Crisi nelle campagne trevigiane

SALUTE PUBBLICA

Uno degli indicatori più immediati delle condizioni di vita della popolazione è il suo stato di salute. Un peggioramento della salute pubblica rispetto ad un periodo precedente è spesso un indice abbastanza significativo di un peggioramento generale delle condizioni di vita.
Secondo Polo l’alta natalità era una delle cause di questa indigenza. L’aumento del saldo naturale avvenuto nell’ultimo quarto di secolo complicò ulteriormente la situazione.

Date le ridottissime risorse di cui disponeva, la popolazione faceva ampio ricorso a rimedi di tipo erboristico. Controllando nell’archivio di Ponzano i medicinali che venivano sovvenzionati ai poveri erano soprattutto prodotti semplici, facilmente reperibili quali il decotto di chinino, i fiori d’arancio, la menta, la valeriana, l’acqua comune. Si trovano tuttavia anche l’acido solforico, il cloruro di calcio ed il bismuto.Archivio di Ponzano. Tratti da un elenco di ricette mediche del 1867 relative ai medicinali per cui i poveri chiedevano sovvenzioni.

Uno dei problemi più gravi era la mentalità: il malato era considerato un peso morto, un problema. Numerosi furono i casi in cui per non pagare le cure il malato veniva lasciato in balia della malattia. Tanto sarebbe morto solo “se Dio vuole”, quindi non era un problema della famiglia.

Ecco una tabellaRicavato da G. Polo, Ponzano Paderno Merlengo…, cit. Anche se non indicato nella tabella il colera fu una piaga che toccò il comune di Ponzano nel 1855 con 64 vittime e altre 24 nel 1866.. che mostra i decessi a causa di malattia avvenuti fra il 1816 ed il 1871 a Ponzano:

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Come si vede più di tre quarti dei decessi rientrano nella casistica della mortalità infantile. A prescindere dall’ignoranza è evidente una certa tendenza diffusa un po’ ovunque nelle campagne venete dell’Ottocento a trascurare la cura dei neonati. Non si sacrificavano risorse per individui la cui vita non era ancora considerata “certa” e non avessero raggiunto un minimo livello di autosufficienza / utilità per la famiglia.

Uno dei dati meno certi è probabilmente quello sulla pellagra, in quanto oltre al problema della malattia si aggiungeva quello della vergogna. Il significato della parola è letteralmente “pelle malata”, ma era anche chiamata con l’appellativo di “morbus miseriae”. I sintomi della malattia sono macchie sul collo, sulla faccia e sulle mani (le parti più esposte al sole, in cui la pelle si arrossa e si screpola), gravi nausee e disturbi intestinali, ma soprattutto profonde crisi depressive. Non a caso in riferimento a questo ultimo sintomo nei documenti ufficiali appare la dicitura “maniaco”, “affetto da mania”, e simili. Se il malato non veniva curato in tempo impazziva e finiva la sua vita in manicomio. Per curare i malati negli stadi iniziali era invece presente il Pellagrosario di Mogliano Veneto. Grazie ad una dieta più equilibrata si riusciva a recuperare i malati che erano stati ricoverati in tempo.

L’evoluzione della pellagra Livio Vanzetto, I ricchi ed i pellagrosi. Costante Gris e la fondazione del primo pellagrosario italiano - Mogliano Veneto 1883. Francisci editore 1985.

La pellagra iniziò a diffondersi nel Veneto a partire dal Settecento. Le prime province colpite furono Padova, Rovigo e Verona. In seguito il problema trovò la massima diffusione nelle campagne di Treviso, Venezia, Padova e Vicenza. Da una inchiesta del 1776 sappiamo che la causa della pellagra era ritenuta il consumo di mais avariato e immaturo recuperato dalle zone alluvionate.Proclama emanato dal Magistrato della Sanità della Repubblica di Venezia.  Nonostante i divieti di macinazione e commercio del mais avariato, la pellagra continuò comunque ad avanzare. Nel 1805 ci fu la prima inchiesta ufficiale. Il governo austriaco invitò i medici ad esporre le proprie argomentazioni sulla malattia con le seguenti parole: “inteso dei terribili progressi che la pellagra andava facendo nel distretto di Treviso…”. Affidarono quindi al trevigiano Gianbattista Marzani il compito di indagare sulle cause della malattia. Marzani arrivò alla conclusione che era l’alimentazione la chiave per debellare la malattia: proponeva come unico rimedio arricchire la dieta dei contadini con un pollo alla settimana o due uova al giorno. Indicazione che per la classe dirigente era assai problematica. Ad analoghe conclusioni era giunto nel 1784 il direttore dell’Ospedale dei Pellagrosi a Legnago, Gaetano Strambio.

Dopo le ripetute esperienze scientifiche a riprova di queste tesi, visto che non si poteva ottenere un farmaco efficace, la pellagra a livello ufficiale venne rimossa, mentre gli ospedali esistenti venivano chiusi con vari pretesti. Nel frattempo i malati venivano relegati nei manicomi, altri venivano lasciati a se stessi in attesa della morte; altri infine ricevevano cure alquanto “originali” negli ospedali comuni, come l’immersione in grossi secchi d’acqua, “sperimentazioni scientifiche” per la ricerca di una cura.

La ragione di tanta indifferenza era chiara: non era ritenuto accettabile cercare una soluzione al problema perché avrebbe significato mettere in discussione l’intero mondo agricolo. Bisognava rivedere l’organizzazione del lavoro, i contratti agrari, i rapporti di produzione e gli equilibri sociali e politici esistenti.

Nessuna autorità pubblica avrebbe avuto la forza di generare un simile cambiamento senza che si verificassero dei cambiamenti rilevanti a livello eziologico.

Ciò che diede alle autorità la possibilità politica di un intervento fu una nuova tesi mossa da altri ricercatori: il problema non era l’alimentazione insufficiente, quanto l’effetto delle sostanze tossiche del mais avariato sul fisico indebolito delle persone con una dieta scadente. Il rischio di un intervento fondato su una simile ipotesi era senz’altro minore.
Infatti negli anni settanta le ricerche in campo socio-statistico del neonato stato italiano comprendevano in maniera rilevante studi sul problema. Le politiche sociali attivate furono comunque minime e concentrate sulla lotta alla diffusione del mais avariato. Tuttavia il tentativo di dimostrare scientificamente che era possibile guarire continuando a mangiare esclusivamente polenta fallì miseramente.Tentato a Mogliano nel 1883 su 40 malati che vennero trattati esclusivamente con rimedi farmacologici, senza modificare il vitto. L’inversione dell’esperimento, cioè la somministrazione di una buona dieta in assenza di farmaci si era tuttavia rivelata perfettamente funzionante. Solo nel 1935 si arriverà a comprendere che la causa della malattia è l’assenza di vitamina PP, assimilabile solo in presenza nell’organismo di niacina, triptofano e vitamine B2 eB6, tutti elementi abbondantemente presenti nel latte, nelle uova e nella carne. Si dimostrò così che la pellagra era una malattia originata chiaramente dalla carenza alimentare. Le uniche concessioni a livello di politiche assistenziali fatte ai teorici della carenza alimentare furono l’apertura delle cucine economiche e delle locande sanitarie.

Chi era il tipico pellagroso?

Secondo gli storici contemporanei la figura del pellagroso e del bracciante proletario erano coincidenti. Tuttavia la malattia si era diffusa anche in zone tradizionalmente non bracciantili. La spiegazione riguardava una presunta omogeneizzazione, sotto la pressione capitalistica, delle condizioni di vita e di lavoro dei mezzadri e dei fittavoli. Per rendere inconfutabile la teoria “pellagroso uguale bracciante” venivano spesso indicate le statistiche ufficiali. I dati tuttavia erano in realtà contraddittori, oltre che imprecisi a causa delle varie stratificazioni (poco affidabili) con cui erano classificate le classi contadine.

L’idea prevalente era che la pellagra fosse stata causata dalla diffusione della grande impresa capitalistica, cosicché il grado di diffusione della malattia indicava il grado di modernizzazione raggiunto nella campagna.

Negli anni settanta le tesi di molti studiosi arrivarono a sostenere che la vittoria sulla malattia fosse il risultato delle lotte per il salario di masse proletarie coscienti ed organizzate sindacalmente.

Tuttavia l’assunto “pellagroso uguale proletario” non è affatto fondato.
Nel comune di Ponzano la tradizione orale ricorda l’ampia permanenza dell’affitto di terreni alla famiglia di tipo patriarcale, incompatibile con l’estesa diffusione bracciantile. La società era rimasta congelata nel tempo in una fase di lentissima transizione, almeno fino al secondo dopoguerra, periodo in cui avvenne un mutamento epocale che sconvolse gli equilibri sociali: il lavoro delle donne.

E’ inoltre accertato che le zone più colpite dal morbo non erano quelle a conduzione bracciantile, ma quelle della piccola azienda familiare e del piccolo affitto.

Non si intende negare che la diffusione della pellagra fosse riconducibile alle profonde trasformazioni che avvennero nell’assetto colturale e produttivo. Tuttavia nell’alta pianura queste trasformazioni furono molto più evidenti nella prima metà del Settecento, quindi avevano poco a che fare con la crisi di fine Ottocento. Il sistema creato dopo la rottura del sistema agro-silvo-pastorale e la privatizzazione delle aree comunali era assai precario. Poteva funzionare solo in assenza di fattori di perturbazione, quali guerre, carestie, grandinate, siccità, o malattie delle piante (viti) e degli animali (bachi). In quei momenti la produzione scendeva sotto il livello minimo di sussistenza. Inoltre secondo le ricerche effettuate non sembra che i colpiti fossero molti più a fine Ottocento rispetto all’inizio del secolo.Livio Vanzetto, I ricchi ed i pellagrosi. Costante Gris… cit. pagina 140.

La scomparsa della pellagra a inizio Novecento ha inoltre a che fare con cause che hanno poco a vedere con le dimensioni aziendali. Anche perché proprio le zone più colpite del Veneto centrale in quel periodo non furono toccate dalle trasformazioni che interessarono invece la bassa pianura.Oltre alla tradizione orale confronta con Vanzetto, cit. nota precedente, pagina 140 e seguenti.

A questo punto si impone una osservazione. Secondo le statistiche del 1881 in provincia di Treviso il 10,2% della popolazione agricola era affetto dalla pellagra. Nel 1895 abbiamo una rilevazione statistica che indica nel 5,8 per mille la media provinciale di pellagrosi; nelle zone del piccolo affitto, quindi n particolare Asolo e Castelfranco, questo valore saliva al 10 per mille. I comuni più colpiti furono (secondo le dichiarazioni dei medici, oltre ai comuni dei distretti già citati) quelli di Istrana, Melma, Asolo e Volpago. Nel frattempo nella provincia bracciantile di Rovigo dopo la crisi degli anni ottanta l’endemia si ridusse a livelli trascurabili.Livio Vanzetto, I ricchi ed i pellagrosi. Costante Gris… cit. pagina 140.

Quindi con questo possiamo escludere che le aree più soggette a trasformazioni agricole in senso capitalistico fossero le più colpite dalla pellagra.

La tendenza avuta a fine Ottocento ad identificare le figure di bracciante e pellagroso può essere spiegata solo attraverso alcune considerazioni. Gli elenchi ufficiali non fornivano dati attendibili, in quanto nelle aree bracciantili l’abitudine a ricorrere all’assistenza pubblica induceva molti a dichiararsi malati nella speranza di ottenere dei sussidi. Al contrario i conduttori diretti ed i fittavoli avevano la tendenza a nascondere la malattia, vissuta come una colpa e come una minaccia di espulsione dal fondo. Per tradizione tendevano a rivolgersi al proprietario e non al Comune per ricevere assistenza. Molto probabilmente nelle aree bracciantili le cifre sono quindi sovrastimate, mentre nelle seconde sono sottostimate. Inoltre le varie categorie indicate nelle statistiche sono assai approssimative. In realtà i contadini veneti appartenevano contemporaneamente a molte delle categorie indicate nei censimenti: fittavoli, braccianti fissi, avventizi e piccoli proprietari. Le classificazioni non potevano dare un quadro veritiero della situazione reale.

L’aumento repentino della popolazione che non aveva visto un contemporaneo aumento della produttività generò assieme agli altri fattori il periodo nero degli anni settanta. La crisi da cui era stata colpita l’agricoltura alla fine del decennio aveva determinato un vertiginoso aumento della diffusione della pellagra. Le condizioni economiche in cui vennero a trovarsi braccianti e coloni costringevano infatti ad una dieta monomaidica, almeno per lunghi periodi dell’anno. Le cose cambiarono sostanzialmente grazie all’emigrazione. Da quegli anni al 1900 in alcune zone dell’alta pianura emigrò quasi un quinto della popolazione.Come ad esempio dai distretti di Asolo, Castelfranco e Camposampiero. Grazie alla grande emigrazione la pressione demografica venne in qualche modo attenuata.In effetti la pellagra sparì probabilmente in seguito alla necessità politica di mantenere in vita e favorire la classe dei piccoli proprietari nel primo dopoguerra. Scelta motivata dalla convenienza ad avere una struttura sociale affidabile e un serbatoio di forza lavoro disciplinata ed a buon mercato. Indirettamente così la pellagra finì per essere debellata.
  E’ comunque opportuno segnalare che i ricoverati nel pellagrosario di Mogliano Veneto provenienti dal comune di Ponzano cominciarono a giungere solo all’inizio degli anni novanta: furono ricoverati 18 pellagrosi nel periodo 1893-1902 e ben 41 nella decade successiva.

 


Note: