Le Rondini di Ponzano Veneto

Un’intera famiglia all’estero

Angelo Biondo è nato a Ponzano Veneto nel 1941 ed è stato in Svizzera dal 1960 al 1972. Ora vive a Merlengo con la moglie Bruna.

Ha raccontato la sua storia il 20 dicembre 2011 a Luigino Righetto


Ero ancora bambino ma ricordo che alla fine della seconda guerra mondiale c'era distruzione e morte, tanta povertà e disoccupazione.
Le maggior parte delle case era priva di riscaldamento, servizi igienici e acqua potabile e a tanti mancava anche la corrente elettrica.
Abitavo in Via Antiga e ho frequentato le elementari a Merlengo.
Venivo in paese a piedi, scalzo d'estate e con zoccoli di legno d'inverno.
Eravamo sette fratelli. In casa regnava la povertà e vivevamo tutti coltivando due campi di terra.
Ricordo che a sette anni, con gli amici, andavo a raccogliere i pesciolini d'acqua dolce (spinariole e marsonetti) che, quando l'acqua di irrigazione non scorreva, si adunavano nelle piccole pozze dei fossi.
Un giorno, mentre con altri amici andavamo a pescare lungo un canale della Postumia, abbiamo raccolto anche delle noci prima che l'acqua le portasse via. Tutto serviva per sfamarci.
Un sacerdote conosciuto con il soprannome di “el pretin”, (don Luigi Scattolin), che abitava in una casa lungo la via ed era il proprietario del noce, piantato lungo la recinzione, ci ha visti e ha cominciato a rimproverarci come se avessimo rubato e ci ha minacciato di gravi castighi divini.
Ancora adesso ricordo lo spavento.
Quando racconto la mia infanzia ai nipoti, pensano che racconti favole.
Ho cominciato a lavorare già a tredici anni e a diciannove, in questa situazione di bisogno ho visto nell'emigrazione l'unica possibilità di migliorare la mia condizione di vita. Sono emigrato ad Aarau in Svizzera nel cantone Argovia, a marzo del 1960, perché qui non c'erano lavori remunerativi. Ho sempre fatto il decoratore edile in compagnia di Bruno Toresan. Eravamo alle dipendenze di una impresa del posto.
Con il lavoro fisso e remunerato, tutto è migliorato e a vent'anni per me la vita è cambiata completamente. Nei miei primi anni in Svizzera, facevo lo stagionale per nove, dieci mesi e tornavo a casa durante l'inverno. Ogni volta che tornavo in Svizzera, ero sottoposto a radiografie, visite mediche e analisi del sangue, che sono cessate quando ho avuto il permesso di lavoro permanente.
Mi sono sposato a Postioma nel 1969 con Manchera Bruna e nel maggio del 1972, un anno dopo la nascita della figlia Rita, sono tornato in Italia.
Mi sono integrato senza difficoltà ed ero benvoluto nelle case private dove lavoravo. Mi sono sistemato presso una famiglia a Rupperswill e non ho mai avuto problemi. Dormivo nella soffitta di una ex caserma con mio fratello Sante che faceva il muratore, il compaesano Albino Bandiera che abitava in Cal di Campagna e altri amici.

Piuttosto che parlare dei miei dodici anni passati all'estero, preferisco ricordare che subito dopo la guerra, per primo è emigrato mio cugino Giovanni del 1924 e negli anni successivi, eravamo tredici parenti tutti in Svizzera. In posti diversi c'erano i miei fratelli: Simone del 1930, Antonio 1932, Luigia 1934, Bruno 1936, Sante 1938 e Luigi 1943, i cugini Angela 1921 e Vittorio 1926, fratelli di Giovanni e figli di Biondo Giuseppe, il cugino Giacomo del 1918 figlio di Giosuè, Secondo 1923 detto el Ceo e Giuseppina Maria 1928 con il fratello Giuseppe 1932.
Chi è nato prima o subito dopo la guerra ha provato la povertà, ma con il lavoro ha contribuito a migliorare la nostra società.
I migranti all'estero lasciavano a chi rimaneva quel poco lavoro che c' era e mandavano a casa risorse economiche che qui hanno fatto partire l'artigianato e l'edilizia.
Quelli della mia età sono usciti dalla povertà, hanno sempre lavorato tanto e non hanno paura del futuro. Penso che anche se le cose dovessero andare male, loro si saprebbero adattare.
I nostri figli non si interessano più degli emigrati e delle nostre storie.
Penso che passata la mia generazione tutto morirà, se non raccontiamo e non scriviamo ora quello che abbiamo fatto.