Crisi nelle campagne trevigiane
LA FONDERIA GIACOMELLI
Angelo GiacomelliA Lazzarini, Fra tradizione e innovazione, cit Pagina 46 e seguenti. fu il più grosso industriale trevigiano, uno dei maggiori possidenti nonché amministratore e politico. La sua linea di condotta tendeva a conservare la struttura tradizionale della società rurale (e con essa l’egemonia della grande proprietà terriera, esercitata in chiave paternalistica), migliorandone tuttavia la produttività attraverso l’introduzione di macchine agricole e strumenti perfezionati.
Le sue numerose iniziative promozionali non erano tuttavia realizzate con finalità puramente economiche. Alle esposizioni internazionali venivano presentati talmente tanti attrezzi da poter realizzare una mostra in proprio. Anche le ricadute a livello pubblicitario non potevano certo compensare gli altissimi costi sostenuti.
Il fine di queste azioni era più ideologico che economico, nel tentativo di far capire che “anche la provincia di Treviso faceva parte dell’Italia”.
La ditta Giacomelli presentò all’esposizione nazionale di Firenze del 1861 una piccola battitrice mossa da locomobile da 3 cavalli vapore, apprezzata per il costo contenuto (circa 4000 lire) e capace di trebbiare circa 100 ettolitri di grano al giorno. Nel 1863 la ditta Trevigiana riuscì a proporre una macchina di buon livello ed elevate prestazioni: munita di asporta paglia, ventilatore, vaglio ed elevatore di sacchi, aveva una potenza di 6 cavalli vapore. Fu premiata alle esposizioni di Torino (1864) e Parigi (1867) arrivando rispettivamente prima e secondaIdem..
La ditta produceva anche una serie molto ampia di strumenti agricoli, tra cui seminatrici, mietitrici e sgranatoi per il granoturco. Il prodotto di punta restarono comunque le locomobili, impiegate per la trebbiatura dei cereali e l’asciugatura dei terreni: nel giro di sette-otto anni ne uscirono dallo stabilimento di Santa Maria del Rovere circa centocinquanta.
A causa delle motivazioni che spingevano l’imprenditore (la ferma volontà di aiutare gli agricoltori e la fiducia nello sviluppo) l’impresa finì ben presto per arrivare al tracollo: il contenimento dei prezzi per aumentare la diffusione degli strumenti rendeva i margini troppo bassi in relazione alla limitatezza del mercato. Neppure l’annessione era riuscita a migliorare la situazione. Inoltre la bassa specializzazione produttiva non permetteva di ottenere costi di produzione sufficientemente bassi. Ma quest’ultimo problema toccò anche altre fonderie del Veneto.
In queste condizioni non era pensabile l’allargamento del mercato, soprattutto sotto la pressione della concorrenza internazionale. Però in ambito locale queste aziende hanno avuto una enorme importanza, soprattutto per coloro che ritenevano importante avere assistenza tecnica e desideravano attrezzi creati su misura per le esigenze del posto.
L’azienda di Giacomelli dopo un periodo di forte espansione venne definitivamente rilevata dalla Società veneta di costruzioni meccaniche, che ne cambierà l’indirizzo produttivo. Il tentativo ruralista di finalizzazione dell’industria all’agricoltura compiuto dall’imprenditore arrivò così nel lungo periodo a dimostrarsi infruttuoso.
Non bisogna dimenticare che il clima culturale era quello del positivismo, della fiducia nelle macchine e nel progresso. Mentre altrove il treno a vapore era l’emblema di questo clima, nelle campagne era rappresentato dalla locomobile. Purtroppo un simbolo. Infatti il costo di uno di questi preziosi strumenti era (dati del 1860) proprio proibitivo: 6-7000 lire per la motrice, più altre 3-4000 per la trebbiatrice. Erano solo le aziende meglio dotate di capitale che potevano permettersi di acquistarlo. Un buon termine di paragone relativo a questi prezzi può essere dato da quello che era il bilancio annuale del comune di Ponzano: circa 20.000 lire.
Un costo simile andava ammortizzato nel miglior modo possibile, e questo poteva avvenire solamente avendo sufficiente acqua a disposizione da poter coltivare il riso.
Solo dalla metà degli anni ‘60 si inizierà ad impiegare la locomobile nell’aratura. Ma se già era elevatissimo il costo della sola locomobile per la mietitura, quello del trattore lo era ancora di più: siamo attorno alle 25.000 lire.
Note:
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