Crisi nelle campagne trevigiane
ORDINE PUBBLICO
Uno dei segnali che possono essere utilizzati per cogliere il malessere della popolazione sono i disordini, le manifestazioni, le proteste ed i fatti di cronaca.
Le tensioni sociali erano perlopiù tra i contadini e il ceto borghese, il cui emblema per il mondo contadino era la pubblica amministrazione.
Ippolito NievoP.Brunello, Acquasanta e verderame. scriveva che il volgo non poteva credere alle parole del ceto borghese vicino alle nuove istituzioni “perché avvezzo ad udire dalle nostre bocche accuse di malizia e rapacia che la sua coscienza sa essere false e ingiuste”. Rifiutava quindi “comunanza di speranze e sacrifizi nella vita pubblica perché vede noi rifiutare la stessa comunanza a lui nella vita privata.” I contadini non potevano accettare ulteriori sacrifici e la loro diffidenza era la risposta “all’indifferenza” verso le loro “piaghe secolari”.
Nel Veneto non si andava verso il socialismo, in quanto il sogno dei contadini era quello di divenire a loro volta dei padroni “a furia di lavoro e di tempo”. Piuttosto l’avidità avrebbe portato tutti a divenire dei ladri. Sempre secondo l’illustre autore all’epoca si sarebbero dovuti evitare gli antagonismi, in particolare quelli tra il clero ed i liberali e quello tra i contadini ed i cittadini.
In effetti si può individuare in questo caso una stretta correlazione tra l’avanzare della crisi agraria, l’aumento della popolazione e quello delle denuncie. Quelle conservate nell’archivio comunale di Ponzano richiamano un po’ tutti i fatti tipici della campagna trevigiana. E’ interessante notare come con l’avanzare del tempo cambi anche il tipo di reati denunciati, quasi a voler rispecchiare l’evolversi della situazione dal punto di vista socioeconomico.
Partendo con l’analisi dal 1867 sappiamo che la famiglia nobiliare Manolesso Ferro La famiglia Manolesso Ferro era una nobile famiglia veneziana che nel Comune di Ponzano vantava una estesa proprietà terriera nella frazione di Merlengo. I suoi rappresentanti hanno fatto parte molte volte parte della deputazione comunale di Ponzano, ma nel 1899 il conte Giorgio fu deposto dalla carica di sindaco per la mancanza di censo. Molto vicini alla causa patriottica diedero anche ospitalità ad Ugo Bassi in una loro abitazione in Treviso. La famiglia è ricordata dagli anziani di Merlengo per la spiccata sensibilità e lo spirito di carità verso la chiesa parrocchiale e le umili famiglie del paese. Si veda G. Polo, Ponzano Paderno Merlengo…, cit. era già in crisi. All’inizio del secolo possedeva quasi 300 ettari di campi nella frazione di Merlengo. Una famiglia di fattori evidentemente in ritardo nei pagamenti per richiesta del nobile fu pignorata di ben 300 sacchi di frumento, che servivano per pagare un debito di imposte. I sacchi vennero portati presso la parrocchia di Merlengo. Quella stessa notte fu organizzata una sommossa armata (di fucili e bastoni) che riuscì ad asportare ben 90 dei sacchi sequestrati. Nessuno riuscì comunque (stranamente) ad identificare i colpevoli, nonostante l’eco dell’impresa sia stato eccessivo per poter essere taciuto anche fuori dai confini del paese. Interpellati sull’avvenuto i pignorati risposero di non sapere nulla dell’accaduto e di non centrare affatto. Nonostante tutto sembra che i sospetti rimasero tali e che non sia stato arrestato nessuno, mentre sembra che il maltolto sia finito seminato …nei campi della famiglia pignorata!
Nel 1868 si trova traccia di una serie di documenti che sono emblematici del difficile rapporto tra i cittadini e le istituzioni. Un uomo, tale Angelo Pivato, si dimostrava apertamente ostile nei confronti del comune, verso cui si era già segnalato per “ingiurie, lesioni all’onore e minacce”. Nel colorito linguaggio dialettale in cui è riportata la serie di ingiurie proferite verso il comune si distingue chiaramente la causa del suo malcontento. A suo dire il sindaco non era altro che un ladro, reo di avergli rubato la casa; probabilmente anche in questo caso in seguito ad un pignoramento. Il suo atteggiamento era tutt’altro che rassegnato agli eventi, e non solo non dava nessun credito alle autorità , ma riteneva di potersi riprendere ciò che gli era stato tolto con la forza. Nel suo discorso asseriva che i Consiglieri comunali altro non erano che ladri ed assassini, che svolgevano il loro ruolo solo per poter proteggere a loro volta altri ladri ed assassini. In seguito alla violenza da questi esercitata nei confronti del personale egli venne recluso nel carcere di Santa Bona. Tuttavia una volta uscito di prigione il suo atteggiamento si rivelò addirittura peggiore di prima. Nessuno dei tentativi compiuti dalle autorità sembra che fosse riuscito a farlo smuovere dalle sue opinioni.
Si può in entrambi i casi notare come le autorità locali vengano percepite non solo come incapaci di risolvere i problemi, ma proprio come fonte di essi. Non solo ma entrambi gli episodi sono accomunati dal pensiero di poter rimediare in modo rapido e diretto agli errori e alle angherie commesse dai potenti.
Per il resto quello che avvenne fino agli anni settanta furono solo sporadici avvenimenti quali le lamentele per i polli che mangiano l’uva nei campi di altri contadini, o un paio di episodi di taglio e il furto del granoturco nella notte in campi altrui, spesso conclusi con l’arresto dei colpevoli.
Negli anni settanta il numero delle denunce si mantiene più o meno lo stesso fino al 1874. Nel comune di Ponzano sembra che questo sia stato un anno critico, come testimoniato anche dalle risposte alle richieste di aiuto da parte di altri comuni. I furti di campagna aumentarono in quell’anno in maniera impressionante (le denunce testimoniano almeno sei gravi episodi) e gli stessi parroci furono pregati più volte di cercare di convincere i contadini a pagare le tasse, per evitare l’avvio delle pratiche di pignoramento.
A complicare le cose ci fu anche una recrudescenza nei fenomeni di taglio abusivo di piante, anche con il solo scopo di recare danno alla vittima (come nel caso del taglio o sradicamento dei gelsi), e l’impossibilità per molti di pagare ammende e spese processuali. La pretura inizia a richiedere numerose dichiarazioni alle autorità comunali circa la condotta dei denunciati, probabilmente per valutare come commisurare l’entità delle pene da infliggere o valutarne l’innocenza.
Si trova traccia anche di un documento interessante diffuso dalla pretura in tutti i comuni, relativo alle pene da destinare ai truffatori e a
“coloro che spargendo fatti falsi nel pubblico, o facendo offerte maggiori del prezzo richiesto dai venditori stessi, […] avranno prodotto (per qualsivoglia altro mezzo doloso) l’alzamento o l’abbassamento dei prezzi di derrate, mercanzie carte,… saranno puniti col carcere da un mese ad un anno ed inoltre con multa da lire 500 a lire 5000”
La pena veniva inoltre raddoppiata per chi compiva tali atti su grani, granaglie, vino, pane e sostituti delle farinacee, cioè beni di prima necessità. Veniva inoltre ricordato l’articolo che riguardava le pene per chi utilizza falsi pesi e misure al fine di truffare i compratori, che erano le stesse di cui sopra.
Per avere un termine di paragone basta pensare che il passivo a fine anno del comune in quel periodo ammontava a circa 20.000 lire, ed il reddito annuo dei contadini all’epoca si aggirava come abbiamo visto intorno alle 300 lire. Si trattava quindi di cifre esorbitanti.
Il 1874 presenta anche l’unica denuncia relativa ad una tentata violenza su una donna. La donna venne ritenuta credibile in quanto il parroco rilasciò delle dichiarazioni sulla sua condotta morale (della denunciate). Solo in seguito ad essa la denuncia venne ritenuta fondata, e partì quindi un processo verso l’imputato. Anche questo è un esempio dell’importanza del ruolo del parroco, difensore dei deboli.
Continuando a consultare l’archivio fino al 1882 si continua sempre a rinvenire un elevato numero di denunce. Ancora una volta i furti di campagna sono i reati prevalenti. Nel 1882 si trova traccia anche di una serie di documenti relativi ad un truffatore. In pratica egli prometteva la vendita di prodotti che non possedeva dietro la corresponsione di una caparra. Costui fu denunciato dapprima in aprileQuesta prima truffa gli aveva fruttato 50 lire. ed in seguito ancora a luglio, sorpreso mentre cercava di vendere del grano che gli era stato sequestrato dalle autorità. L’uomo si era trasferito da meno di un mese a Ponzano, subito dopo essere stato scarcerato per altri crimini. Una volta mossa la denuncia nel mese di luglio nei suoi confronti sparì, abbandonando la moglie ed i figli. Nonostante le ricerche fu solo segnalato un avvistamento nella zona di Conegliano. Si trovano anche altre testimonianze di persone che appena trasferitesi in comune finivano di lì a poco in carcere. Evidentemente cercare di inserirsi nella comunità non doveva essere una cosa semplice, altro segnale del periodo di difficoltà in corso.
Bisogna però segnalare anche l’elevata mobilità presente nelle campagne in quel periodo: l’emigrazione non era solo verso l’estero.
Dal punto di vista dell’ordine sociale è interessante notare come cambiano i crimini nel corso degli anni. Nel 1882 si rintracciano ancora i soliti piccoli furti (tipo tre zucche o due polli), ma si trovano anche denunce relative allo sradicamento di diversi alberi compiuti da una banda composta da una trentina di giovani, accuse di aggressione e ferimento e diverse minacce di morte. Il peso specifico dei reati sale. Da notare che anche i più piccoli sembrano risentire del crescente malessere sociale. Emblematico è il caso di un bambino che dopo aver sorpreso una ladra di galline, invece di denunciarla si mette a ricattarla a scopo di estorsione…
Nel frattempo anche le dichiarazioni sulla “fama” (buona o cattiva) degli abitanti dirette alla pretura divengono peggiori. Alla fine degli anni ottanta si rintraccia anche un maldestro tentativo di truffa verso la congregazione di carità: viene presentata da un semianalfabeta una ricetta medica scarabocchiata con tratto tremolante. Fortunatamente per il “furbo” sembra che l’amministrazione comunale sorvolò sul fatto, forse viste e considerate le condizioni difficili in cui esso versava.
Anche perché le condizioni di vita nel carcere di Santa Bona erano molto dure, al punto che dai documenti rinvenuti risulta anche un decesso di un ragazzo di Ponzano, che vi scontava una pena nel 1882.
Note:
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