Le Rondini di Ponzano Veneto

La Svizzera come seconda casa

Panziera Ernesto è nato a Merlengo nel 1934 dove abita con la moglie Innocente Alessandra originaria di Montebelluna.
Non è mai stato cancellato per emigrazione all'estero ma ha lavorato in Svizzera per oltre cinque anni.

E' stato intervistato martedì 26 luglio 2011 da Pietro Pizzolon e Luigino Righetto.


Sono figlio di Eugenio Panziera classe 1890, morto nel 1949 e Angela Zanin del 1896 e oltre ai genitori eravamo cinque fratelli, quattro maschi e una femmina.
Il maggiore dei fratelli era Giovanni nato nel 1923, morto a soli 58 anni. Gli altri fratelli sono Alfonso del 1928, Mario 1930 e Albina 1938.
Giovanni è stato a Tolosa in Francia nel 1948, come lavorante stagionale ma per pochi mesi perché nel gennaio del 1949 è morto mio papà, e lui essendo il maggiore dei fratelli, è tornato a casa per mandare avanti la famiglia e assistere il fratello Mario che è morto solo dopo sei mesi.
Era stato chiamato da un amico di Paderno che aveva dei parenti in Francia.
Lui si trovava bene in Francia e se non fosse stato per la disgrazia, non sarebbe tornato a casa.
Anche mia sorella Albina è stata a lavorare in una fabbrica a Au nella Svizzera orientale, vicino al confine con l'Austria, dove ha lavorato assieme a Marchetto Annamaria. 27
Io ho trovato lavoro in un paese vicino.
Terminate le scuole elementari che avevo frequentato in tempi diversi a causa della guerra, ho cominciato ad aiutare la famiglia in campagna che era in parte vicino a casa e in parte in località Quattro Cantoni vicino al capitello di San Rocco, al confine con Postioma di Paese.
Saltuariamente andavo “a opera” per lavori occasionali con la ditta Pavan di Treviso addetta alla manutenzione di giardini.
Qui c'era poco lavoro e quando sono andato dal Sindacato di Paderno (Ufficio di Collocamento) che era in V ia R oma nella casa di Genovese, mi è stato rifiutato il libretto di lavoro perché la mia famiglia possedeva della terra da lavorare.

I posti di lavoro erano riservati a chi non possedeva nulla.
Ho poi saputo che al Sindacato di Treviso invece, cercavano manodopera da impiegare all'estero.
E' allora che ho deciso di partire per la Svizzera perché pensavo che così avrei potuto migliorare la mia condizione economica.
Mi ricordo che mia madre mi ha firmato il permesso per il passaporto perché ero ancora minorenne e mio padre era morto quando io avevo solo quattordici anni.
Nel 1953, avevo solo diciannove anni quando sono arrivato a circa sette chilometri da Berna, la capitale della Svizzera, per lavorare come stagionale, al servizio di una famiglia di contadini con figli piccoli.
Con me c'erano diverse persone fra le quali un Francese.
Ho fatto tanti lavori. Sono stato contadino, tuttofare in un albergo e operaio in due fabbriche diverse.
Nel mio primo lavoro mi alzavo presto al mattino per andare a (varnar) dar da mangiare ai cavalli.
Dopo andavo sui campi e per il lavoro che facevo ero sempre bagnato.
Non avevo neanche i vestiti per cambiarmi e mi sono preso dei dolori.
Siccome anni prima mio fratello Mario era morto a soli 19 anni, dicevano fosse a causa dei dolori artritici, ho preso paura e sono tornato subito a casa per curarmi.
Sono stato tante volte in Svizzera, sempre accompagnato dalla mia valigia di cartone che di recente ho ritrovato in soffitta, tutta rotta e rovinata dal tempo e dall'umidità.

Poco tempo dopo il mio rientro in Italia un' amica di famiglia di Postioma mi ha avvisato che cercavano un tuttofare in un albergo di fronte al lago di Saint Moriz.
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1959 Merlengo - Passaporto di Ernesto Panziera

Pensando che non dovevo più vivere alle intemperie e in mezzo all'umidità come mi era successo prima, ho rifatto la valigia.
Nel nuovo lavoro cominciavo al mattino presto a fare il lustrascarpe per i clienti e poi mi dedicavo a tutti gli lavori necessari al buon andamento dell'albergo.
Avevo vitto e alloggio gratis e mi pagavano bene. Alla fine della prima stagione, poiché gli affari erano andati meglio del previsto, ho avuto anche un incentivo.
Dopo questa breve esperienza stagionale sono tornato nuovamente in Svizzera per lavorare in una fabbrica chimica nella quale si producevano nylon e spugne artificiali.
Era un ambiente molto insalubre e la manodopera era costituita quasi esclusivamente da operai stranieri, Italiani, Greci e Spagnoli.

Appena ho potuto ho abbandonato questo lavoro pericoloso per la mia salute e mi sono trasferito in una fabbrica che produceva radiatori e altre attrezzature per il riscaldamento.
I collaudatori provavano la tenuta dei radiatori usciti dalla fusione e io che avevo acquistato professionalità, con un saldatore, dovevo chiudere i piccoli fori segnalati.
Il lavoro era a cottimo. Purtroppo qualcuno annotava nella produzione più pezzi di quelli che produceva realmente. Quando i dirigenti si sono accorti dell'imbroglio, pretendevano la produzione che per tanto tempo era stata segnata. Naturalmente nessuno riusciva a farla perchè i dati erano stati falsati e così non è più stato pagato il cottimo. Essendo diminuito il tornaconto economico, ho deciso di tornare a casa.

Sono stato in Svizzera per cinque anni godendo di buona salute.
Nella casa dei contadini e in albergo avevo una stanza per conto mio mentre quando ho lavorato in fabbrica sono stato ospitato in una casa privata da degli anziani che mettevano a disposizione delle stanze.
Oltre all'affitto, pagavo luce e gas a gettone.

Qui a casa la vita era magra. Al mattino c'era solo un po' di caffè di orzo o latte con polenta. In Svizzera invece al mattino c'era di tutto, latte, burro e dolci, prosciutto e ogni altro ben di Dio.
Posso solo dire bene degli Svizzeri. Sono sempre stato in regola fin dal primo giorno e sono stato trattato bene da tutti.

Al mio ritorno a casa, mio fratello Giovanni che lavorava alle dipendenze della ditta Fontana, specializzata nel commercio di legna da ardere e gasolio, mi ha trovato un lavoro stagionale a Bolzano.
Per un inverno sono stato addetto alla manutenzione di una caldaia in una centrale idroelettrica.
Allora non avevo il patentino di caldaista.
Il lavoro mi piaceva. Nel 1965 ho seguito un corso e ottenuto il diploma di conduttore di caldaie.
Con questa qualifica nel 1966 sono stato assunto alla Benetton che aveva appena aperto la nuova fabbrica a Ponzano. Ho lavorato qui per 31 anni fino a quando nel 1997 a 62 anni di età sono andato in pensione.

Il miei vecchi parenti militari o emigrati

Con l'occasione vorrei ricordare alcuni parenti che, chi per lavoro e chi per il servizio militare, hanno lasciato casa.
I miei zii erano Zanin Anna classe 1890, Giuseppe 1893, Giovanni Battista 1896 e Antonio 1902.
Giovanni Battista era papà di Leone Pietro Zanin che mi ha scritto una bella lettera raccontando il suo viaggio in Canada.

Zio Giulio Panziera, detto Mansueto, un tipo tutto particolare, era stato in America e ancora ricordava bene l'inglese. Tornato per partecipare alla grande guerra, ha subito un grosso trauma che lo ha fatto andare fuori di testa.
Mi raccontavano i miei vecchi che una notte, al fronte in trincea, si era acceso un sigaro e questo era stato interpretato dai comandanti, come un segnale fatto al nemico.
Per questo motivo fu condannato alla fucilazione. Fu sottratto alla morte grazie a un commilitone che aveva preso le sue difese spiegando ai superiori il suo stato mentale già allora un po' compromesso.
Questo fatto traumatico ha aggravato i suoi problemi.
Tutti lo conoscevano perché ovunque si trovasse, parlava per conto suo e ad alta voce. Era un tipo strano ma non ha mai fatto del male a nessuno.

I cinque figli di Giovanni Panziera, fu Angelo, hanno partecipato tutti alla prima guerra mondiale.Fatto ricordato a pagina 224, allegato 3 del libro di Guglielmo Polo «Ponzano Paderno e Merlengo ieri e
oggi»

Erano i fratelli Beniamino Alfonso 1887, papà di don Angelo, morto sui Serrai di Sottoguda, Giulio detto Mansueto 1888, Eugenio 1890, Florindo 1893, morto il 17.01.1918 a Misurata ed Ernesto 1894.
Ernesto è tornato ma con una grave malattia contratta in servizio, che lo ha portato alla more il 18.02.1924.

Note:

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