Crisi nelle campagne trevigiane

LA RETRIBUZIONE DEI BRACCIANTI AVVENTIZI

Analizzare il reddito e come venisse speso è una cosa assai difficile. In primo luogo bisogna osservare che fonti di informazione sull’argomento anche oggi sono abbondanti, visto l’interesse che la questione sociale produsse all’epoca. Tuttavia la loro interpretazione è molto complicata e può portare ad errori di valutazione. Bisogna considerare che si tratta di fonti indirette, con dati difficilmente confrontabili gli uni con gli altri.

Certamente i dati ci arrivano da fonti che conoscono profondamente, da un punto di vista empirico, la realtà in cui vivono (e quindi per le zone di campagna del mondo rurale), trattandosi prevalentemente dei notabili locali.

Tuttavia è necessario fare alcune osservazioni: innanzitutto la durata dei contratti variava molto: andava dall’anno al giorno; di frequente era anche “la stagione”, la settimana, “il periodo del raccolto”, come una settimana… poteva insomma avere anche durata indefinita. Inoltre anche la natura del contratto e della retribuzione potevano essere le più disparate. La modalità di pagamento poteva essere a cottimo, a giornata o per campo; mentre il rapporto di lavoro poteva essere a salario, a compartecipazione al prodotto, o con diritti vari; le retribuzioni potevano essere corrisposte in generi, in denaro, miste, col vitto o senza, col vino o senza. Oltre a tutte queste differenze bisogna considerare che il corrispettivo variava molto a seconda delle stagioni, del sesso e dell’età; delle caratteristiche del terreno e del tipo di lavoro svolto.

Appare a questo punto abbastanza chiaro che una analisi dal punto di vista quantitativo difficilmente può essere valutata come significativa. Anche nel momento in cui si riuscisse a trovare per una omogenea unità territoriale una serie di dati significativa, i dati andrebbero comunque analizzati e valutati dal punto di vista descrittivo. Un lavoro di difficile attuazione e dall’esito incerto.

Alcune indicazioni sono accettate dalla letteratura. Intanto per quanto riguarda i braccianti, che essendo retribuiti prevalentemente in denaro sono di più facile confronto.I dati utilizzati provengono da Paola Maria Arcari che li ha tratti dalle monografie agrarie raccolte da Bodio, nelle pubblicazioni ministeriali degli anni 1870- 74 e 1878-79,nell’inchiesta Iacini.  A. Lazzarini, Fra tradizione e innovazione, cit. pagina 203.
Questo vale solo per le retribuzioni giornaliere. Per quanto riguarda quelle annue le cose sono assai più difficili, a maggior ragione anche più che per i lavoratori fissi. La natura non continuativa delle loro prestazioni e la loro mobilità sul territorio rende ardua anche per gli esperti locali una corretta stima del loro reddito. Il salario aumenta di circa un quarto nella decade 60-70, per poi rimanere stabile fino alla fine del secolo. Un maschio adulto guadagna normalmente fra 60 e 80 centesimi di lira al giorno nel periodo invernale, fra una lira e una lira e mezza d’estate, con punte che salgono fino a due lire e mezzo o tre, senza distinzione tra zona e zona. In “Fra tradizione e innovazione” di Lazzarini si azzarda con una stima la media di 1,16 lire. Secondo l’inchiesta Iacini invece il salario medio era di una lira. Confrontate con le retribuzioni delle altre regioni sono le più basse dell’Italia settentrionale. Questi dati non hanno comunque un significato rigoroso in quanto svincolati da una valutazione sulla durata dei contratti.

RaseriRaseri, Materiali per l’etnologia italiana, cit. pag 160. I dati fanno riferimento ai distretti di Oderzo e Portogruaro. individua le seguenti retribuzioni giornaliere: 75 centesimi per tre mesi d’inverno, una lira per sei mesi in primavera e autunno, una lira e venticinque centesimi per tre mesi d’estate. Utilizzando anche le informazioni fornite da Nicolò Braida per il basso Trevigiano e da Bartolo Clementi per il vicentino, si ottiene una retribuzione media di circa una lira. Probabilmente i valor reali sono superiori, in quanto in molti casi vengono assegnati a cottimo pagando un tanto a campo, come ad esempio lo sfalcio dei prati, la zappatura del mais, la potatura dei gelsi e la mietitura del frumento. In altri casi si ricorreva invece alla compartecipazione del prodotto, come per la mietitura del grano e la raccolta del granoturco. Queste pratiche venivano chiaramente realizzate per riuscire a sfruttare fino in fondo le capacità dei braccianti, intensificando il lavoro.

Forse grazie a questo tipo di contratti in alcuni casi si giungeva alla retribuzione di due lire e mezza o tre messa in evidenza da molti datori di lavoro come salario decisamente eccessivo.

Bisogna notare come nei periodi della mietitura i salari salissero effettivamente a valori di tre lire, che lo stesso Morpurgo trovava eccessive. Ma lo stesso autore sottolinea che si tratta di un periodo di tempo molto limitato, di solito 8 giorni, che lascia il posto al resto dell’anno a salari che giungono rapidamente fino a 60 (o 50) centesimi al giorno nel periodo invernale! Quindi l’incidenza dei salari nei momenti di picco era assai limitata.

La giornata lavorativa in campagna era considerata dall’alba al tramonto: quindi dalle 7 alle 17 circa in inverno e dalle 4 alle venti in estate. Si andava dalle 8 ore invernali alle 14 ore estive.

Nella provincia di Treviso i braccianti sono molto pochi e i lavori sono scarsi. La situazione è simile a quella che si può riscontrare nella provincia di Belluno, in cui mediamente essi prestavano circa 200 giornate di lavoro in un anno. Anche in altre province in cui i braccianti avevano più possibilità, già a partire dall’inchiesta Iacini, sono numerose le voci di sindaci che lamentano il fatto che in inverno i braccianti non riescono a trovare lavoro neanche a prezzi bassissimi. Si lamenta anche il fatto che le trebbiatrici stiano riducendo le possibilità (e i redditi) lavorativi anche nel periodo estivo.

Nel 1884 il professor Giuseppe Benzi, insegnante di Agronomia all’istituto tecnico di Treviso, afferma:
[i braccianti] “sarebbero contenti di avere una lira al giorno per tutto l’anno; invece sono obbligati ad inerzia forzata per ben sei mesi all’anno, ed è somma fortuna quando possono prestare la loro opera per 70 ed anche 50 centesimi al giorno”.DOTT. M. CARDINALI, Nel ventennale della fondazione dell’A.TM.A. Dopo il 1880 si arriva agli estremi di non trovare lavoro neanche nei mesi di maggio e giugno, ma già prima la contrazione del numero delle giornate lavorative è già in atto. Nella provincia di Treviso dove il lavoro come dicevamo è scarso si arriva ad una retribuzione annua di 260 lire in destra Piave e 200 in sinistra Piave.Per la destra Piave si veda Vettorussi, Monografia Agraria, pagina 213, in Lazzarini, Contadini e agricoltura…, cit. pagine 203-203. Per la sinistra Piave invece consultare A. Rosani, Monografia agraria della provincia di Treviso,  Treviso 1880, pagina 257; Alpago Novello, Trevisi, Zava, Monografia agraria, cit. Pag 200.
  Questi valori vanno considerati come la totalità delle entrate di una normale famiglia di avventizi.

Neanche i più reazionari, coloro cioè che attribuivano la colpa della fame all’ozio e al vizio dei braccianti, negavano che l’eccesso di forza lavoro fosse una costante. Solo per pochi giorni l’anno la domanda di lavoro eccedeva l’offerta e permetteva salari soddisfacenti.

Quindi restano da esaminare le attività collaterali. Queste non apportavano contributi significativi.

Eventuali elementi di integrazione non modificano in maniera significativa questi valori. Il lavoro di donne e bambini è richiesto solo nei momenti di picco, e viene retribuito assai male. Le donne ricevono una paga che è compresa tra la metà e i tre quarti del salario di un uomo, mentre i bambini tra un quarto ed un mezzo.A.Lazzarini, Fra tradizione e innovazione…, cit. pagina 231 nota 85.  Altre attività che potevano essere affidate agli avventizi, quali l’allevamento dei bachi, non rendevano che qualche decina di lire. La spigolatura del grano e la raccolta di legna sono ormai vietate. La trattatura della seta nelle filande è ancora presente in qualche zona della collina e dell’alta pianura, mentre la tessitura a domicilio va scomparendo a causa della concorrenza dei prodotti industriali.

Altre forme di integrazione del reddito derivavano dal diritto di vagantivo ed il diritto di zappa. La prima consisteva nel diritto di caccia e pesca concesso alle popolazioni prossime a terreni vallivi. La seconda era una concessione di un terreno da coltivare a granoturco regolato da un contratto di compartecipazione del prodotto.

Si sono osservati in maniera abbastanza sistematica i redditi dei braccianti avventizi a partire dalla fine degli anni settanta. In quel periodo i funzionari ministeriali avevano preso consapevolezza dei limiti delle rilevazioni eseguite basandosi esclusivamente sulla paga giornaliera. Iniziarono quindi a richiedere da ogni regione informazioni più dettagliate sui bilanci delle famiglie rurali. In contemporanea attraverso l’inchiesta agraria, Morpurgo cerca di ricavare informazioni simili attraverso i suoi informatori.

Per esempio nel solo distretto di Verona si osserva che la famiglia di un bracciante disobbligato (avventizio) di 5 persone consuma in media attorno alle 300 lire annue, contro le 500 di un obbligato,

le 560 di un boaro, le 680 di un gastaldo, le 700 di un mezzadro e le 800 di un fittavolo. con un rapido calcolo si trova un consumo medio di 17 centesimi al giorno per individuo.

Una famiglia media con le stesse caratteristiche (5 membri, di braccianti disobbligati) della provincia di Belluno nello stesso periodo sembra guadagnasse circa 300 lire, essendo tuttavia sottoposta a un carico di spese di 50 lire superiore. I dati tratti da P. Soravia in Lazzarini, tra tradizione e innovazione, sono i seguenti:

Composizione della famiglia: un uomo, una donna, tre fanciulli.

Entrate:
Giornate lavoro agricolo dell’uomo:

150 estive (1,10 lire)  + 20 invernali (70 cent.)     179 lire
Giornate lavoro agricolo della donna:

90 estive (80 cent.) + 10 invernali (50 cent.)         77 lire
Lavoro al telaio (uomo)  28 lire
Filatura a mano (donna)  15 lire

Totale entrate 299 lire


Uscite:
Granoturco                 160 lire
Altre spese di alimentazione             102 lire
Affitto casa                 30 lire
Vestiario e calzature                 47 lire
Consumo attrezzi                 7 lire
Medicine e spese straordinarie                 5 lire

Totale uscite             351 lire

(Fonte: MAIC, Notizie intorno, cit. III, pp.624-625, 650-651, tratto da A.Lazzarini, Fra tradizione e innovazione…, cit.)

 


Note: