Le Rondini di Ponzano Veneto

L' emigrazione stagionale

L’organizzazione dell’emigrazione

“Settembre, andiamo.
E’ tempo di migrare.
Ora in Terra d’Abruzzo i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare…”

Con questa poesia Gabriele D’Annunzio ha immortalato la migrazione dei pastori abruzzesi verso regioni più erbose, in una stagione in cui erano costretti, a causa del freddo intenso e delle abbondanti nevicate, a trovare pascoli per le loro pecore. La pastorizia non era l’unico fenomeno di migrazione stagionale in Abruzzo. Anche qui come in tante altre parti d’Italia c’era una migrazione stagionale di braccianti agricoli, carbonai, gelatai, muratori, spazzacamini e ombrellai.

Ogni minima specializzazione e qualche povero attrezzo erano sufficienti a spingere sia uomini che donne a trasferirsi temporaneamente anche compiendo lunghi viaggi a piedi dal loro paese, alle mete del lavoro o del commercio.

Nel nostro Veneto il fenomeno era particolarmente diffuso nelle località  di montagna come Bellunese. Le abbondanti nevicate rendevano impossibile qualsiasi lavoro nei boschi o nelle campagne. Ecco allora che mentre gli uomini nelle stalle realizzavano utensili in legno, le donne partivano con carretti trainati a mano verso la pianura veneta e friulana o anche al nord verso l’Austria per vendere i loro prodotti molto richiesti nelle città per il pregio dei legni e della fattura.

Ho chiari ricordi di quando, bambino, curiosavo attorno a quel carretto per me pieno di meraviglie profumanti di legno fresco.

Osservavo con curiosità quella donna che mi sembrava tanto vecchia, ma forse non aveva più di quarant’anni. Aveva un fazzoletto in testa, la gonna lunga e scura e gli scarponi ai piedi.

Credo si fermasse ogni anno nella casa colonica di mio nonno che le offriva ospitalità, un pasto caldo e un giaciglio di paglia nella stalla, per passare la notte al caldo. Lei al mattino prima di ripartire si inginocchiava nell’ampio porticato, davanti a un quadro del Sacro Cuore, biascicava una lunga sequela di preghiere e invocava protezione e aiuto per la famiglia che l’aveva ospitata. Sono da ricordare anche i carbonai della Valsugana o dei paesi attorno a Cordignano che andavano ad esercitare la loro arte in Francia o in Germania. I gelatai che da Longarone e paesi vicini hanno fatto conoscere al mondo questo squisito prodotto.

Anche a Ponzano l’emigrazione stagionale ha conosciuto un massiccio movimento di manodopera sia maschile che femminile. I nostri migranti stagionali erano in prevalenza braccianti agricoli diretti in Francia, muratori e imbianchini in Svizzera. Prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale, agricoltori e addetti alla costruzione di ferrovie e strade emigravano in Germania. Molti erano clandestini.

Il Comune negli anni compresi fra le due guerre, periodicamente compilava un elenco delle persone disoccupate che chiedevano di emigrare per motivi di lavoro. C’era un intenso scambio di corrispondenza con il Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale degli Italiani all’estero nel regio ufficio dell’Emigrazione di Udine al quale venivano inviati i nominativi dei disoccupati.

Il Ministero provvedeva ad avviare al lavoro anche temporaneo all’estero parte delle persone segnalate.Nella pagina sopra è riprodotta una lettera tratta dall’archivio Comunale Anno 1929 Cat. XIII Classe 2 Non sono stati rilevati dati o statistiche ufficiali di questo fenomeno se non elenchi trimestrali di disoccupati alla ricerca di lavoro anche temporaneo.
Nei loro racconti gli emigranti intervistati hanno nominato molti parenti e amici che attraverso l’Ufficio dell’Emigrazione, appositamente costituito, venivano reclutati dai sindacati per lavori stagionali.
Certamente approfondendo la ricerca tramite la consultazione degli archivi degli uffici del lavoro si potranno trovare dati specifici su questo tema che non è stato approfondito.

I Sindacati organizzavano la domanda e i viaggi all’estero dei lavoratori stagionali. In un primo tempo la chiamata era numerica.

Negli anni successivi si è assistito ad un cambiamento nel metodo di reclutamento che da numerico è diventato nominativo.

I datori di lavoro ci tenevano a reclutare manodopera già conosciuta e sperimentata negli anni precedenti.

L’età degli arruolati non poteva essere inferiore ai 18 anni né superiore ai 50, sia per gli uomini che per le donne. In Comune si preparavano i documenti e la Questura rilasciava i passaporti. Ai regolari si aggiungevano molti clandestini che, aggirando le norme in vigore, riuscivano comunque a trovare lavoro.

Per i regolari diretti in Francia, la partenza avveniva in treno da Treviso a Parigi o Tolosa e da qui con altri treni o mezzi diversi fino alla destinazione finale. A Milano era prevista una prima sosta per le visite mediche di idoneità. Molti migranti fisicamente non idonei al lavoro richiesto venivano rispediti a casa. I controlli erano molto severi e a volte la sola mancanza di un dente era causa di inidoneità.

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  L’Ufficio emigrazione di Udine avvia al lavoro operai di Ponzano Veneto


Note:

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