Ponzano : Note Storiche
LE CONDIZIONI DI VITA DELLA POPOLAZIONE NEI SECOLI SCORSI
Ambiente ed abitazioni rurali
Ho già accennato, nei capitoli precedenti, alla tipologia delle abitazioni contadine ed alle caratteristiche degli arredi domestici: cercherò di definire, ora, le caratteristiche essenziali.
Il modello più antico di edificio era il tipico “casone”, riprodotto nell’illustrazione (qui sotto) della pagina seguente: il tetto era a spioventi molto inclinati, interamente ricoperto di paglia o di canne, fissate ad una travatura di legno. Le pareti, ricoperte d’argilla, non avrebbero comunque potuto sopportare un diverso tipo di copertura. Ancora oggi resta qualche esempio di queste case nel Padovano.
Già nel Settecento, tuttavia, si diffusero case più solide, costruite in muratura e col tetto ricoperto di tegole, destinate ad ospitare una o più famiglie contadine: si tratta delle abitazioni ad uno o due piani che restano nei nuclei più antichi dei paesi del Trevigiano. Esse avevano in genere una stanza inferiore ed una superiore piccole e basse, con finestre di dimensioni ridotte, prive di vetri e tappate con legno o carta. Nel piano terra era inserito il portico, necessario per il ricovero di carri ed altri attrezzi agricoli. Il rustico destinato ad ospitare il bestiame, col fienile soprastante (detto “teza” o “tezon”), sorgeva di solito a lato della casaTraggo queste notizie dal volume di L. CANDIDA (ed altri autori) “La casa rurale nella pianura e nella collina veneta” edito a FIRENZE nel 1959..
Di conseguenza la corte, o “cortivo”, rimaneva aperta, diversamente dagli edifici rurali della pianura lombarda o emiliana. L’abitazione sorgeva quasi sempre al centro dell’unità poderale: per questo motivo, il numero di case raggruppate nei paesi era, allora, piuttosto limitato, e si manteneva la distinzione in “colmelli”, cioè in frazioni isolate dal nucleo centrale del villaggioPer una traccia generale sull’argomento, con bibliografia: G. BARBIERI e L. GAMBI - “La casa rurale in Italia” edito a FIRENZE nel 1970..
Nell’unico corpo di fabbrica che componeva le abitazioni contadine erano compresi la stalla-fienile ed i locali in cui viveva la famiglia: al pianterreno la cucina e la cantina, le camere al piano superiore, il granaio nel sottotetto. Di solito la scala era interna, di legno, priva di ballatoi. È difficile, comunque, individuare un unico tipo di casa, in una zona, come quella di Ponzano, in cui prevalevano le piccole e medie proprietà fondiarie : la terra era lavorata sia da proprietari, che da affittuari, mezzadri, compartecipanti e salariati, ed a ciascun ceto competeva un tipo di abitazionePer una trattazione specifica sull’area trevigiana: “Case rustiche ed architetture spontanee della marca trevisana” - Catalogo della mostra - TREVISO, 1970. A. BERNARDI - “I rustici” - TREVISO, 1977..
La situazione mutò, in parte, nel corso del XIX secolo, allorché la diversa conduzione fondiaria, la razionalizzazione delle colture e la diffusione della bachicoltura condussero, necessariamente, alla costruzione da parte dei grandi proprietari terrieri di dimore più spaziose e dotate di soffitte maggiormente aerate, adatte alla residenza di più nuclei familiariUn testo molto interessante sulle tipologie delle case contadine è il volume curato da G. CORNA PELLEGRINI - “Case contadine” - edito dal Touring Club Italiano a MILANO nel 1979. “Informazioni statistiche raccolte dalla R. Commissione superiore per gli Stati di S.M. in terraferma.. Si edificarono allora, in tutta la pianura veneta, grandi casali a più piani, che ospitavano fino a una cinquantina di persone, appartenenti ad una famiglia “patriarcale”, legata al fondo per più generazioni da un contratto mezzadrile o di affittanza. In questo caso, la stalla ed il fienile avevano maggiori dimensioni ed erano costruiti a parte.
Al di là delle poche famiglie di grandi e medi affittuari e fattori, le condizioni di vita della maggioranza delle famiglie contadine erano piuttosto dure.
Così si leggeva in una relazione medica del 1832: “Le abitazioni campestri, come quelle ancora de’ contadini abitanti nei paesi sono infelicissime, mal costruite e non difese dalle intemperie, umide, a cagione delle stalle, a pian terreno, sucide e fumicanti… sicché sono costretti a giacere (= dormire) molti in luoghi ristretti e bassi… sulle scranne (= panche) dei focolari, negli ovili, ed anche sullo strameStatistica medica” - Parte II, TORINO 1849-1852 - pag, 635 e seguenti.”.
Don Melchiorre Spada, parroco di Fossalunga, paese situato fra Treviso e Castelfranco Veneto, fu testimone della durezza delle condizioni di vita dei ceti rurali nel Trevigiano. Così egli scriveva nella sua opera, riferendosi alla miseria contadina: “E necessario che l’affittuale o colono possa aver sussistenzaM. SPADA - “Dissertazione sopra i metodi di migliorare la coltivazione delle terre nel territorio trevigiano alto e basso” - opera citata, pag. 8”.
A differenza di quanto comunemente si crede, la dimensione media di ogni nucleo familiare non era particolarmente elevata: se, ad esempio, venivano procreati 6 figli, solo la metà raggiungeva l’età adulta: per questo motivo, molti nuclei familiari non superavano la cifra di 4/5 persone. Inoltre, poiché i giovani tendevano a sposarsi al di sotto del venticinquesimo anno di età, essi lasciavano presto la famiglia di origine. L’elevato tasso di mortalità faceva sì che vi fosse un elevato numero di vedovi e vedove.
Una rilevazione statistica compiuta nell’anno 1806 indica, a Ponzano, la presenza di 355 persone suddivise in 115 nuclei familiari: una media, cioè, di 3,10 persone per famiglia. Una simile proporzione è confermata dai dati dell’intero Comune di Ponzano, con 1127 persone suddivise in 387 famiglie: numero medio 2,91 persone per famiglia. Esistevano, a Ponzano, solo 24 nuclei familiari che superavano le 6 persone per famigliaTraggo questi dati da una rielaborazione personale del documento intitolato “Regno d’Italia. Dipartimento del Tagliamento. Comune di Ponzan. Ruolo per l’anno 1806”, conservato nell’Archivio di Stato di Treviso. Fondo Archivio Comunale. Busta 822..
Un’usanza assai importante era quella dei “filò”: nelle sere d’inverno le famiglie contadine si riunivano nelle stalle per difendersi dal freddo senza consumar legna, ma soprattutto per trascorrere alcune ore in compagnia.
In queste circostanze le donne filavano, raccolte in cerchio, ascoltando i racconti che venivano narrati. Era l’occasione di incontro e conversazione della giornata, che nei mesi più caldi veniva ripetuta all’aperto, sotto il porticato della casa; in questa circostanza i giovani si conosceveno e frequentavano, e si creavano le premesse per i matrimoniUn’erudita descrizione di quest’usanza fu pubblicata dal FERRARIO - “Del passare l’inverno nelle stalle considerato come cagione di molte malattie” nella “GAZZETTA MEDICA DI MILANO” del 19.12.1846, a pag. 437..
Gli studiosi di medicina dell’epoca consideravano pericolosa questa abitudine, per l’umidità e l’irrespirabilità dell’aria delle stalle, e per la vicinanza con i germi degli animali bovini, che potevano trasmettere agli uomini la tubercolosi.
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