Crisi nelle campagne trevigiane

Società contadina e istruzione agraria

La diffusione dell’istruzione subito dopo l’annessione al Regno d’Italia era assai scarsa. In particolare la diffusione della conoscenza agraria era una questione molto urgente. Le cause di questo ritardo sono assai complesse. Gli effetti sono però stati evidenti: il calo del rendimento dei terreni dovuto al regredire delle tecniche agricole è certamente da attribuirsi anche ad una insufficiente diffusione della conoscenza, e non solo a motivazioni inerenti alla struttura economica. Si tratta certamente di uno dei maggiori problemi dell’agricoltura veneta dell’ottocento. Anche la mentalità diffusa ha pesantemente condizionato le possibilità di un rapido recupero. Non semplicemente a causa della mancanza di conoscenze nel campo agricolo, che di per se avrebbero anche potuto essere recuperate, ma proprio a causa della mentalità generale che si era formata. L’ignoranza diffusa accompagnata alla superstizione impediva che si verificassero radicali cambiamenti nella società, tali da stravolgere l’ordine costituito, ma impediva anche di poter intervenire con radicali innovazioni nell’ambito agricolo: il cerchio dell’ignoranza non poteva essere spezzato in un solo punto.

Per quanto riguardava il problema della mentalità  già ai primi dell’Ottocento il conte Gherardo FreschiNe parla Piero Brunello nel suo Acquasanta e Verderame. Parroci agronomi in Veneto e Friuli nel periodo austriaco (1814-1866).Cierre Edizioni.  aveva una sua idea. Egli ravvisava l’origine dei problemi nell’ignoranza, che creava miseria e generava come conseguenza la corruzione. Secondo lui “istruire il popolo nelle cose materiali” era “cosa più utile che istruirlo nelle morali”.

Ed ancora: “un contadino che conosca bene l’agricoltura e l’economia rurale, e le industrie che si possono utilmente utilizzare in campagna, non è mai un miserabile; e perché conosce i mezzi per migliorare la sua esistenza, non è mai uno scioperato; e non essendo scioperato non sarà vizioso.”

Per comprendere quindi il tipo di educazione che veniva impartita non si può prescindere dall’analisi del contesto religioso. Sicuramente la necessità di mantenere la stabilità e impedire le ingerenze di culture esterne contribuì a rafforzare nella cultura contadina il rigido attaccamento alla tradizione, proprio una delle cause dell’arretratezza che venivano imputate ai contadini. Le accuse di ignoranza e di atteggiamento ostile nei confronti dell’innovazione non avrebbero dovuto prescindere dal considerare l’educazione che veniva impartita, e dal cercare di porvi rimedio.

Comprendere il contesto sociale significa avere la base per poter comprendere quali fossero le opzioni effettivamente attuabili all’epoca per migliorare la produttività agricola.

Il vero centro di gravità della società contadina era la Chiesa. Il parroco di campagna fungeva da guida sia per la vita spirituale che per quella materiale. Questa situazione era in parte dovuta anche al ruolo che il governo austriaco gli aveva assegnato; a lui furono delegate molte funzioni anche a livello burocratico.Vedere ad esempio il libro di P. Brunello, Acquasanta e verderame… cit.

Già a partire dall’inizio del secolo le idee esportate dalla rivoluzione francese erano ampiamente osteggiate dal clero. La libertà di pensiero diffusa dal passaggio delle truppe francesi viene apertamente denunciata dai parroci come una delle fonti della decadenza dei costumi, che era stata a sua volta la causa della crisi a livello economico e sociale. Il clero cercava di creare una contrapposizione netta tra ciò che era buono e semplice e “il male” che invece veniva risvegliato dal contatto avuto con gli eserciti, i cittadini ed i libri.

La diffusione di idee contrarie alla tradizione veniva infatti percepita dal clero come un pericolo. Come una forza destrutturante che rischiava di mandare in crisi un sistema sociale che fino ad allora nel bene o nel male aveva garantito stabilità e sicurezza alla società. Rappresentava una forza che andava a spezzare l’equilibrio esistente, e che rischiava tra le altre cose di togliere al parroco la centralità della sua posizione. Quindi le motivazioni di questo atteggiamento ostile nei confronti della libertà era dovuto a due motivazioni ben diverse. Da una parte il pericolo di incrinare il fragile equilibrio su cui era costruita la società, cioè il rispetto dell’ordine costituito. Dall’altro il timore del clero di vedere ulteriormente ridotto il proprio ruolo nella vita sociale.

Bisogna infatti tenere conto di quello che la rivoluzione francese aveva rappresentato. Non solo diffusione di idee ma anche spossessamento di beni e rivolte che turbavano l’ordine pubblico. La rivoluzione aveva portato in molte zone al seguito degli eserciti sangue e folle inferocite che chiedevano giustizia sommaria. Era quindi abbastanza normale che anche le idee da cui scaturivano questi comportamenti non potessero essere viste di buon occhio.

Soprattutto nel primo ottocento ai parroci era stato affidato il compito di evitare che le tradizioni venissero contaminate o perdute. Compito che fu in buona parte portato a termine: infatti l’avanzare delle idee liberali si è rivelato molto più lento che in altre zone.

Oltre che una funzione di guida, sulle spalle del parroco finì in molti casi per ricadere l’incarico di impartire l’istruzione agraria e qualche volta anche quella elementare. Questi ruoli andavano ad aggiungersi alle già numerose funzioni che gli competevano. Da varie fonti si può rintracciare un tono di polemica nei riguardi dell’attività di insegnamento che i parroci prestavano nelle scuole nel periodo austriaco, legati più che altro ad accuse di svolgere questo importante compito in modo superficiale. Era d’altra parte normale pensare che l’attività di insegnamento non potesse essere in cima alla lista delle occupazioni del parroco.

Nell’ultimo 800 la riforma vescovile della diocesi pretese un parroco che vivesse tra la gente, tra le masse per estirpare “ogni vizio, sbandire ogni scandalo, promuovere in grado eminente ogni virtù, e condur tutti a mano i suoi parrocchiani nella via della santità.”A.C.V.Po., cart. XV, Proposte per un sinodo di Casasola, Fossalta, parte II, cap. XV/3, 9 maggio 1860. Angelo Gambasin, Parroci e contadini…cit

Per comprendere la società contadina, oltre ad uno sguardo di insieme, è quindi opportuno analizzare separatamente due figure: quella del parroco e quella del contadino.


Note: