Le Rondini di Ponzano Veneto
La valigia dei sogni
l ricordo del viaggio di Pietro Martini, papà di Mario, avviene nel periodo in cui ci fu l’annessione dell’Austria alla Germania da parte di Hitler che nel settembre del 1938 estorse anche parti della Boemia, della Moravia e della Slesia alla Cecoslovacchia, impadronendosi delle industrie metallurgiche che trasformò in industrie belliche. Erano le avvisaglie dello scoppio della seconda guerra mondiale.
In virtù degli accordi sottoscritti nel 1937 con la Germania, l’Italia si impegnava a inviare manodopera in cambio di forniture di materie prime e combustibili da parte Tedesca.
La conseguenza diretta degli accordi fu che numerosi nostri connazionali furono inviati in Germania per lavoro, sia in agricoltura che nelle industrie siderurgiche.
L’Ufficio di Collocamento (allora chiamato Sindacato) era incaricato di reclutare la manodopera da inviare verso queste terre e forniva ai migranti le valigie di legno realizzate dal regime fascista.
Il FAST di Treviso conserva, fra le altre, una bellissima foto ricordo del 1941 (riportata nel volume “L’emigrazione Trevigiana e Veneta nel mondo” Guida alla mostra storico fotografica a cura di Amerigo Manesso e Livio Vanzetto pubblicato nel 2001 dall’Isterico) dove sono riprese in bella evidenza e bene allineate le valigie di un gruppo di migranti reclutati dall’Unione Provinciale della Confederazione Fascista.
Erano lavoratori agricoli in attesa di partire dalla stazione di Treviso.
I fagotti di stracci, i vecchi sacchi di iuta, le bisacce di pelle, le valigie di cartone o di legno, gli zaini o i moderni trolley sono stati in tempi diversi, la rappresentazione del viaggiatore.
Involucri colmi di indumenti e di storia hanno sempre accompagnato i migranti nei loro viaggi della speranza, a volte trasportando fortuna, altre volte pesanti di amare delusioni e quasi sempre custodivano una foto di gruppo della famiglia che rappresentava l’ultimo legame con la terra di origine.
Spesso gli stessi involucri sono stati utilizzati da più generazioni e già pieni di ricordi, hanno rinnovato sogni e illusioni.
Raccontato di Mario Martini, nato a Ponzano Veneto nel 1934.
Intervistato da Luigino Righetto il 22 aprile 2011.
Mio padre Pietro Martini di Paderno, classe 1904, in tempi di miseria generalizzata, spinto dal bisogno di sfamare la numerosa famiglia e confidando nella sua forza fisica, decise nell’autunno del 1939, di migrare in Germania con la valigia di legno fornita dal Regime. Fortunatamente rimpatriò nella primavera del 1943, prima dell’otto settembre. Molti dei Trevigiani che si trovavano nelle fabbriche del regime o nelle aziende agricole Tedesche dopo l’ 8 settembre del 1943 furono internati nei campi di lavoro, rimanendovi fino alla fine del conflitto.
Un giorno, casualmente, la signora Sordi Marianna di Arcade, classe 1921, ha visto la mia valigia in casa di Vittorio Zago, gliela avevo data io perché la mettesse in ordine. Forte è stata la sua emozione e in un attimo ha rivissuto con lucidità e commozione il ricordo del suo viaggio per lavoro in Cecoslovacchia nel 1942 assieme a sua sorella. Ad entrambe era stata data una valigia identica alla mia.
La vecchia e solida valigia è costruita in legno, incastrato agli angoli con la lavorazione a coda di rondine. Ha la forma di un parallelepipedo con i lati alla base di cm. 70 x 40 e 25 di altezza. E’ rinforzata agli spigoli, con degli angolari in alluminio ed è dotata di una solida maniglia e di un riquadro metallico per l’indirizzo. La serratura che è andata smarrita era composta da due occhielli autofilettanti tenuti assieme da un lucchetto.
Il 4.8.1957 a soli 23 anni, con le stesse motivazioni che avevano portato mio padre in Germania, decisi di emigrare in Australia. Mi è tornata utile la vecchia valigia dimenticata in un angolo.
Porto ancora ben scolpito nella memoria, l’ultima raccomandazione di mio padre alla stazione mentre il treno stava partendo: “Mi raccomando, torna e non perdermi la valigia. Portala a casa perché questa mi ha accompagnato per il mondo”.
Con questo ricordo nel cuore ho sempre conservato bene la valigia e prima di tornare dall’Australia nell’ottobre del 1962, geloso della memoria di mio padre, volendogli far vedere che l’avevo conservata con amore, con un vetrino ho ripulito il legno, riportandola lucida a nuovo.
Dopo il mio ritorno in Italia, la valigia è sempre stata conservata come un cimelio nella vecchia casa dove abitavo in via Camalò.
Come succede spesso per le cose vecchie, finito il suo scopo originario, la valigia ha trovato un altro impiego.
Mio fratello Ignazio l’ha fatta diventare una culla per le numerose nidiate di pulcini che, anche più volte all’anno, trovavano in essa un caldo e accogliente rifugio, mentre la chioccia aveva la certezza che ai suoi discoli era preclusa ogni via di fuga.
Valigia usata da Martini Pietro e dal figlio Mario
Solo dopo la morte di mio fratello, affievolito il lontano ricordo del viaggio e quasi dimenticate le raccomandazioni di mio padre, ritenendola un oggetto inutile e ingombrante, stavo per disfarmene quando mio compare e compagno di avventure in Australia Vittorio Zago, comprendendone il valore affettivo, documentale e anche storico, si propose di recuperarla. Purtroppo per eccesso di zelo, come avevo fatto io prima del mio ritorno dall’Australia, il mio figlioccio Emilio Zago, con la buona intenzione di rimetterla a nuovo, l’ha pulita a fondo cancellando i segni del tempo e i suoi anni di storia oltre alle impronte lasciate da chi l’aveva usata con tanto orgoglio.
Il recupero della valigia ha risvegliato in me tanti ricordi e un nuovo amore per la mia silenziosa compagna di viaggio che aveva portato anche i sogni di mio padre.
Sarei felice di donarla per essere conservata in qualche museo o presso l’Associazione dei Trevisani nel mondo, a ricordo, simbolo e memoria dei tanti nostri migranti.