla disponibilità di prodotti agricoli, per l’alimentazione della propria famiglia: questa situazione continuò nel corso del secolo successivo. Così si scriveva nel 1833: “e se la grandine non viene a devastar questi (rac)colti, a inaridir queste vigne…, a carpir l’unica mercede di tanti travagli, forse anche questa misera gente abbandonata da tutti, avrà qualche momento di gioja…Il brano è tratto dalla pag. 34 dell’opera “Lettere descritte di alcuni luoghi campestri nelle Provincie venete”, composta da ANTONIO SANFERMO in occasione delle nozze Martinelli-Mazzari e pubblicata a VENEZIA nel 1833. Ci si riferisce sicuramente alla campagna trevigiana, poiché in precedenza l’autore aveva specificato di trovarsi nei pressi del Sile, accennando alla vicinanza del bosco del Montello. .
Verso la metà del X I X secolo le condizioni di vita non erano sostanzialmente mutate. Nel 1856 uno studioso dei problemi dell’agricoltura veneta narrava: “se scorrete le nostre campagne, v i avverrete… in numerose famiglie annidate entro a sozze e umide catapecchie… ma come volete che i l contadino si sollevi dalla propria abbiezione… se non gli apprestate qualche conforto sotto i l domestico tetto? ...Invece la pellagra serpeggia per que’ canili…COLLOTTA G. - “Sull’agricoltura nelle Provincie venete…” - opera citata, pag. 35. . Tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento le campagne furono percorse dagli eserciti francese ed austriaco, i cui governi dominarono alternativamente i l Veneto. Ciò comportò diversi turbamenti nella consueta vita rurale.
In quegli stessi anni, ed in particolare tra il 1815 e il 1817, una grave carestia coinvolse il Trevigiano, e con esso l’intero Veneto. La mortalità nelle campagne si accrebbe notevolmente, e diversi scrittori si preoccuparono di analizzare le cause di questo fenomeno e di trovarvi una soluzioneTra i testi che affrontarono questo argomento, segnalo: CASAGRANDE G. - “Manuale di carità e di pratiche istruzioni ai poveri famelici opportuno sempre, ma specialmente nelle circostanze di carestia” - VERONA, 1816. GIOIA M. - “Problema: quali sono i mezzi più spediti, più efficaci, più economici per alleviare la attuale miseria del popolo in Europa”. MONTELEONE G. - “La carestia del 1816-17 nelle province venete” - in “Archivio Veneto”, 1969. PEZZI P. - “Saggio sopra le cause della crescente nostra mortalità” - VENEZIA, 1815. La carestia degli anni 1815-1817 fu particolarmente studiata sia per l’intensità con cui colpì le province venete, sia perchè si manifestò in tutte le regioni europee. . In realtà, le carestie erano puramente un’espressione di un sistema sociale che deteneva in sè enormi disuguaglianze, ed in cui le differenze economiche tra ceti sociali erano molto maggiori di quanto non sia ai nostri tempi.
In conclusione, così scriveva, agli inizi dell’Ottocento, un altro sacerdote trevigiano, studioso dei problemi della popolazione contadina: “di cento fuochi (= famiglie) circa, di cui è composto i l villaggio, troverete sessanta famigliuole meschine di operai o pisnenti che abitano altrettante casipole ed hanno uno o due campicelli dalle grandi famiglie… e divengono subaffittuali dè coIoni medesimi, e non ne traggono a sufficienza di che vivere…CRICO L. - “Il contadino istruito dal suo parroco” - VENEZIA, 1817. . Per quanto riguarda la borghesia rurale, è necessario premettere che la documentazione sulla presenza di questo ceto a Ponzano inizia verso la metà del Settecento: in assenza di altre fonti, le notizie su di essa derivano dai registri canonici presenti nell’Archivio Parrocchiale di Ponzano. Come già accennato nei paragrafi relativi ai proprietari terrieri, pochi erano, nel paese, i benestanti.
Essi vivevano in case più confortevoli, ed usufruivano di migliori condizioni di vita: l’alimentazione ed il vestiario erano più ricchi e variati, e rilevante era, in termini complessivi, i l distacco rispetto al ceto popolare.
A Ponzano, potevano dirsi “borghesi” i medi possessori di terra, i bottegai, i fattori o gastaldi e gli artigiani più importanti. Nei registri parrocchiali essi venivano nominati col termine di “Signor”, che indicava l’atteggiamento di rispetto che, in genere, si provava verso i benestanti.
Negli ultimi decenni del Settecento, nella frazione di Ponzano non abitavano nè medici, nè notai, nè avvocati: nei documenti dell’epoca, non sono citati professionisti. Questo è un segno della limitata importanza che il paese aveva, dal punto di vista demografico ed economico. In compenso, le “Anagrafi dello Stato Veneto”, redatte nel 1766 (ed anni seguenti) attestano la presenza, nella parrocchia di Ponzano, di 2 “negozianti e bottegari”, di 18 “artigiani, ed altri manifattori” e di nessun “professore d’arti liberaliTraggo questi dati dall’opera “Anagrafi dello Stato Veneto”, parzialmente manoscritta e pubblicata per la prima volta nel 1766, in seguito aggiornata nei quinquenni successivi. La copia del volume che ho consultato è conservata nella Biblioteca Marciana di Venezia, alla collocazione 166 D 4 - La parroc-(192) Traggo questi dati dall’opera “Anagrafi dello Stato Veneto”, parzialmente manoscritta e pubblicata per la prima volta nel 1766, in seguito aggiornata nei quinquenni successivi. La copia del volume che ho consultato è conservata nella Biblioteca Marciana di Venezia, alla collocazione 166 D 4 - La parroc-chia di S. Leonardo e Rocco di Ponzano si trova al n. 75.1 dati qui riportati si riferiscono al quinquennio 1771-1775. .
Significativa è l’evoluzione sociale compiuta da alcune famiglie del paese: tra esse, i Sartori che giunsero a Ponzano nella prima metà del Settecento. In quell’epoca, Francesco Sartori svolgeva la professione di agente, cioè fattore, presso la villa Minelli: già allora, la sua condizione sociale era superiore a quella di una media famiglia contadina. Infatti i membri della famiglia (come emerge dai registri parrocchiali) tendevano a frequentare o legarsi con persone di pari livelloAd esempio, i l 30 aprile 1766 “Maria Maddalena, figlia del quondam Francesco Sartorj, agente in Cà Minelli di questa con dispensa delle solite pubblicazioni…” sposò il figlio dell’“agente di Cà Michieli in villa di Povegian” Archivio Parrocchiale Ponzano, 1° Registro dei Matrimoni. : agenti o gastaldi, mugnai, cittadini risiedenti in TrevisoAncora un matrimonio: nel 1769 Rosa Teresa Sartori sposò Antonio Civiliato “monaro di Treviso” della Parochia di s. Giovanni d’Arena”. Nell’anno 1743, al battesimo di un altro figlio di Francesco Sartori, era intervenuto come padrino “il Signor Andrea Signoretti da Treviso”. Gli esempi di questo genere sono numerosi, all’interno dei registri di Stato Civile conservati nell’Archivio Parr. di Ponzano. (195) Arcangelo Sartori fu Francesco “Agente in Ca’ Minelli” comparve come padrino il 18 maggio 1749 al battesimo di Battista Lazari detto Sovernigo. 1° Registro dei Battesimi, archivio parrocchiale, Ponzano. (196) Arcangelo Sartori, nato nel 1738, sposò Lucietta Piovesan della parrocchia di S. Gaetano di Treviso il 12 novembre 1766. Ebbe i l primo figlio nell’agosto del 1767 e l’ultimo nel 1787, con un intervallo intergenetico medico di 18 mesi. Dei 10 figli maschi che ebbe, ne sopravvissero 4, e di 4 femmine avute ne rimasero solo 2. Dati tratti dalla ricostruzione genealogica da me compiuta sulle famiglie della parrocchia di Ponzano nel periodo 1750/1830, attraverso lo spoglio dei Registri parrocchiali ivi conservati. (197) Traggo questi nominativi dall’analisi dei documenti conservati nell’archivio parrocchiale di Ponzano. (198) Atto datato 4 ottobre 1780 e conservato nel 1° Registro dei matrimoni dell’archivio parrocchiale di Ponzano. (199) Il nome di Osvaldo Carniello “servo in Ca’ Stua di questa Parrocchia” compare in alcuni Atti di battesimo, negli anni 1766 e 1767, in cui egli viene citato come padrino. (200) Egli viene citato come padrino nell’Atto di battesimo datato 20.2.1783, relativo a Matteo di Domenico Conte. (201) Mi scuso per involontarie omissioni. Ho trascritto solo i nomi che compaiono nei registri parrocchiali di Ponzano del Settecento, senza tener conto delle famiglie giunte in seguito nel paese. Ho omesso, in questo paragrafo, le famiglie già citate in precedenza. (202) Atto datato 10 settembre 1708 e conservato nel 1° Registro dei matrimoni. Archivio parrocchiale di Ponzano. (203) Atto datato 22 giugno 1762 e conservato nel 1° Registro dei Battesimi. Archivio parrocchiale di Ponzano. (204) La visita pastorale del vescovo Zacco, compiuta a Ponzano i l 4 novembre del 1724, è trascritta nella busta 25 - libro primo - volume aa. 1724-1725 - carte 294-298, conservata nell’archivio della curia vescovile di Treviso. (205) La prima visita pastorale del vescovo Giustiniani fu compiuta a Ponzano i l 9 e 10 aprile 1758. Se ne conserva la trascrizione nell’archivio della curia vescovile di Treviso - busta 32 - fascicolo anno 1758 - carte congregazione di Postioma, parrocchia di Ponzano. (206) “Anagrafi dello Stato Veneto” - opera citata - Ponzano, n. 75 - edizione 1766. (207) La seconda visita pastorale del vescovo Giustiniani fu compiuta a Ponzano i l 22 aprile 1779, in occasione dell’inaugurazione della chiesa parrocchiale ed è riportata nella busta 32 - fascicolo anno 1779 - congregazione di Postioma, parrocchia di Ponzano - archivio della curia vescovile, Treviso. (208) “Anagrafi dello Stato Veneto” - opera citata. (209) La visita pastorale del vescovo Marini fu compiuta a Ponzano i l 6 maggio 1793 e la sua trascrizione è contenuta nella busta 53 - anno 1793 - forania di Postioma, parrocchia di Ponzano - archivio della curia vescovile di Treviso. , artigiani e commercianti di vario genere.
Continuo, a titolo di esempio, l’analisi delle vicende della famiglia Sartori: nell’anno 1759 Arcangelo, figlio di Francesco, proseguiva la professione paterna di agente dei MinelliArcangelo Sartori fu Francesco “Agente in Ca’ Minelli” comparve come padrino il 18 maggio 1749 al battesimo di Battista Lazari detto Sovernigo. 1° Registro dei Battesimi, archivio parrocchiale, Ponzano. ; ciò è sintomatico della relativa stabilità sociale che caratterizzava allora la borghesia rurale. E g l i sposò nel decennio seguente Lucia Piovesan di Treviso: difficilmente, infatti, i benestanti del paese potevano trovare sul posto un “buon partito”, la cui dote fosse proporzionale alle esigenze della famiglia. I figli della coppia furono ben 14: di essi, però, 8 morirono durante l’infanzia e solo 6 giunsero all’età adultaArcangelo Sartori, nato nel 1738, sposò Lucietta Piovesan della parrocchia di S. Gaetano di Treviso il 12 novembre 1766. Ebbe i l primo figlio nell’agosto del 1767 e l’ultimo nel 1787, con un intervallo intergenetico medico di 18 mesi. Dei 10 figli maschi che ebbe, ne sopravvissero 4, e di 4 femmine avute ne rimasero solo 2. Dati tratti dalla ricostruzione genealogica da me compiuta sulle famiglie della parrocchia di Ponzano nel periodo 1750/1830, attraverso lo spoglio dei Registri parrocchiali ivi conservati. .
L’osservazione di questo dato mi pare utile per la comprensione dei comportamenti demografici di questo ceto sociale, che in quell’epoca, nell’area esaminata, tendeva a procreare un numero di figli molto vicino a quello delle famiglie contadine, con un’equivalente incidenza della mortalità infantile.
Ai battesimi e matrimoni della famiglia Sartori intervenivano, in genere, i benestanti di Ponzano: tra essi, i Gobbato (bottegai e in seguito possidenti terrieri); i Longo (nobili veneziani che possedevano una villa sul posto); “l’illustrissimo Signor Zuanne Pase fu da Montebelluna, ora di questa Parrocchia”; i Fabris; i Picciol (commercianti poi possidenti) ed i SovernigoTraggo questi nominativi dall’analisi dei documenti conservati nell’archivio parrocchiale di Ponzano.. Oltre a questi nomi, alla borghesia del paese appartenevano anche le famiglie dei gastaldi ed agenti, legate alle proprietà immobiliari dei patrizi veneziani: essi si spostavano con relativa frequenza, e raramente continuavano a risiedere in uno stesso paese oltre lo spazio di una generazione.
Per quanto riguarda i Sartori, essi divennero, nella prima metà dell’Ottocento, proprietari terrieri, che traevano le proprie rendite dai possessi agricoli; i loro discendenti ebbero la possibilità di istruirsi e di svolgere “professioni liberali” (avvocatura, medicina ed altre), e costituirono, fino all’avvento dell’industria nel paese, i l nucleo principale della borghesia locale.
La stessa evoluzione caratterizzò altre famiglie benestanti del luogo: il denaro accumulato attraverso il proprio lavoro veniva investito nell’acquisto di campagne, le cui rendite rappresentavano la tranquillità economica ed i l cui possesso caratterizzò, fino ad epoche molto recenti, la collocazione sociale di una famiglia.
Nella storia del paese questa terza categoria di persone ha avuto un ruolo, comunque, importante: pochi erano gli abitanti di Ponzano che possedevano la casa di propria abitazione o i campi coltivati, e la maggioranza dei beni apparteneva a enti o privati che abitavano in città, a Treviso o Venezia. Tutti i paesani avevano, quindi, un rapporto, sia pure indiretto, con il ceto dei grandi possidenti.
Vi erano, poi, coloro che lavoravano alle loro dirette dipendenze, con diverse funzioni: ho già accennato, nel descrivere la borghesia locale, ai gastaldi o fattori ed agenti.
Importanti erano anche i servi ed i camerieri, che in genere provenivano da altri paesi e la cui mobilità era, rispetto agli agricoltori, molto maggiore. Negli Atti Parrocchiali sono citati, ad esempio, Elisabetta Pasini da Motta di Livenza, “ora abitante in Ponzan dagli Illustrissimi Signori Stua in figura di cameriera”, che nel 1780 contrasse matrimonio con un giovane originario del Padovano, probabilmente servo anch’egli. L’affissione delle pubblicazioni matrimoniali, avvenuta nelle Curie Vescovili dei “luoghi dove furono d’abitazione”, cioè Concordia, Ceneda, Treviso, Padova ed Udine, ci permette di conoscere gli spostamenti di residenza avvenutiAtto datato 4 ottobre 1780 e conservato nel 1° Registro dei matrimoni dell’archivio parrocchiale di Ponzano.. In altri casi, come Osvaldo Carniello, servo in Cà Stua, che nel 1786 ed anni seguenti fu padrino ad alcuni battesimiIl nome di Osvaldo Carniello “servo in Ca’ Stua di questa Parrocchia” compare in alcuni Atti di battesimo, negli anni 1766 e 1767, in cui egli viene citato come padrino. , si instaurò probabilmente un rapporto amichevole con gli abitanti del luogo.
Occorre ricordare, comunque, che nel Settecento vi era una certa rigidità professionale, per cui difficilmente un servo poteva trasformarsi in contadino: vi era una forte tendenza ad esercitare il mestiere ereditato dal padre, e, soprattutto per questo motivo, la campagna trevigiana era caratterizzata da scarsa mobilità sociale e territoriale.
A conferma di ciò, vi erano alcune famiglie, come i Benetton, che furono, per secoli, affittuari di terreni prossimi alla villa Minelli (nel 1783 Giovanni, figlio di Girolamo Benetton era detto “affittuale contiguo di Cà Minelli in questa cura)Egli viene citato come padrino nell’Atto di battesimo datato 20.2.1783, relativo a Matteo di Domenico Conte. e che non ebbero mai incarichi alle dirette dipendenze dei patrizi ora nominati: essi, residenti a Ponzano già nel Seicento, continuarono a dedicarsi all’agricoltura per secoli, fino agli inizi del Novecento. Allo stesso modo fecero le vecchie famiglie del paese, che, ancora oggi, abitano a Ponzano, Paderno e Merlengo. Fra esse, ricordo: Amadio, Barbisan, Basso, Bianchin, Biasetto, Bordignon, Cocchetto, Conte, Crema, De Mattia, Fontebasso, Gagno, Liberali, Marchetto, Massolin, Piovesan, Renosto, Rotino, Schiavon, Toffoletto, Visentin, ZanattaMi scuso per involontarie omissioni. Ho trascritto solo i nomi che compaiono nei registri parrocchiali di Ponzano del Settecento, senza tener conto delle famiglie giunte in seguito nel paese. Ho omesso, in questo paragrafo, le famiglie già citate in precedenza. .
Vi erano, poi, altre professioni legate ai proprietari delle ville di Ponzano: si ha notizia di giardinieri, come fu Pasquale Berti, che nel 1708 era “giardinier di Chà MinelliAtto datato 10 settembre 1708 e conservato nel 1° Registro dei matrimoni. Archivio parrocchiale di Ponzano.. Si citano anche preti che svolgevano l’attività di “Mansionari”, cioè celebravano funzioni religiose, presso le cappelle private o oratori pubblici di pertinenza delle ville: nel 1762 i l Reverendo don Stefano Minizi era “mansionario” della villa MinelliAtto datato 22 giugno 1762 e conservato nel 1° Registro dei Battesimi. Archivio parrocchiale di Ponzano..
Le varie categorie fin qui citate componevano, nel Settecento, la società del paese di Ponzano. Essa non conosceva mutamenti di rilievo da secoli, e si sarebbe poi modificata nel corso dell’Ottocento: in quest’epoca, infatti, si i n trodussero a Ponzano nuove attività commerciali ed artigianali, che, accanto ai progressi nell’agricoltura, determinarono lo sviluppo successivo della zona.
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