Le Rondini di Ponzano Veneto
L’emigrazione come Missione
Pivato Silvio è nato a Ponzano Veneto nel 1909, ordinato sacerdote nel 1934, è morto nel 1985. La sua vicenda è stata ricostruita attraverso i ricordi dei nipoti e l'archivio romano dei Missionari della Consolata
Anche se statisticamente rientrano nei dati numerici, fra i tanti che hanno lasciato il territorio nazionale per l'estero, mai ho visto nei volumi che ho consultato un ricordo o una memoria dei tanti missionari, migranti “dello spirito”, che pur spinti da motivazioni e finalità diverse dagli altri, hanno lasciato il paese natale per affrontare con forse maggiori difficoltà, mondi e luoghi sconosciuti.
Sono emigrati non per fare fortuna o accumulare ricchezze, ma permettere a dimenticati ed emarginati di migliorare la loro condizione umana e arricchirsi dei valori cristiani universali che i missionari hanno sempre cercato di diffondere nel mondo.
Anni '60 - Padre Silvio Pivato in vistia al Attilio a Paderno
Fra i nostri numerosi migranti possiamo anche noi annoverare alcuni missionari. Uno in particolare è ancora presente nei ricordi di tanti amici e parenti che lo hanno incontrato e conosciuto in parrocchia a Paderno durante i suoi soggiorni vacanza fra un trasferimento e l'altro nelle diverse missioni dove ha operato.
Le sue vicende personali sono state ricostruite attraverso i ricordi del nipote Sergio Pivato e il necrologio inviatomi da padre Gottardo Pasqualetti, originario di Onigo di Pederobba, direttore dell'archivio generale dei Missionari della Consolata in Roma.
Parlo di padre Silvio Pivato nato a Paderno di Ponzano Veneto il 27 dicembre 1909 da Francesco e Pizzolon Irene Maria, genitori di altri tre figli, Attilio del 1908, Maria del 1911 e Vittorio del 1914.
Di indole docile e molto religioso, come la maggioranza dei nostri paesani del secolo scorso, terminate le scuole elementari e rimasto orfano a soli dieci anni, ha proseguito gli studi nel seminario diocesano di Treviso fino alla quarta ginnasio.
Conosciuti i Missionari della Consolata da https://www.consolata.org/home/chi-siamo.html (consultato il 24/08/2011) , un istituto religioso con sede in Torino, fondato nel 1901 e attratto dal loro ideale di portare il Vangelo nel mondo, impegnandosi ad aiutare i fratelli nelle situazioni più difficili di frontiera, a partire dal 1926, prosegue gli studi trasferendosi presso i loro diversi seminari. Nel 1929, emessi i voti religiosi, va a Rosignano Monferrato dove completa la preparazione.
Il 31 marzo 1934 è ordinato sacerdote da Monsignor Giovanni Pinardi nella parrocchia di San Secondo a Torino e subito destinato al Santuario della Coltura a Parabita, nel Salento, dove fu amato e stimato oltre che dalla gente anche dal clero locale.
La sua consacrazione ebbe grande risonanza in paese tanto che Luigi Badesso, Classe 1899, nel suo diario annota: “15 luglio 1934,. in Paderno di Ponzano Veneto, con grande solennità è stata celebrata la prima Santa Messa Solenne del novello Levita Pivato Silvio della Consolata di Torino, missionario per l'Africa”Luigi Badesso- I ragazzi del 99 Memorie di vita, manoscritto conservato da Pietro Pizzolon
Nel 1937 partì per l'Abissinia dove esercitò il ministero, prima a Umbi, all'attuale confine con il Sudan e poi a Ghidami e Neggio.
Le vicende belliche dell'Italia lo videro prigioniero di guerra e internato a Fort Victoria in Rodesia dal 1941 al 1943. Qui, sotto la guida di un ingegnere italiano e assieme agli altri prigionieri catturati in Abissinia, partecipò alla costruzione di una cappella,da https://rhodesianheritage.blogspot.com/2010/01/fort-victoria-zimbabwe-and-lake-kyle.html" (consultato
il 24/08/2011) che dopo la guerra fu ristrutturata e ampliata ed è tuttora utilizzata per il culto.
Dopo l'8 settembre del 1943, fu liberato e rimpatriato.
Tornato in Italia esercitò il suo ministero a Genova e nel Seminario Minore dei Missionari della Consolata di Martina Franca in Puglia per alcuni anni. Nel 1948 fu destinato a Puerto Salgar nel cuore della Colombia dove fu parroco per un lungo periodo, prima fino al 1962 e dopo ancora negli anni 1970 e 1971.
In Colombia esercitò la maggior parte del suo apostolato missionario ricoprendo diversi incarichi.
Anni '60 - Padre Silvio davanti alla chiesa di Medellin dedicata alla Consolata
Dal 1962 al 1964 fu destinato ad una parrocchia di Armero,Notizie tratte da https://es.wikipedia.org/wiki/TragediadeArmero (consultato il 24/08/2011) città tristemente famosa per la tragedia causata dalla eruzione del vulcano Nevado del Ruiz che nel 1985 provocò la morte di oltre 20.000 dei suoi 29.000 abitanti.
Dal 1964 al 1965 fu trasferito nuovamente a Medellin, la seconda città della Colombia dopo la capitale Bogotà, dove ritornò ancora negli anni dal 1972 al 1974.
Nel 1966 per pochi mesi fu mandato a Tocaima e poi nominato padre spirituale e confessore nel seminario di Manizales dal 1967 al 1970 e dal 1971 al 1977.
Tornato in Italia a quasi settant'anni e dopo 40 di ministero, i suoi superiori ritennero chiusa per lui l'esperienza in terra di missione.
Dopo essere stato a Milano fino al 1981, nella casa di animazione missionaria, fu destinato a Vittorio Veneto, con l'incarico di confessore presso il noviziato internazionale.
Contemporaneamente fu cappellano della vicina chiesa conosciuta come “la chiesa di padre Silvio”.
Qui vi rimase fino alla morte avvenuta nell'ospedale civile di Vittorio Veneto, per collasso cardiaco il 7 novembre 1985, poco dopo aver ricevuto dal cappellano dell'ospedale l'Unzione degli infermi.
Il suo funerale fu celebrato nella casa dei Missionari della Consolata, perché la chiesa era chiusa per restauri.
Si sarebbe dovuta riaprire il tre dicembre dello stesso anno con una solenne cerimonia presieduta dal Vescovo che nell'omelia funebre ha ricordato padre Silvio come una persona semplice, umile e buona.
Una delle tante lettere di padre Silvio a Sergio Pivato
Il funerale solenne fu invece celebrato nella nostra parrocchia di Paderno dove era nato ed era stato battezzato 76 anni prima.
La salma dopo 55 anni di consacrazione religiosa e 51 di ministero sacerdotale missionario riposa nel cimitero di Paderno-Ponzano nella tomba riservata ai Sacerdoti.
In una lettera inviata ai fratelli in lacrime per la sua morte, padre Fusaroli, già suo compagno di missione in Colombia, lo ricorda come “persona capace di incentivare la crescita della sua comunità, supplendo alla mancanza di mezzi con la personalità che conquistava, valorizzando e facendo fruttificare i doni e i valori che via via andava scoprendo nella sua gente.
Altre sue belle caratteristiche erano l'umiltà e la semplicità.
Sapeva guardare con serenità alle situazioni della vita; metteva a loro agio le persone che lo avvicinavano; operava il bene senza fare rumore; si teneva sempre nell'ombra, anche quando avrebbe potuto ricevere vantaggi dal suo operare”.
Altre testimonianze lo ricordano come una persona sana che è sempre stata bene, contento e tranquillo, allegro e spassoso anche se riservato.
Per i suoi novizi che gli erano molto affezionati era il “nonno” al quale confidarsi e chiedere consiglio.
Dal Belgio, Sergio Pivato, ha tenuto una fitta corrispondenza con lui che era cugino di suo padre. Entrambi avevano in comune la passione per i francobolli.
Le lettere che si scambiavano per le feste religiose erano l'occasione per inviarsi nuove emissioni, ma solo di francobolli usati, perché padre Silvio non voleva far spendere soldi a nessuno per la sua passione che trasmetteva anche ai suoi seminaristi.
Note:
Anche se statisticamente rientrano nei dati numerici, fra i tanti che hanno lasciato il territorio nazionale per l'estero, mai ho visto nei volumi che ho consultato un ricordo o una memoria dei tanti missionari, migranti “dello spirito”, che pur spinti da motivazioni e finalità diverse dagli altri, hanno lasciato il paese natale per affrontare con forse maggiori difficoltà, mondi e luoghi sconosciuti.
Sono emigrati non per fare fortuna o accumulare ricchezze, ma permettere a dimenticati ed emarginati di migliorare la loro condizione umana e arricchirsi dei valori cristiani universali che i missionari hanno sempre cercato di diffondere nel mondo.
Fra i nostri numerosi migranti possiamo anche noi annoverare alcuni missionari. Uno in particolare è ancora presente nei ricordi di tanti amici e parenti che lo hanno incontrato e conosciuto in parrocchia a Paderno durante i suoi soggiorni vacanza fra un trasferimento e l'altro nelle diverse missioni dove ha operato.
Le sue vicende personali sono state ricostruite attraverso i ricordi del nipote Sergio Pivato e il necrologio inviatomi da padre Gottardo Pasqualetti, originario di Onigo di Pederobba, direttore dell'archivio generale dei Missionari della Consolata in Roma.
Parlo di padre Silvio Pivato nato a Paderno di Ponzano Veneto il 27 dicembre 1909 da Francesco e Pizzolon Irene Maria, genitori di altri tre figli, Attilio del 1908, Maria del 1911 e Vittorio del 1914.
Di indole docile e molto religioso, come la maggioranza dei nostri paesani del secolo scorso, terminate le scuole elementari e rimasto orfano a soli dieci anni, ha proseguito gli studi nel seminario diocesano di Treviso fino alla quarta ginnasio.
Conosciuti i Missionari della Consolata da https://www.consolata.org/home/chi-siamo.html (consultato il 24/08/2011) , un istituto religioso con sede in Torino, fondato nel 1901 e attratto dal loro ideale di portare il Vangelo nel mondo, impegnandosi ad aiutare i fratelli nelle situazioni più difficili di frontiera, a partire dal 1926, prosegue gli studi trasferendosi presso i loro diversi seminari. Nel 1929, emessi i voti religiosi, va a Rosignano Monferrato dove completa la preparazione.
Il 31 marzo 1934 è ordinato sacerdote da Monsignor Giovanni Pinardi nella parrocchia di San Secondo a Torino e subito destinato al Santuario della Coltura a Parabita, nel Salento, dove fu amato e stimato oltre che dalla gente anche dal clero locale.
La sua consacrazione ebbe grande risonanza in paese tanto che Luigi Badesso, Classe 1899, nel suo diario annota: “15 luglio 1934,. in Paderno di Ponzano Veneto, con grande solennità è stata celebrata la prima Santa Messa Solenne del novello Levita Pivato Silvio della Consolata di Torino, missionario per l'Africa”Luigi Badesso- I ragazzi del 99 Memorie di vita, manoscritto conservato da Pietro Pizzolon
Nel 1937 partì per l'Abissinia dove esercitò il ministero, prima a Umbi, all'attuale confine con il Sudan e poi a Ghidami e Neggio.
Le vicende belliche dell'Italia lo videro prigioniero di guerra e internato a Fort Victoria in Rodesia dal 1941 al 1943. Qui, sotto la guida di un ingegnere italiano e assieme agli altri prigionieri catturati in Abissinia, partecipò alla costruzione di una cappella,da https://rhodesianheritage.blogspot.com/2010/01/fort-victoria-zimbabwe-and-lake-kyle.html" (consultato
il 24/08/2011) che dopo la guerra fu ristrutturata e ampliata ed è tuttora utilizzata per il culto.
Dopo l'8 settembre del 1943, fu liberato e rimpatriato.
Tornato in Italia esercitò il suo ministero a Genova e nel Seminario Minore dei Missionari della Consolata di Martina Franca in Puglia per alcuni anni. Nel 1948 fu destinato a Puerto Salgar nel cuore della Colombia dove fu parroco per un lungo periodo, prima fino al 1962 e dopo ancora negli anni 1970 e 1971.
In Colombia esercitò la maggior parte del suo apostolato missionario ricoprendo diversi incarichi.
Dal 1962 al 1964 fu destinato ad una parrocchia di Armero,Notizie tratte da https://es.wikipedia.org/wiki/TragediadeArmero (consultato il 24/08/2011) città tristemente famosa per la tragedia causata dalla eruzione del vulcano Nevado del Ruiz che nel 1985 provocò la morte di oltre 20.000 dei suoi 29.000 abitanti.
Dal 1964 al 1965 fu trasferito nuovamente a Medellin, la seconda città della Colombia dopo la capitale Bogotà, dove ritornò ancora negli anni dal 1972 al 1974.
Nel 1966 per pochi mesi fu mandato a Tocaima e poi nominato padre spirituale e confessore nel seminario di Manizales dal 1967 al 1970 e dal 1971 al 1977.
Tornato in Italia a quasi settant'anni e dopo 40 di ministero, i suoi superiori ritennero chiusa per lui l'esperienza in terra di missione.
Dopo essere stato a Milano fino al 1981, nella casa di animazione missionaria, fu destinato a Vittorio Veneto, con l'incarico di confessore presso il noviziato internazionale.
Contemporaneamente fu cappellano della vicina chiesa conosciuta come “la chiesa di padre Silvio”.
Qui vi rimase fino alla morte avvenuta nell'ospedale civile di Vittorio Veneto, per collasso cardiaco il 7 novembre 1985, poco dopo aver ricevuto dal cappellano dell'ospedale l'Unzione degli infermi.
Il suo funerale fu celebrato nella casa dei Missionari della Consolata, perché la chiesa era chiusa per restauri.
Si sarebbe dovuta riaprire il tre dicembre dello stesso anno con una solenne cerimonia presieduta dal Vescovo che nell'omelia funebre ha ricordato padre Silvio come una persona semplice, umile e buona.
Il funerale solenne fu invece celebrato nella nostra parrocchia di Paderno dove era nato ed era stato battezzato 76 anni prima.
La salma dopo 55 anni di consacrazione religiosa e 51 di ministero sacerdotale missionario riposa nel cimitero di Paderno-Ponzano nella tomba riservata ai Sacerdoti.
In una lettera inviata ai fratelli in lacrime per la sua morte, padre Fusaroli, già suo compagno di missione in Colombia, lo ricorda come “persona capace di incentivare la crescita della sua comunità, supplendo alla mancanza di mezzi con la personalità che conquistava, valorizzando e facendo fruttificare i doni e i valori che via via andava scoprendo nella sua gente.
Altre sue belle caratteristiche erano l'umiltà e la semplicità.
Sapeva guardare con serenità alle situazioni della vita; metteva a loro agio le persone che lo avvicinavano; operava il bene senza fare rumore; si teneva sempre nell'ombra, anche quando avrebbe potuto ricevere vantaggi dal suo operare”.
Altre testimonianze lo ricordano come una persona sana che è sempre stata bene, contento e tranquillo, allegro e spassoso anche se riservato.
Per i suoi novizi che gli erano molto affezionati era il “nonno” al quale confidarsi e chiedere consiglio.
Dal Belgio, Sergio Pivato, ha tenuto una fitta corrispondenza con lui che era cugino di suo padre. Entrambi avevano in comune la passione per i francobolli.
Le lettere che si scambiavano per le feste religiose erano l'occasione per inviarsi nuove emissioni, ma solo di francobolli usati, perché padre Silvio non voleva far spendere soldi a nessuno per la sua passione che trasmetteva anche ai suoi seminaristi.
Note: