Ponzano : Note Storiche

I VESCOVI RIFORMATORI (1568 - 1665)

Vescovi e parroci dell’epoca

Impegnati nella esecuzione dei nuovi decreti pastorali sono i vescovi Giorgio Cornaro con il suo delegato can. Baldassare Piccioli, Luigi Molin, Francesco Giustiniani, Marco Morosini e Giovanni Antonio Lupi. I parroci in cura a Ponzano in quel tempo sono Bernardino Bianchin, Giovanni Zini, Domenico Roberti e Domenico Gisberti.

Svolgimento di una visita pastorale.

I vescovi, in ossequio ai decreti del Concilio Tridentino, erano convinti della somma importanza di visitare spesso tutte le parrocchie, allo scopo di ispezionare la vita religiosa del clero e del popolo, di esortare tutti al bene delle anime e di emanare gli ordini della invocata Riforma. Pertanto la visita pastorale sarà sempre considerata l’ufficio più pesante dei vescovi, i quali, superando tante difficoltà, dimostreranno bontà e comprensione, severità e incoraggiamento non solo verso le persone di chiesa, ma anche verso le autorità comunali, civili e politiche.

Il rito della visita pastorale si svolgeva, più o meno, secondo un certo ordine, che variava a seconda del vescovo. Ordinariamente l’incontro con il pastore avveniva in processione e al suono delle campane; il parroco portava la croce e la dava da baciare al vescovo. C’era poi l’entrata nella chiesa parrocchiale, l’adorazione del ss. Sacramento, la recita delle preghiere del rituale, consistenti in antifone, inni, salmi e orazioni e la visita al cimitero; il vescovo, quindi, celebrava la messa o ascoltava quella del parroco o di altro sacerdote, teneva la predica e distribuiva la comunione. La cresima non veniva conferita in tutte le parrocchie.

Seguiva l’ispezione della chiesa, degli altari, del battistero, degli oli santi, conservati talvolta nel tabernacolo o in qualche nicchia della sagrestia; osservava gli arredi e i paramenti e ne ordinava l’inventario, se non lo trovava. Infine il vescovo si ritirava in canonica; richiedeva al parroco o al suo sostituto i documenti di ordinazione sacerdotale e di investitura regolare, verificava i registri canonici, gli inventari delle entrate della chiesa, del beneficio parrocchiale e dei legati, interrogava il parroco sul numero e sulla condotta religiosa dei parrocchiani, sui disordini e sui vizi (se ci fossero dei bestemmiatori, adulteri, usurai, eretici, divorziati ecc…); poi voleva essere informato della vita e dei costumi dei sacerdoti della parrocchia e dei massari e dell’amministrazione dei beni della chiesa e delle scuole.

Il visitatore, in qualche parrocchia, procurava di riconciliare persone e famiglie incontrasto tra loro, convocava incuria o nel tribunale ecclesiastico i responsabili di certe colpe pubbliche ed ascoltava, talvolta, i lagni dei fedeli sui propri preti. Qualche vescovo visitava personalmente anche le chiese campestri, gli oratori e i capitelli. E, prima di abbandonare la parrocchia, lasciava al parroco un attestato della visita compiuta, con gli ordini che dovevano essere eseguiti - sotto pena di punizioni ai negligenti - come si vedrà nelle pagine seguenti.

Il vescovo Giorgio Conaro visita Ponzano (1568)

Dopo la celebrazione del secondo sinodo, in data 1 giugno 1568, il vescovo Giorgio Cornaro (1564 -1577 ), continuando la sua prima visita pastorale, giungeva alla parrocchia di Ponzano il 27 settembre 1568 cfr. ACT. “Libri Actorum”. , di sr. Candida, di Gigio e Maria . “Dopo le cerimonie prescritte e la messa, vedeva il SS.mo riposto nell’altar maggiore, debitamente custodito nel tabernacolo di legno e in vaso d’avorio, come nell’ultima visita. Ammirava e benediceva il nuovo battistero, artisticamente lavorato e diligentemente chiuso”.

Il parroco era Bernardino Bianchin, da Merlengo, il quale aveva ricevuto il beneficio dalle monache dei Santi Angeli di Murano ed era stato trovato in regola con le bolle ecclesiastiche ed ossequiente alla pieve di Postioma, dove andava ogni anno per le funzioni del sabato santo. A Ponzano, allora, le anime da comunione erano 150.

image Inventario degli oggetti e suppellettili della chiesa parrocchiale, del 30 aprile 1597: eil piu anti- co esistente in Archivio parrocchiale, compilato nella visita del vescovo Molin.

Il massaro Gregorio Poloni raccontava al vescovo che anticamente c’era la “posta-pecore” e che nel 1561 erano stati venduti 10 campi della fabbriceria per restaurare la chiesa e costruire il nuovo battistero.

L’inventario della chiesa era il seguente: • una croce d’argento dorato con figure cesellate • un calice d’argento dorato • sei candelieri d’ottone •un altarino portatile, otto tovaglie, due camici nuovi e pianete d’ogni colore con i loro complementi • paliotti agli altari, lavorati a colori diversi • tre messali, uno grande in carta pergamena e gli altri due vecchi in carta bombasina • un turibolo con navicella in bronzo • un secchiello di rame per l’acqua benedetta • aste, candelieri, candelotti, ceroferari in legno (due dipinti) • un campanello di bronzo, uno sgabello, un panno funebre • due pace dipinte • un gonfalone vecchio con la figura di san Leonardo • un cesendello (grande fanale) per la illuminazione nelle solennità • un breviario da chiesa ed un secondo in carta buona • un libro per i battesimi.

Terminata la visita, con severità furono impartiti degli ordini precisi: Noi Giorgio Cornaro, per grazia di Dio, vescovo di Treviso, avendo visitato la chiesa di san Leonardo di Ponzano e ritrovato quanto aver bisogno di provisione,

ORDINIAMO
le infrascritte cose le quali vogliamo siano inviolabilmente osservate:
• fare un lanternone, da pagarsi dai confratelli della scuola del Santissimo, i quali debbano portare quando accompagnano il Corpo di Cristo agli infermi • sia fatto un ciborio di argento o di ottone indorato per tener conservato il ss. Sacramento • si provveda che il cimitero sia chiuso intorno da ogni parte con muro perchè non entrino gli animali • che i dieci campi del comune, concessi alla fabbrica della chiesa, col consenso nostro, siano posti all’incanto e dati a lavorare ad un solo che darà maggior affitto e sia persona sicura: l’entrata dell’affitto da questi campi e le altre entrate della chiesa siano poste nel cassone sotto tre chiavi, custodite l’una dal rettore come primo massaro e le altre due da due massari, secondo le norme della nostra costituzione, per essere spese in beneficio della chiesa e di altre spese incontrate dai massari stessi, commettendo loro di dover eseguire quanto da noi ordinato, sotto pena discomunica • che, per l’avvenire, i massari siano cambiati ogni due anni, con la elezione dei nuovi per ballottaggio, secondo la nostra costituzione • che si leggano questi ordini nel giorno festivo, “inter Missarum Sollemnia”, a chiara intelligenza di ciascuno.
Inquorum fide etc… Ponzano, 27 settembre 1568.

La visita del can. Baldassare Piccioli (1575)

Il vescovo Giorgio Cornaro, causa la sua malferma salute, non potè intra- prendere la seconda visita, ma fu costretto a chiamare un visitatore straordinario, il can. Baldassare Piccioli, veronese, del lago di Garda.

Costui, in data 7 marzo 1575, ebbe dal vescovo la delega di visitare tutte le chiese delle parrocchie, vicarie, rettorie, cappellanie, dei capitoli, delle collegiate, dei monasteri, dei conventi, degli ospedali, dei luoghi pii, delle scuole esistenti nella città e nella diocesi, con la facoltà di ricorrere anche a misure severissime contro i parroci assenti o negligenti, come emerge dal suo editto del 14 marzo 1575.

Il delegato eseguì la visita a Ponzano il 4 luglio 1575Ibidem b.6 - vol. aa.1575 - cc.32-35. Per la prima volta si legge nel manoscritto: “Chiesa dei santi Leonardo e Rocco di Ponzano A s. Leonardo è unito anche s. Rocco, quale contitolare e compatrono della parrocchia che l’ha sempre invocato contro la peste che in questo periodo serpeggiava nelle nostre contrade. facendo molte vittime, come lo attestano i registri dei morti. Il delegato “ad omnia” -qualche mese prima della visita -aveva ordinato al clero della diocesi la recita della colletta rituale “pro pestilentia” nella celebrazione delle messe. Il tabernacolo era sopra l’altar maggiore ancora di legno indorato e il ss. Sacramento riposto in un ciborio d’argento: gli oli santi in vasetti di stagno, il battistero artistico ben conservato con una buona vasca di marmo e coperchio di legno a forma di piramide e gli altari ben sistemati con nuove tovaglie.

Il parroco Bernardino Bianchin rispose al visitatore che il “diritto di presentare il concorrente alla parrocchia vacante spettava alle monache di Murano, ma che la nomina e la investitura del nuovo parroco appartenevano al vescovo di Treviso Il parroco, fin dal 1490, doveva versare al monastero di Murano un “mocenigo”, antica moneta veneziana, coniata dal doge Giovanni Mocenigo, che valeva 1 lira e 4 soldi. .

Diede il rendiconto delle entrate della chiesa e del beneficio, accennò ai pascoli del “pegorile” e delle “verrine” - a ricordo dell’antica “posta-pecore” che fruttavano annualmente lire 30 - e assicurò che i massari venivano cambiati ogni due anni, in base alle costituzioni sinodali. Le anime erano 260, delle quali 150 da comunione e - tranne un solo individuo - tutte ricevevano la Pasqua.

Tra gli oggetti, acquistati dopo la visita del 1568, si conservavano: • un ciborio d’argento • un messale nuovo • biancheria (4 corporali, 8 purificatoi, 5 amitti, 5 camici, 20 fazzoletti, 14 tovaglie di altari con bordi ricamati, 5 pianete d’ogni colore con stole e manipoli) • un pannello di tela dorato • 5 archipetti per altari • due campane.

Conclusa la visita, il delegato Piccioli diede questi ordini: “In passato era stata eretta la “Confraternita del SS.mo” dal vescovo G. Cornaro ma in questo tempo (1575) non funzionava più, per causa di poca devozione dei parrocchiani e per negligenza del rettore don Bianchin, tanto che diede grandissimo rammarico e dolore anche ai superiori…” Ecco pertanto i principali ordini al parroco: • “rimettere detta confraternita, esortando caldamente il suo popolo ad iscriversi per l’acquisto delle indulgenze a favore dei confratelli, ammaestrandoli e confermandoli ad accompagnare il Santissimo quando viene portato agli infermi • ricoprire la chiesa, massimamente dalla parte del campanile ed in altro luogo dove piove dentro • costruire un muro di separazione tra la chiesa e il campanile sostenuto da due colonne (uno volto sopra le due colonne) • aprire una finestra presso l’altare del presepio nel corpo della chiesa, per avere più luce • restaurare ed ampliare la casa parrocchiale in malissimo ordine ed inabitabile, con qualche camera ed un granaio e ciò a carico del beneficio”.

Data della visita alla chiesa di Ponzano: 4 luglio 1575.

Due anni dopo la visita del Piccioli - e precisamente il 5 agosto 1577 - si ha in Ponzano un doloroso episodio. Ecco come ci viene descritto: “Il parroco don Bianchin aveva proibito di entrare in chiesa a Sebastiano Cividale a Giovanni Meneghello -nuovi massari -perchè non avevano voluto accettare l’incarico. Un sabato sera, mentre la chiesa era piena di gente per la solita processione, anche il Cividal vi entrò, ma fu cacciato fuori. Allora nel sagrato cominciò a bestemmiare e a gridare di voler entrare in chiesa, a dispetto di tutto il mondo, del vicario generale e del vescovo… Poi disse parole offensive e disonoranti al parroco presente. Fu sospesa la processione di quella sera; in seguito alla de- posizione del fatto di testimoni giurati, avvenuta in curia il 20 agosto successivo, Sebastiano Cividal venne punito”.

Il visitatore Cesare de Nores, vescovo di Parenzo

Cesare de Nores giungeva a Ponzano il sabato 29 giugno 1584. Dai documenti del tempo si legge: “Visitatio ecclesiam sancti Leonardi de Ponzano: die sabatti XXIX mensis luni 1584. Rev.dus D.nus Visitator ingressus ecclesi vidit tabernaculum sanctissimi Sacramenti situm in altare maiori titulo sanctorum Leonardi et Rochi et invenit omnia bene aptata. Vidit baptisterium, olea sacra et sacristiam et invenit omnia bene aptata. Inscructetur et dealbetur tota ecclesia. In ecclesia sunt quator altaria: • altare maius titulo sanctorum Leonardi et Rochi non consecratum • altaria titulo Beat Virginis non consecratum • altare titulo sancti Francisci non consecratum • altare aliud titolo Beat Virginis cui provideatur de icona. • Provideatur unicuique altari de tela viridi. • Separentur sedilia mulierum a viris. • Tollatur statim altare ligneum. • Fiat porta campanilis.

Inventario delle robe si mobille come stabile della giesa de san Lunardo et Rocho de Ponzan: • Uno ciborio che tien il ss.mo Sacramento tuto d’arzento sopra indorado • Il tabernacolo de legno indorado con figure • Dui anzoletti indoradi de legno: uno per banda del ss.mo Sacramento • Dui calici con le sue patene: cioè la copa delli calici et patene d’arzento sopra indoradi e li piedi delli calici de rame sopra indoradi • Una croce de lame de rame sopra indorada con figure d’arzento sopra indorade • Candelieri da meter sopra li altari de la- ton n.10 • ...Uno sechielo de rame per l’acqua santa • Una pietà de legno indorada con li sui anzoletti • Un feral de legno indorado • Un Cristo in croce a meza giesa con il vello • Messali nuovi n. 2 • Un libro da batezar secondo l’uso della giesa romana • Dui campane sul campanil. • Terre de ditto beneficio de proprio, tra arativi et prativi campi, in circa n. 20, compresi dui campi li quali al presente gode li eredi de m. Marchantonio di Franschi da Venetia li qualli danno l’anno lire quatro et soldi dodese: et resto se scuode al presente formante de fitto stara undese da Toni Pacagnan, al presente habita a Paderno, cioè stara n. 13 • Item vin de amita de ditte terre conzi diese • Item quartesi che se scuode a anno per anno stara n. 1 • In segala stara n. 8 • In veza stara n. 4 • In fava stara n. 2 • In biada da cavai stara n. 3 • In legumi di ogni sorte stara n. 1 • In meglio stara n. 8• In sorgo stara n. 10 • In vin tra bianco et negro conzi n. 20 • Terre de luminaria, in fabbrica con alcuni comuni tra prativi et arativi, campi n. 4 • Se scuode de fitti a dinari all’anno L. 50 • Terre della “scuola de san Lunardo et san Rocho” campi uno et quarti uno: se scuode de ditto all’anno stara uni de formento et uno conzo de vin, cioè stara 1 et vin conzi 1.

text  L’oratorio della Madonna del Rosario alla Baruchella di Paderno: è lo stesso che esisteva fino al 1913 alla villa Caotorta di Ponzano. Tutto il materiale della chiesetta demolita servì per la ricostruzione, nel 1914, di questo luogo pio in formato più ridotto comprese le campanelle, l’architrave, la lapide incisa. L’altare, invece, venne ceduto all’oratorio del b. Enrico di Biancade.


Il vescovo Luigi Molin (1597)

Altra visita pastorale in diocesi si ha nel 1597. Il vescovo Luigi Molin (1595 - 1604), infatti, in data 26 marzo 1597, emanava la lettera di indizione della sacra visita alle chiese, ai benefici, alle fabbriche e luminarie, alle scuole e confraternite, agli ospedali, ai luoghi pii, ai castelli e alle ville della diocesi, con l’ordine ai rettori di chiese e ai massari di rendere conto delle loro amministrazioni, in obbedienza alle norme tridentine. Inoltre intendeva “visitare la diocesi, per conoscere il governo delle singole chiese, tanto nelle cose spirituali che temporali, per correggere i costumi e gli abusi (se ce ne fosse bisogno), tanto nel clero che nel popolo e per risolvere le cause e le querele spettanti alla sua giurisdizione”. Raccomandava la necessaria istruzione dei fanciulli per ricevere la cresima, l’accoglienza al vescovo col dovuto onore, la moderazione del trattamento a tavola (non il superfluo, sotto penalità ai trasgressori). Quindi venivano elencate tutte le modalità della visita. Il decreto fu affisso alle porte della cattedrale di Treviso e copia conforme inviata a tutti i rettori di chiese della diocesi. Pertanto il can. Camìllo Dal Corno - vicario generale - scriveva al vicario foraneo dì Quinto, dì cuì Ponzano era parte, per informarlo che, col 16 aprile seguente, il vescovo avrebbe dato inizio alla visita della sua congregazione e per pregarlo dì avvisare i sacerdoti da lui dipendenti. Vi aggiungeva testualmente: “Il vescovo giungerà con 4 cavalli e con 10 persone. Mettere in tavola una minestra, un alesso, un arrosto e frutta… non più”. A Ponzano la visita fu tenuta il 26 aprile 1597Ibidem b.10 - vol. aa. 1597- 1599 - cc. 52-55 .

Il pastore ebbe un consolante incontro. Terminata la funzione con canti e preghiere, celebrò la messa e, nella dotta omelia, detestò l’uso deì sortilegi, delle incantazioni e delle magie, con minaccia di pene ecclesiasticheIn quel tempo vi erano due mendicanti ed orrendi bestemmiatori che usavano certi artifizi per sapere se sarebbe morto prima il marito o la moglie. Il vescovo lì ammonì gravemente dì astenersi dall’arte divinatoria, di non bestemmiare e di osservare le feste di precetto. Questi promisero di obbedire.. Invitò poi i fanciulli e le fanciulle ad imparare la dottrina cristiana ed esortò i genitori a mandarli. Visitò accuratamente l’altar maggiore col tabernacolo di legno ben lavorato, il Corpo di Cristo in una bella pisside d’argento, gli oli santi e le sacre reliquie in loculi adatti, gli altari laterali della Beata Vergine del Rosario, di san Valentino e di san Francesco d’Assisi e il fonte battesimale ben sistemato.

Nella sagrestia ci fu una specie di mostra: due calici, due messali, due rituali, molte pianete con i loro fornimenti, camici e ricca biancheria. Il vescovo si compiacque anche nel vedere aggiornati i registri dei battesimi e dei matrimoni. Si presentò poi l’occasione di esaminare ed approvare due ostetriche circa la formula e la pratica di conferire il battesimo in caso di necessità. Si rese conto delle cattive condizioni statiche della canonica, consumò il pranzo con i numerosi commensali e, nelle ore pomeridiane, amministrò la cresima a molti fanciulli e fanciulle.

Il parroco Bernardino Bianchin, interrogato, mostrò al suo vescovo le bolle richieste, riconobbe la chiesa di Ponzano cappella della pieve di Postioma, dichiarò di fare la sua confessione frequente, di celebrare la messa ogni giorno, di tenere in canonica “una massara vecchia e religiosa”, di avere la cura di anime 280 e da comunione 160 e, fatta qualche eccezione, queste si accostano tutte ai sacramenti pasquali.

Leonardo Mazzocco - massaro della luminaria o fabbrica, Sebastiano Fantinato - massaro della scuola del santissimo Sacramento.- Giovanni De Marco -massaro della scuola di san Leonardo -dopo aver risposto al visitatore dell’andamento della loro amministrazione, riferirono che “il parroco rendeva buon conto di tutto in pubblico, che era uomo da bene, che stava sempre in villa e che attendeva alla sua cura, con la spiegazione del Vangelo e della dottrina cristiana”... Lamentavano, però, in lui il difetto di lingua, per cui “non era ben capito nella messa e nella predica”.

Un particolare da notare durante questa visita pastorale: si è saputo che la signora Camilla de Pennacchis - della famiglia dei pittori trevigiani - lasciò per testamento ai fratelli Agostino e Paolo Crema di farle celebrare, dopo la morte, un certo numero di messe ogni anno. Essi si erano ricordati della loro benefattrice soltanto per due anni e non più. Inoltre la testatrice scrisse che, mancati i suoi eredi necessari, il terreno e la casa presso la villa andassero a beneficio della scuola del santissimo Sacramento. Fu corrisposto?

DECRETO DISPOSITIVO DEL VESCOVO MOLIN E QUESTIONARIO

“Sentiti il parroco Bernardino Bianchin e i massari della chiesa di Ponza- no, il vescovo decreta che i denari da esigersi dai debitori verso la luminaria (lire 62 in tutto) vengano impiegati tutti per il restauro della casa parrocchiale, acciocchè sia ritornata in uno stato più accomodato. Che se, per il detto lavoro di restaurazione, ci fosse bisogno di altro denaro, il presule in- tende richiamare il decreto rilasciato dal visitatore apostolico mons. Cesare de Nores, vescovo di Parenzo, il quale affermò che il parroco debba concorre- re nelle spese della canonica per la terza parte e i massari predetti per le altre due parti”.
  Da Ponzano, li 26 aprile 1597.           ✝ Luigi Molin arciv. - vescovo

Per la sua visita pastorale del 1597 il vescovo Luigi Molin aveva introdotto in diocesi il presente questionario, ricco di interrogazioni da farsi ai parroci, ai rettori e vice -rettori delle chiese e ai massari: • Che titolo è quello della chiesa • Chi ne è il rettore o parroco • Se ha le bolle ecclesiastiche • Se faccia residenza continua • Se nelle domeniche e feste di precetto faccia il suo dovere • Se nella parrocchia siano morti senza sacramenti • Quali persone tiene in casa a servizio • Se e quali peccatori pubblici in parrocchia • Se persone e 1 quante non osservano le feste di precetto, l’obbligo della Pasqua, i digiuni, le vigilie ecc… • Quante anime di confessione e di comunione ha la parrocchia• Se vi siano legati, chiericati, altri benefici, se con altari e se i patroni facciano celebrare le messe stabilite • Che entrata ha la fabbrica o luminaria della chiesa, se debitori verso di essa e se si fanno i conti ogni anno • Che entrata ha il parroco dal suo beneficio • Quali sono i beni mobili ed immobili della chiesa • Giudizi sulla vita e costumi, sulla capacità e zelo, sulla predicazione e amministrazione dei sacramenti e su altri doveri del parroco: se degno o indegno • Se in parrocchia vi siano peccatori pubblici: bestemmiatori, adulteri, eretici, sacrileghi, profanatori ecc…

text  Cartina topografica della diocesi di Treviso ai tempi del vescovo Grasser (Pesce: La visita pasto- rale del vescovo Giuseppe Grasser). La diocesi comprendeva allora anche la zona di Mestre e ap- pare divisa in 16 foranie, oltre la circoscrizione urbana e la città di Asolo.


Il vescovo Francesco Giustiniani (1609)

La mattina del 23 maggio 1609Ibidem b.1 - vol. aa.1609-1610 - cc.227-230 il vescovo Francesco Giustiniani (1604 1624)partiva a piedi dal suo episcopio, in compagnia del cancelliere di curia, del provicario della diocesi e del teologo della cattedrale, e giungeva alla parrocchia di Ponzano, dove riceveva l’ossequio del parroco e della popolazione, mentre le campane squillavano a festa.

“Compiute le cerimonie del rituale tridentino, celebrava la messa con omelia; visitati gli altari e il battistero, ammirò l’argenteria, i paramenti, la biancheria ecc… in abbondanza e ben conservati in un armadio nuovo di noce. Quindi si ritirò nella canonica “rinnovata e ospitale”, dove sedette alla parca mensa”.

Ricordiamo al lettore che i massari (fabbriceri), in ogni epoca, furono molto considerati dai vescovi, i quali, in occasione della sacra visita, li interrogavano “de veritate dicenda”, toccando i libri santi, prima di deporre circa l’amministrazione dei beni della chiesa, la condotta del clero e l’andamento della comunità parrocchiale; metodo che sembra ancora attuabile. Orbene il vescovo riunì nella villa del conte Francesco Manfredi i massari Santo Fantin e Bernardino Paccagnan della luminaria, Lorenzo Mazzocco della scuola del ss. Sacramento, e Francesco Martignago della scuola di san Leonardo.

Dopo aver dichiarato le attività e le passività, indicando gli scopi del denaro ricavato, essi segnalavano al superiore: “I parrocchiani (eccettuato qualcuno) osservano i comandamenti di Dio e della Chiesa, non vi sono persone che danno scandalo: il parroco fa il suo debito, attende alla cura d’anime: ma da due anni non insegna ai bambini la dottrina cristiana, data la sua età avanzata, essendo morto il giovane che ogni festa la insegnava”... “Don Bernardino Bianchin, in sede da oltre 40 anni, gli abitanti 250, le ostetriche ben istruite nel battezzare e il legato dei fratelli Crema fissato in un gregoriano (30 messe) ogni anno, per l’anima della benefattrice Camilla Pennacchis della famiglia dei pittori trevigiani”.

ORDINI DEL VESCOVO:
• al battistero un sacrario chiuso con due portelle a chiavi • gli oli santi siano riposti nella finestrella della balaustra • acquistare una pianeta rossa • imbiancare tutta la chiesa • i denari della fabbriceria e delle scuole vengano messi in casse distinte, con tre chiavi: una al parroco e due ai massari • i debitori, dopo averli ammoniti, se renitenti al versamento, costringerli per mezzo del braccio secolare • si concede ai fratelli Manfredi di costruire una cappella nella chiesa con pala ed immagine di san Francesco di Paola e di san Bernardi- no da Siena • fare l’inventario dei beni mobili ed immobili della chiesa e portarlo in curia, nel termine di un mese, sotto pena “ad arbitrium episcopi”
Dato nella Visita pastorale di Ponzano, li 23 maggio 1609.


Il vescovo Marco Morosini (1640)

image Sin.: Prezioso reliquiario della santa Croce in argento (sec. XVII?), che viene usato ogni anno nella processione del venerdì santo. Dx.: Croce astile d’argento, che raffigura ai lati alcuni santi e sul retro la Madonna del Rosario (sec. XV).

Il vescovo Marco Morosini (1639 - 1645), in data 20 marzo 1640, indiceva la visita pastorale con una lunga lettera ai sacerdoti curati, informandoli che l’avrebbe iniziata dopo l’ottava di Pasqua alle chiese parrocchiali e non parrocchiali, agli oratori e ai luoghi pii, secondo l’ordine prefissato, “per conoscere lo stato spirituale, morale e materiale della diocesi”.

A sua richiesta, i podestà di Treviso, Padova, Asolo, Camposampiero, Castelfranco, Mestre, Noale, Oderzo, d’ordine del doge, con rispettive lettere, gli concedevano il permesso di esaminare persone della loro giurisdizione, per deporre sul comportamento religioso e civile degli abitanti.

Il pastore giunse a Ponzano ilpomeriggio del 17 ottobre 1640Ibidem b.14 - vol. aa.1640 -1642 - cc.164-167 . Eseguì le cerimonie prescritte, visitò tutti gli oggetti appartenenti alla chiesa e poi ritornò a Treviso. Il mattino seguente, per tempo, ritornò a Ponzano: fece le preghiere per i defunti, si ritirò in sagrestia ad ascoltare le confessioni di molti fedeli, celebrò la messa e spiegò la pagina evangelica della festa di san Luca. Quindi, conferita la cresima ad un certo numero di figlioli, impartì l’indulgenza plenaria ai presenti, nell’occasione della sacra Visita.

Il parroco era Giovanni Zini da Trivignano di Mestre che, presentato dalla badessa di Murano, aveva sostenuto gli esami sinodali nella curia di Treviso ed aveva emesso la professione di fede e avuta la regolare investitura del beneficio dal cancelliere can. Francesco Morellato, come risultava dalle bolle e patenti che possedeva. Gli abitanti erano appena 200, causa la peste che infierì negli anni 1630 - 31, facendo vittime anche a Ponzano.

“I fedeli si accostavano ai sacramenti nei tempi dovuti e non c’erano persone scandalose. La dottrina cristiana veniva insegnata soltanto nei tempi di avvento e quaresima, perchè negli altri tempi dell’anno i fanciulli non venivano, benchè il parroco raccomandasse sempre dall’altare…”. Le confraternite erano ben regolate, senza abusi o disordini. Però il parroco riferì al suo vescovo dell’obbligo di due parrocchiani: “l’uno di far celebrare 30 messe all’anno e l’altro di provvedere l’altar della Madonna del Rosario di cere e del necessario, ma che avevano sempre rifiutato il pagamento.” Tommaso Pellegrino -massaro della fabbrica- e Natale Marchetto -massaro della scuola del ss. Sacramento- informarono il superiore delle entrate e delle uscite delle povere amministrazioni, aggiungendo: “Ai sabati sera si cantano le litanie della B.V. e si fa una cerca per le anime del purgatorio”.

ORDINI DEL VESCOVO
• un confessionale alla moderna • un messale nuovo riformato • si faccia quanto prima il muro del cimitero per impedire l’ingresso agli animali, altrimenti si sospenderà il seppellimento dei morti • i debitori della chiesa e delle scuole, al più presto, debbono soddisfare, come eredi obbligati in coscienza, ai legati dei testatori • il parroco ce ne deve render conto.

Il vescovo Giovanni Lupi (1649)

Il 13 maggio 1649Ibidem b.17 - vol. aa.1648-1659 - cc.296-302
Da notare: nei volumi delle visite pastorali del vescovo Lupi si conservano lettere autografe dei capitani e dei podestà di Treviso, Padova ecc…: per la concessione di interrogare massari ed altre persone circa la condotta del clero e del popolo delle varie parrocchie.
festa dell’ascensione, il vescovo Giovanni Antonio Lupi (1646 - 1668) fece solenne ingresso nella chiesa parrocchiale di Ponzano. Eseguite le solite cerimonie della sacra Visita, celebrò la messa, commentò il mistero della festività ed amministrò la cresima. Il parroco Giovanni Zini “fa continua residenza e non si parte dalla parrocchia senza licenza dei suoi superiori: insegna la dottrina cristiana in quaresima ed invoglia i fanciulli ad impararla con premi… è sempre pronto a visitare i malati fino agli estremi”. Le anime da comunione sono 160.

In parrocchia è aumentata la devozione alla Madonna del Rosario e ogni sabato sera si cantano le litanie: si suona la campana alla mattina, al mezzogiorno, alla sera e più tardi la campana dei morti. I massari Angelo Barbisan, della luminaria (fabbrica) e Bartolomeo De Lazzaris, della scuola del ss. Sacramento, assicurano che il ricavato delle varie offerte viene speso in cere e olio per l’illuminazione, per le processioni e per l’adorazione delle Quarant’ore. Giuseppe Piovesan, massaro della scuola di san Leonardo, che è detta da questo tempo “scuola dei morti”, perchè obbligata a pagare il funerale dei morti iscritti e far celebrare poi sei messe per ogni confratello defunto, informava il vescovo così: “Il parroco si è dimesso dall’amministrazione delle scuole per causa di certi che vogliono saperne di più: ma si spera che ci assisti ancora e così le cose cammineranno meglio”...

ORDINI EPISCOPALI
• sia tenuto continuamente il crocifisso sopra l’altar maggiore •non manchi il sacrario presso il battistero • s ia posta una tavoletta interna nel confessionale per impedire l’ascolto del penitente opposto • acquistare una pianeta da morto e un lavello per la sagrestiaVerrà comperato in marmo - e si conserva ancor oggi in sagrestia - nel 1709-1710. (11) Ibidem b. 18 - vol. aa.1661-1665 - cc.13-18 .

Seconda visita del vescovo Lupi (1665)

La mattina del 26 agosto 1665 Ponzano Ibidem b. 18 - vol. aa.1661-1665 - cc.13-18 accolse il pastore della diocesi, per la seconda visita. Celebrata la messa, fece la solenne esposizione del Santissimo per implorare il divino aiuto perdurando la guerra contro i Turchi, con il canto delle “litanie maggiori” ed amministrò la cresima a molti. Perchè stanco, delegò il canonico convisitatore ad eseguire la visita della chiesa, degli altari, del battistero, della sagrestia, delle suppellettili, dei paramenti e della biancheria: ebbe a congratularsi del ciborio d’oro di esimia struttura.

“Il vecchio parroco Zini -si legge nei documenti- compie il suo dovere da circa 30 anni. I parrocchiani sono 400 e vivono in generale da buoni cristiani. I massari si comportano bene e vengono cambiati ogni due anni. I campi del beneficio, in parte sono dati in affitto e in parte a mezzadria. Il ricavato annuale, compreso il quartese, consiste in ducati 300”.

Altri particolari poi vengono notati. “Un certo Cariolato versava staia 4 di frumento all’anno, con l’obbligo di celebrargli una messa alla settimana. Il defunto Antonio Agazzi, bergamasco, lasciava campi 5 a questa chiesa che sono stati venduti e il denaro ricavato fu depositato al Monte di Pietà di Treviso, restando l’obbligo di celebrare per l’anima del benefattore una messa alla settimana. Biagio Minotto, massaro della fabbrica, e Mario Bianchin, massaro della scuola del Santissimo, richiamano il dovere dei confratelli di accompagnare il viatico agli infermi e di essere presenti ai funerali dei confratelli. Antonio Benedetto, massaro della scuola di san Leonardo, dichiara che gli iscritti - una quarantina - danno un quartiere di frumento e soldi 10 a testa per il diritto di avere un pane e una candela nella festa del Santo”.

ORDINI
• il loculo degli oli santi sia “in cornu epistul” • nei confessionali vi siano la tabella stampata dei casi riservati e l’immagine del crocifisso dove si inginocchiano i penitenti • gli altari abbiano nuove le pietre sacre • acquistare nuovi paramenti e indorare i vasi sacri.

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Mons. Bartolomeo Gradenigo: 1668-1683

Il vescovo Bartolomeo Gradenigo, dopo alcuni anni di episcopato a Concordia, venne promosso a questa Diocesi, dove diede saggi luminosi di dottrina e di zelo. Con l’appoggio del vescovo di Padova, riuscì a comporre l’antica vertenza esistente tra il vescovo di Treviso, l’abate di Nervesa e il commendatore di Malta, circa le chiese di appartenenza a questi due, ma situate nella diocesi trevigiana. Lavorò molto, nella diocesi, per il Giubileo dell’anno 1676, esteso da Papa Innocenzo XI a tutto il mondo cattolico, dopo quello dell’anno 1675, in Roma. Promosse un Sinodo. Il Sinodo fu tenuto nei giorni 16-17-18 settembre 1670. Le costituzioni, stese in latino scorrevole, furono promulgate nello stesso anno distribuite in 39 capitoli, dei quali giova sottolineare quelli della dottrina cristiana, della grazia, del seminario, delle feste di precetto, degli eretici, dei bestemmiatori, degli esorcismi etc. In appendice poi vi furono aggiunte altre severe prescrizioni vescovili riguardanti l’ordine delle sacrestie, dei confessionali, delle custodie e delle iniziali per le sacre reliquie e gli oli santi, della cura per gli infermi e della benedizione papale “in articulo mortis”. Si trova che, al tempo di questo vescovo, nella parrocchia di s. Andrea di Città, aveva sede una “scuola detta dei marangoni” con relativi registri di contabilità, verbali, premiazioni ecc…. Il vescovo Gradenigo governò la diocesi con mano forte. A quanti gli facevano osservare la troppa severità soleva rispondere: “Sì... è vero: ma ho il torto di essere forte coi deboli e debole coi forti”. Dopo 14 anni - il 10 luglio 1682 - fu trasferito al governo della diocesi di Brescia.

Mons. Giovanni Battista Sanudo: 1684-1709

Il vescovo Giovanni Battista Sanudo, figlio del Procuratore di Venezia, era Primicerio della Basilica di S. Marco e già nominato vescovo di Bergamo, quando venne eletto per la diocesi di s. Liberale, di cui ripristinò ed incrementò il culto. Rifece il palazzo vescovile con magnificenza di restauri ed ornamenti e diede una sistemazione artistica e decorosa ai locali del pianterreno per adibirli agli uffici di Curia (ora libreria delle suore Paoline). Sempre sollecito della disciplina e della formazione dei seminaristi, con atto del 15 ottobre 1693, ottenne finalmente i consenso dei pp. Somaschi per la sede del suo piccolo seminario nel collegio di s. Agostino. Nel 1707 donò alla nostra cattedrale il magnifico ostensorio che si usa nelle solennità ed un’offerta di mille fiorini d’oro che venne investita nel 1708 in un livello a vantaggio della tesoreria del duomo. Dal governo della dioesi emerge che il vescovo Sanudo diede tante assoluzioni da censure, causate soprattutto da oltraggi e percosse a persone sacre, come lo dimostrano molti attestati di pacificazione tra le parti offese. Nel 1705, con una sua circolare, mandava al clero e al popolo la bolla “Vineam meam” di Clemente XI (1700-1721), contro l’eresia dei Giansenisti e quindi supplicava i fedeli a non aderire a tale dottrina. Si era nel secolo dei frequenti Giubilei. Allora i denari ricavati in quelle occasioni, per volontà del vescovo, venivano distribuiti ai più poveri della città e della diocesi. Il degno pastore morì il 27 gennaio 1709. Per suo testamento fu sepolto nella chiesa dei Carmelitani, dove ora sorge la biblioteca comunale. Dopo diversi anni, le sue spoglie vennero composte nella cripta della cattedrale.

Mons. Fortunato Morosini: 1710-1723

Il vescovo Fortunato Morosini, della nobile famiglia veneta e abate cassinese di s. Giustina di Padova, venne eletto vescovo di Treviso nel 1710, quale successore del Sanudo. Appena entrato in diocesi, considerata la necessità, edificò un nuovo seminario in città, tra i confini delle vecchie parrocchie di s. Agostino e s. Bartolomeo e poi l’istituto acquistato dalle suore Canossiane, che tennero fino al 1968. L’edificio spazioso, in buona posizione, arieggiato, poteva alloggiare oltre 150 alunni. Il vescovo non si occupò soltanto della parte materiale dell’istituto, ma ne disciplinò e regolò le scuole secondo le esigenze del tempo. Nel salone “Dante”, in un busto marmoreo, è ricordato questo benemerito prelato. Tra i documenti del suo governo ci sono lettere molto importanti. In esse si legge che nel 1712 proibiva le processioni notturne e le feste devozionali prive di fondamento. Nel 1715 indirizzava una circolare accorata ai rettori di chiese e ai priori dei conventi della città e diocesi, raccomandando preghiere e processioni penitenziali, per placare la divina giustizia, “in tempo di calamità pubbliche, provocate dai peccati”.... Non mancarono altre circolari per implorare l’aiuto divino alle armi veneziane nelle lotte contro i Turchi e per ottenere la liberazione dalla peste delle parrrocchie infette. Nel 1720, durante il suo episcopato il can. Valerio Rota, già governatore degli Stati pontifici di Benevento, Fano, Spoleto e Viterbo, primicerio di questo capitolo, venne eletto vescovo di Belluno, dove rimase fino alla morte che avvenne nel 1730. La sua salma riposa in quella Cattedrale. Il vescovo Fortunato Morosini nel 1723 fu trasferito alla sede di Brescia, dove morì nel 1727.

Mons. Augusto Francesco Zacco: 1723-1739

Il vescovo Augusto Francesco Zacco, nacque a Padova il 4.11.1662. Come sacerdote si distinse tra tutti per carattere, ingegno e zelo; per cui, a soli 27 anni fu canonico del Capitolo di Padova mentre reggeva la diocesi di card. Gregorio Barbarigo, canonizzato nell’anno 1961 da papa Giovanni XXIII. Mons. Zacco nel 1706 venne elevato alla sede arcivescovile di Corfù (Grecia). Per il suo trasferimento a Treviso, il 5 gennaio 1723, faceva il doloroso distacco da quell’isola tanto amata. Scrisse la sua prima lettera pastorale al popolo della diocesi sulla “Dottrina Cristiana” che costituì sempre la predilezione del suo apostolato. Nelle buste “Governo Diocesi” si conserva un voluminoso incarto di domande inoltrate dalle autorità civili dei distretti diocesani, all’arcivescovo Zacco, per ottenere il permesso di cibarsi di latticini e uova nella quaresima, “essendo scarsità di olio, di pesce e di denaro, data la povertà della gente”.... Il pastore compì la sacra visita a tutta la vasta diocesi dal 3 settembre 1724 al 16 ottobre 1726, con zelo ed edificazione. Le popolazioni colpite dalla sua parola, dalla sua pietà e dalla sua dignità, ripetevano: “Il nostro arcivescovo è un santo”! Terminata la visita, celebrò il Sinodo nel 1727 che, per la sapienza delle leggi, doveva bastare fino a quello del 1911, celebrato da mons. Giacinto Andrea Longhin, il quale studiò, medito e, in diversi punti, prese a modello il Sinodo di Zacco. L’arcivescovo Zacco ben meritò anche del Seminario, sviluppandone la nuova sede con fabbriche e scuole. Cessò di vivere il 18 febbraio 1739 a 78 anni, in odore di santità. Le sue ossa, raccolte in un’urna, sono nella cripta del Duomo, dinanzi l’altare che un tempo si chiamava del Crocifisso.

Mons. Paolo Francesco Giustiniani: 1750-1788

Il vescovo Paolo Francesco Giustiniani, già cappuccino e vescovo di Chioggia, fu promosso a questa diocesi di Treviso nel 1750. Le sue lettere pastorali degne di rilievo sono: la prima inviata ai vicari foranei delle 16 congregazioni diocesane per disporre la diocesi all’acquisto del Giubileo dell’anno 1751, esteso da papa Benedetto XIV (1740-1758) a tutta la Chiesa cattolica. La seconda a commento dell’Editto del s. Ufficio dell’Inquisizione di Treviso, contro i sacerdoti e laici eretici, compresi i bestemmiatori ereticali. La terza, per la somma importanza della dottrina cristiana, che nel 1776 venne pubblicata in un volumetto dal titolo “Dottrina Cristiana ad uso della diocesi di Treviso”, in forma chiara e concisa, adottata in seguito da molte diocesi d’Italia e di Dalmazia. La quarta per la “santificazione delle feste”: La quinta per la “Osservanza della quaresima”, con validi argomenti sulla penitenza esterna ed interna. Dalla documentazione delle visite, emerge che il vescovo Giustiniani fu molto diligente, colto, zelante e instancabile: un degno campione dell’Ordine dei Cappuccini. Egli consacrò circa 50 chiese parrocchiali, come ne fanno fede questi documenti d’archivio e le lapidi tutt’ora esistenti nelle relative chiese. Dopo laborioso e travagliato episcopato di 38 anni, ricevuto dal Papa il titolo di “arcivescovo”, in data 10 marzo 1788, si ritirò nel suo palazzo a Pezzan d’Istrana, dove terminò di vivere il 17 febbraio 1789. Il corpo “del vescovo sapiente, magnanimo, uno dei maggiori d’Italia” -così lo giudicò Pio VI- fu sepolto a Treviso nella chiesa dei Cappuccini e più tardi venne trasportato nella Cattedrale.







  Ostensorio d’argento del Fontana, da Padova (sec. XVIII).

Croce d’altare, in ottone, di bella fattura barocca (sec. XVIII).

 

 


Note: