Ponzano : Note Storiche

L'EVOLUZIONE DEL PAESE DURANTE IL XVIII SECOLO

La villa Minelli, ora Benetton

image Fotografia realizzata intorno al 1950 di fronte alla villa Minelli. Si notino le condizioni di degrado in cui si trovava il complesso, ed il fatto che le strade del paese non erano, allora, asfaltate. Le magnolie poste di fronte alla villa erano, allora, molto più piccole, ed il giardino versava in stato di abbandono completo.

  La famiglia veneziana dei Minelli edificò la villa, recentemente restaurata ed adibita ad uffici dalla società Benetton, agli inizi del secolo XVII. La forma quadrata e la presenza di una barchessa rettangolare, da un lato, e di saloni delle feste, dall’altro, ripropongono il classico schema palladiano delle ville venete. All’interno, i saloni centrali sono affiancati da camere laterali, con pregevoli camini dell’epoca. In tutta la villa sono presenti soffitti con travature alla sansovina, dipinte nel corpo centrale del complesso architettonico.

image Panoramica frontale, dal lato sud, del complesso architettonico della villa Minelli, ora Benetton.

La facciata presenta una triplice finestra arcuata posta sopra un portale a tre archi di chiara derivazione veneziana. Caratteristiche sono anche le inferriate in ferro battuto, poste di fronte alle finestre della villa, ed i cancelli, sempre dello stesso materiale, dalle volute leggere, sostenuti da pilastri sormontati da guglie di pietra d’Istria. Sul lato della strada, sono presenti un Oratorio pubblico (= chiesetta) dedicato a S. Giovanni Battista e l’adiacenza, contenente i “saloni delle feste”, cioè quattro grandi sale da gioco e da soggiorno, interamente affrescate. Opposta ad essi, ed adiacente alle case coloniche di cui si è parlato nel capitolo precedente, è la barchessa, un tempo adibita a foresteria.

Il complesso di queste costruzioni venne definito dal Mazzotti “di grande interesse storico ed artistico”: lo studioso, scrivendo nel 1952, ne rilevava anche i l pessimo stato di conservazioneCosì scriveva Giuseppe Mazzotti, massimo studioso della civiltà delle ville venete, a pag. 441 della sua opera già citata “Le ville venete”.. Infatti, in seguito all’estinzione del ramo principale della famiglia Minelli, agli inizi dell’Ottocento la villa e gli edifici ad essa collegati erano passati in proprietà dell’Istituto degli Esposti di Venezia, cioè dell’orfanotrofio di quella città, che li mantenne fino allo scorso decennio, quando furono acquisiti dagli attuali proprietari. Non essendo mai più stato abitato per i l periodo di oltre 150 anni, i l complesso architettonico si era gravemente deteriorato: quando, agli inizi degli anni settanta si iniziarono i restauri, molti affreschi erano coperti da più strati di calce, porte e finestre erano murate, le stanze delle adiacenze ospitavano botteghe ed officine artigianali ed una parte dei tetti era prossima al crollo. I lavori di restauro sono continuati per una decina d’anni ed hanno coinvolto tutti gli edifici collegati alla villa, nei quali sono stati inseriti gli uffici della società. È in progetto l’inserimento, all’ultimo piano del palazzo centrale, di un museo dedicato alla storia della lavorazione della lana ed alle arti del costume, nell’area veneta, nei secoli scorsi.

Vorrei tracciare ora una breve storia della famiglia Minelli e delle vicende collegate alla villa di Ponzano: esse sono, a mio parere, assai sintomatiche dell’influenza esercitata dalla civiltà delle “ville venete” nelle zone rurali in cui i veneziani si insediarono.

I Minelli erano commercianti bergamaschi che giunsero a Venezia durante il Cinquecento. Si narra che avessero bottega “in principio della Casaria a Rialto, ove vendevano aglio (e) salumiCosì riferisce il “Libro dei nobili veneti ora per la prima volta messo in luce”, opera citata, a pag. 58., e questa attività dovette fruttare loro elevati guadagni, se nell’anno 1650 Domenico Minelli “arricchito a somma considerabile di facoltà con tale sporco negozioIbidem, pag. 58.  versò alla Repubblica di Venezia i 100.000 ducati necessari ad acquisire la nobilita, cioè il titolo di “patrizio veneto” per sè e per i propri discendentiIn quegli anni, infatti, Venezia si trovava in difficoltà finanziarie a causa della guerra di Candia ed offriva la possibilità di acquistare la nobiltà con un offerta di 100.000 ducati. .

Successivamente, la potenza economica del casato si consolidò attraverso matrimoni con ricche famiglie mercantili: i Minelli abbandonarono progressivamente le attività commerciali ed investirono in proprietà fondiarie in varie località del Trevigiano. Gli acquisti a Ponzano iniziarono nel Seicento: il documento del 1621 che ho citato nel capitolo precedente ne è un esempio. Parallelamente alla costruzione della villa, avvenuta nel corso del XVII secolo, essi comperarono terre in Paderno, Merlengo e S. Pelajo A riprova di ciò, confronta l’Estimo del 1714, conservato nell’Archivio di Stato di Treviso. Fondo Archivio Comunale - Busta 1221, nelle pagine dedicate alle località nominate. , case a Treviso, In Archivio di Stato di Venezia - Fondo Miscellanea mappe - N. 962 - Micro D572/8 è conservato un disegno che rappresenta case dei N.N.H.H. Minelli, site a Treviso, in. piazza de’ Temporali.   I mulini sul Sile a Canizzano’Confronta il documento datato 15 luglio 1676 e riferito al N.H. Cristoforo Minelli, di cui si conserva copia nell’Archivio di Stato di Treviso - Fondo Commissariato Distrettuale di Treviso - Busta 26. .

image Documento del 1712 ritrovato durante i lavori di restauro alla villa Minelli. Eccone la trascrizione: “Laus Dei li 12 luglio 1712 Ponzan. Fu restaurato il colmo della Barchesa dalli N.N.H.H. Domenico e fili Minelli padroni. Il murer fu Zuanne Bonatto da Castelfranco. Il marangon fu Francesco Pivatto da Paderno”. Conservato nell’archivio privato Benetton.

Nella prima metà del Settecento essi disponevano di entrate annuali vicine ai 3.000 ducati: cifra, questa, che pur essendo elevata rispetto al reddito di una famiglia media, non è comparabile agli enormi capitali necessari per l’edificazione della villa Minelli di PonzanoQuesta notizia è contenuta alle pagine 463 e 521 del testo di J E AN GEORGELIN - “Venise au siècle des lumières” edito a Parigi nel 1978. . E possibile supporre, quindi, che, dopo l’enorme accumulazione di ricchezza verificatasi nel corso del XVII secolo, le spese sostenute per la costruzione del palazzo e per l’adeguamento ad un tenore di vita nobiliare avessero fatto sì che le risorse della famiglia decadessero a livelli più modesti.

Parallelamente a ciò, i Minelli non si svilupparono dal punto di vista demografico: la genealogia della famiglia che ho ricostruito dimostra che non vi furono mai più di tre o quattro maschi viventi contemporaneamente’Per una ricostruzione genealogica della famiglia dei Minelli, i principali testi utilizzabili sono: CAPELLARI G.A. - “Il Campidoglio Veneto” - III volume - Manoscritto conservato nella Biblioteca Marciana di Venezia, sotto la segnatura = MSS IT CL. VII n. 17 . BARBARO M.A. - “Arbori de’patritii veneti” - TOMO V - Carta 135. Manoscritto conservato all’Archivio di Venezia - Misceli. Codici I - Storia Veneta. . Ciò condusse, in seguito, all’estinzione della discendenza diretta dei Minelli, verificatasi agli inizi dell’Ottocento, ed alla conseguente dispersione del patrimonio familiarePer tutte le notizie relative al passaggio di proprietà della villa Minelli all’Istituto degli Esposti “S. Maria della Pietà” di Venezia, confronta il fondo archivistico dell’ente, conservato in parte presso lo stesso istituto, ed in parte trasferito all’Archivio di Stato di Venezia. .

image Panoramica dal lato nord della villa Minelli. Sono visibili, da sinistra a destra: una parte di casa colonica, la barchessa, il corpo centrale della villa, l’adiacenza con i saloni delle feste e l’oratorio di S. Giovanni Battista.

Le proprietà di Ponzano furono trasmesse con un lascito all’Istituto degli Esposti “S. Maria della Pietà” di Venezia: era, infatti, una prassi comune per i veneziani di lasciare, alla propria morte, una quota del patrimonio ad organizzazioni benefiche. L’archivio di questa istituzione conserva una vasta documentazione sulla storia della villa e del complesso adiacente durante l’Ottocento ed il Novecento. E sufficiente ricordare ora che numerosi furono i tentativi di acquisto della stessa da parte di privati, nel corso dell’ultimo secolo. V i furono proposte per destinare la villa a collegio o educandato (anche se gli affreschi delle adiacenze erano giudicati immorali, e la rendevano inadatta a tale scopo), oppure a sede di associazioni od enti pubblici. Fortunatamente, non andarono vendute le cancellate ed inferriate esterne, verso cui nel Novecento si indirizzò l’interesse di molti acquirenti. È necessario ricordare anche che, a partire dal 1950 circa, si moltiplicarono le lettere e sollecitazioni per interventi conservativi e di restauro, che l’Istituto della Pietà, in realtà, non effettuò mai, per mancanza di fondi e disinteresse verso la villa stessa. Si giunge così al 1969, anno di cessione del complesso architettonico alla Benetton: lo stato di conservazione della villa era divenuto, ormai, assai precario, ed ulteriori attese avrebbero probabilmente compromesso in maniera definitiva gli affreschi presenti.

È assai difficile ipotizzare una data precisa riguardo all’epoca in cui villa Minelli fu costruita: appurato che le case coloniche circostanti hanno origine medioevale, è possibile affermare che “Palazzo e Fabbriche”, cioè corpo centrale ed adiacenze, esistevano già nel 1621, anno in cui fu redatto i l documento citato in precedenzaDocumento già citato, datato 20 aprile 1621 e conservato nell’Archivio di Stato di Treviso - Fondo Archivio S. Malia Maggiore - Busta 19 - Carta 22..

In quell’epoca, come appare anche dai successivi “catastici”, accanto alla villa sorgeva probabilmente un parco con alberi ad alto fusto: in esso erano collocate statue, come in genere nelle ville dell’epoca, e la parte posta di fronte alla villa era sistemata a viali ed aiuole, secondo lo schema dei giardini all’italiana. Inoltre, sul lato a sud (a fianco della strada per Treviso) si trovava una “pescheria”, cioè vi erano delle vasche per l’allevamento dei pesci che avevano anche scopo decorativoEstimo 1714 - Archivio di Stato di Treviso - Fondo Archivio Comunale - Busta 1221..

Il particolare della mappa di fine Seicento riprodotto nel capitolo precedente ci dimostra, inoltre, che la strada che collegava Ponzano con Treviso si arrestava di fronte alla villa, proseguendo sul lato della stessa (in direzione nord) con un’ampiezza molto più ridotta, sotto forma di mulattiera di campagna. L a maggioranza delle ville venete, infatti, si trova oggi sul fianco di strade asfaltate a grande traffico perchè il percorso delle strade stesse fu spesso tracciato in funzione della villa signorile, che doveva essere collegata agevolmente con la città e le località vicine.

Gli studi finora compiuti sugli affreschi di villa Minelli testimoniano che essa fu decorata fra il XVII ed il XVIII secolo. Per quanto riguarda l’oratorio di S. Giovanni Battista, esso contiene un quadro, raffigurante l’Assunta, sicuramente eseguito da Nicolò Bambini dopo il 1710 Questa notizia compare nell’articolo di F. FLORES D’ARCAIS “Di un libro su Luca Giordano e i suoi rapporti col Veneto” in “Arte Veneta”, A. XXI (1967), pag. 249.. Lo stesso oratorio conservava, sull’altare maggiore, un pala raffigurante San Giovanni Battista, contornato da altri santi, dipinta da Antonio Zanchi agli inizi del Settecento: essa fu trafugata una decina di anni fa, nel periodo in cui vi fu il passaggio di proprietà della villaLa pala dipinta dallo Zanchi viene ricordata da FRANCESCO SCIPIONE FAPANNI nell’opera “Della congregazione di Quinto nella diocesi di Treviso”, edita a Treviso nel 1862, a pag. XXIX = “Torreggia a Ponzano il palazzo Minelli, pregevole non per l’architettura, ma per la mole maestosa. Ha un oratorio di belle proporzioni, con buona pala di Antonio Zanchi”. Anche il FEDERICI, autore dell’opera già citata “Memorie trevigiane sulle opere di disegno dal 1100 al 1800” - Volume II, scrive a pag. 101 “Sono però dello stesso (Antonio Zanchi) la Palla… nella chiesa di Ponzan di Cà Minelli ad un ben inteso Palazzo unita, rappresentante i SS. Giovanni Battista ed Antonio con altri santi”. .

La decorazione dei primi tre saloni delle feste, che si trovano nell’adiacenza della villa, è stata attribuita da Michelangelo Muraro all’opera del Bellucci, pittore vissuto tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento. Egli ritiene che il pittore abbia decorato le volte e le pareti di questi saloni, presumibilmente al termine del secolo XVIIMICHELANGELO MURARO - “Affreschi Veneti - Restauri e ritrovamenti” in “Emporium”, A. LXIX, voi. 138 (1963), pag. 113. Il Muraro scrive nel 1963, dopo un parziale restauro di questi affreschi, compiuto a cura della Soprintendenza ai Monumenti di Venezia, che tuttavia non mise in luce gli affreschi presenti nell’ultima stanza.. Di diverso parere è, invece, Francesca Flores d’Arcais, che giudica questi stessi affreschi opera di Pietro Liberi, un altro pittore operante nella seconda metà del Seicento. Ella ritiene che, nella decorazione di questi saloni con motivi allegorici raffiguranti le arti della Pittura, della Poesia, della Musica e della Scultura, oltre che con la rappresentazione di divinità femminili e di telamoni che reggono il cornicione, il Liberi fosse influenzato direttamente dall’opera di Paolo Veronese visibile nella villa palladiana di Maser. L’articolo di Francesca Flores d’Arcais rifiuta, quindi, la precedente attribuzione al Bellucci e sposta indietro nel tempo la realizzazione di questi affreschi, in cui vengono raffigurate cornici barocche ed altri motivi architettonici di ispirazione romanaFRANCESCA FLORES D’ARCAIS - “La formazione di Pietro Liberi” in “Critica d’arte”, A. XIV (1967), pagine 58-68..

Ambedue gli studiosi scrissero prima dei restauri integrali compiuti nell’ultimo decennio, ignorando quindi la presenza di affreschi nell’ultimo salone dello stesso edificio, oggi chiamato “la stanza dei mostri”. Questi dipinti, raffiguranti giganti dalle enormi dimensioni, sono databili probabilmente nella prima metà del Seicento, anche se, a tutt’oggi, non vi sono precise attribuzioni.

È probabile, comunque, che gli affreschi della “stanza dei mostri” siano la decorazione più antica dell’edificio; essi furono ricoperti da diversi strati di calce, che li nascose alla luce per secoli. Non sono possibili attribuzioni attendibili neanche per quanto riguarda gli affreschi dei saloni della villa, anch’essi, in parte, riemersi dagli strati di calce soprastanti.

In conclusione, la villa Minelli di Ponzano rappresenta, oltre che un importante esempio di architettura seicentesca con decorazioni pittoriche dell’età barocca, soprattutto un modello di restauro e di riutilizzo di una villa veneta, con l’inserimento in essa di attività produttive. Una soluzione, questa, che si spera divenga più frequente e possa preservare dalla decadenza altri edifici rurali del Trevigiano.

image Visuale angolare della villa Minelli, dal lato meridionale.
image Particolari del corpo centrale ed adiacenza della villa: in alto è riprodotto il loggiato del primo piano, con le finestre ad arco.

 

image La villa Minelli, fotografata dal lato meridionale, rivolto verso la strada che conduceva alla città di Treviso. Era questo l’ingresso principale alla villa stessa.
image Particolare dei “saloni delle feste” in cui si osserva la struttura dei portoni e delle finestre ad arco a tutto sesto, tipiche del Cinquecento e del Seicento. Foto di Carla De Benedetti, tratta dalla rivista “Abitare” (novembre 1977).


Note: