Le Rondini di Ponzano Veneto

La Chiesa le Parrocchie e l'emigrazione

A fine ottocento la parrocchia è il luogo dove si registrano e si battezzano i nuovi nati, si celebrano i matrimoni e i riti funebri. La partecipazione alle funzioni religiose e a tutte le fasi pubbliche della vita sociale del paese fanno della parrocchia il centro di riferimento della quasi totalità della popolazione.

Il crescente aumento del fenomeno migratorio e il diffuso anticlericalismo che comincia a diffondersi anche nelle nostre campagne, induce la Chiesa a seguire con particolare attenzione le famiglie che sradicandosi dalla terra di origine e dalle tradizioni cristiane, possono facilmente allontanarsi dalle pratiche religiose se non trovano adeguata assistenza nei paesi di destinazione.

Era noto ai parroci che l’emigrazione era vista anche come un mezzo per sottrarsi alla logica del patriarcato e delle parrocchie. Il parroco di Volpago, a proposito dei migranti, scrive: “più della metà migrano per fare quello che vogliono, senza la sorveglianza di alcuno e non per bisogno economico”A.C.V.Tr., b Azione cattolica e l’emigrazione, Inchiesta 1914, Lettera del parroco di Volpago don Annibale Vian, Volpago 6 aprile 1914.. Angelo GambasinA. GAMBASIN, Parroci e contadini nel Veneto alla fine dell’ottocento, Edizioni di storia e letteratura, Biblioteca di sotria sociale, anno 1973, pag. 207. scrive: “L’emigrazione proietta i devoti in un mondo profanato e ostile al cristianesimo… lo sradica anche dal costante richiamo al sacro del suono della campana… L’emigrazione perciò è la più disatrosa devastazione della pratica religiosa.”

Ecco allora nascere numerose iniziative in favore dei migranti.

G.Polo nel suo volume, cita un documento conservato nell’archivio Comunale dal quale si riscontra il caso di un Gesuita che svolgeva opera attiva per l’emigrazione in Brasile dei lavoratori della nostra terra. text 9

C. Migot nella sua tesi di laureaC. MIGOT, Crisi nelle campagne Trevigiane; il caso di Ponzano Veneto 1866-1891, corso di Laure in Economia
Aziendale, Ca’ Foscari, Venezia, Anno Accademico 2003/2004.
parla delle numerose iniziative dei parroci, tese ad evitare ai capi famiglia, disperatamente bisognosi di occupazione, forme più dolorose di emigrazione quali l’emigrazione clandestina.

Negli archivi delle Parrocchie del Comune esistono numerose testimonianze dell’attività dei Parroci in favore dei migranti.

Si va dalla registrazione del movimento migratorio rilevato in occasione delle visite per la benedizione delle case nel periodo Pasquale, alle attività connesse alle problematiche dei migranti, alle dettagliate relazioni in occasione delle periodiche visite pastorali da parte del Vescovo di Treviso, dove sono messi in evidenza il gran numero di emigranti dagli stessi rilevato.

Il fenomeno migratorio molto diffuso viene evidenziato dal parroco di Merlengo, don Edoardo Lanzarini, che annota come nel 1907 gli emigranti sono 168 su una popolazione di 1218 anime.A.A.V.V., “ Merlengo storia di una comunità e della sua chiesa”, nota 108 di pagina 248, Editrice San
Liberale, Treviso 2007.

Anche se la statistica nasce da una rilevazione approssimativa, è in linea con le risultanze del censimento del Comune del 1901, dato riportato in questo volume al capitolo “Chi sono i nostri emigrati?” .

Aiuta a capire quanto stessero a cuore i migranti a don Lanzarini, il fatto che si trovano ancora nell’archivio parrocchiale gli orari ferroviari da Milano alla Svizzera e l’indirizzo delle missioni cattoliche italiane per gli emigranti in Svizzera. Gli indirizzi che venivano forniti ai partenti, servivano per superare la difficoltà della lingua straniera che nessuno conosceva e indicavano loro a chi si potevano rivolgere per avere assistenza spirituale ed eventualmente anche per ottenere il rinnovo di passaporto e altri documenti.

Il diffuso analfabetismo imponeva ai parroci di tenere una fitta corrispondenza con gli emigrati e le loro famiglie, perché chi non sapeva leggere e scrivere, per superare il problema della comunicazione, si rivolgeva a chi aveva tali conoscenze ma fosse anche persona di fiducia.

Partiti per “fare fortuna” non dimenticavano il paese e la parrocchia. Nelle lettere del secondo dopo guerra ringraziavano il parroco per l’istruzione religiosa ricevuta, assicuravano di continuare a frequentare la S.Messa domenicale e i Sacramenti e di istruire religiosamente in casa i figli. Da parte sua, il parroco Don Pietro Filippetto nelle lettere di risposta li faceva partecipi del progetto del nuovo asilo parrocchiale. Ne ebbe subito riscontro e diversi emigrati inviarono le loro offerte, segno del forte legame con il paese d’origine.

Il fenomeno migratorio che aveva investito tutta l’Italia costituiva, a seconda dei punti di vista, un grave problema che era sentito anche nelle alte sfere.

Il papa San Pio X, originario del nostro territorio, conosceva bene la vastità del fenomeno e per la sua sensibilità nei confronti dei migranti, è stato proclamato patrono dei Trevisani nel Mondo.

Egli, consapevole dei numerosi problemi legati all’emigrazione,  con il suo documento “Cum omnes catholicos” nel 1912, istituì  nella Santa Sede un ufficio pro emigranti, da cui nascerà quello che oggi è il Pontificio Consiglio per le Migrazioni. Ufficializzò così l’impegno della Chiesa nell’assistenza ai migranti che si completò nel 1914, con l’istituzione della “Giornata delle Migrazioni”.

Quando fu istituita, la giornata era celebrata solo in Italia e aveva lo scopo di rendere solidale la Chiesa con le migliaia di emigranti Italiani che lasciavano la patria per cercare lavoro e condizioni di vita migliori in altri Paesi d’Europa o d’America.

Solo di recente è diventata la “Giornata Mondiale delle Migrazioni” e a partire dal 2006, viene celebrata nella 2a domenica dopo l’Epifania, mentre negli anni precedenti, la giornata nazionale cadeva in Novembre in coincidenza con la festa liturgica di Cristo Re.

Con il mutare della società italiana, divenuta dai primi anni ’80 del secolo scorso terra di immigrazione, l’attenzione si sposta verso le persone “in mobilità” : quindi non solo si prega e si offre per gli emigrati italiani all’estero, ma si è invitati a pregare, a sensibilizzare, a rendersi solidali con coloro che vivono, in varie forme, la mobilità umana: gli immigrati, i rifugiati, i profughi e richiedenti asilo, i rom e i sinti, i circensi e lunaparchisti, i marittimi e gli aeroportuali.

Durante l’epoca fascista è noto che l’emigrazione subì una brusca frenata dovuta a ben precise scelte del regime. Se diamo uno sguardo attento alle statistiche e in particolare alla tabella 17 - “Tabella delle richieste di passaporto degli anni dal 1930 al 1940” di questo volume, si nota che fra le richieste di passaporto, oltre la metà erano per la Francia.

Risulta infatti che su un totale di 212 domande di passaporto per i paesi europei, ben 115 erano per espatriare in Francia.  La richiesta era motivata dal desiderio di recarsi in pellegrinaggio a Lourdes, ma è ampiamente documentato che i treni partivano colmi di pellegrini e alla fine rientravano solo gli ammalati, i religiosi e le donne, mentre la quasi totalità degli uomini si fermava in Francia per lavorare prevalentemente come braccianti agricoli.

In tempi più recenti abbiamo altri esempi dell’impegno dei Parroci nei confronti dell’emigrazione.

Il parroco di Ponzano don Angelo Trevisan nel suo libroA.A.V.V., Ponzano Note storiche, Grafiche Vianello, Treviso, 1981, pgg. 343-353. dedica ben undici pagine all’emigrazione, riportando puntigliosamente un nutrito e particolareggiato elenco di migranti, in alcuni casi più preciso dei registri comunali, segno che nell’archivio parrocchiale si prendeva nota dei movimenti della popolazione per l’estero e che il fenomeno stava a cuore al parroco.

L’attuale parroco di Merlengo, Don Alessandro Dal Ben, ricorda che negli anni 90 del secolo scorso nella sua Canonica era stata attrezzata una stanza con servizi per le prime emergenze di accoglienza. Ricorda anche con simpatia che nel 2002, all’atto del suo insediamento in parrocchia si è ritrovato con dei fiocchi azzurri esposti alla porta della canonica perché in quei mesi era ospite una famiglia di magrebini sfrattata da Treviso e durante il periodo di ospitalità la signora aveva partorito un bel bambino.

Lo stesso Parroco racconta che anche in altre parti del mondo i preti si sono particolarmente distinti per il loro impegno in favore dei migranti. Negli anni 70 del secolo scorso, a Nottingham (GB) è stato personalmente testimone dell’attività di un missionario che svolgeva funzioni di Vice Console e la sera rientrava dalle fabbriche dove lavoravano gli italiani con la borsa piena di passaporti da rinnovare o di altri documenti da sistemare. La stessa cosa succedeva a Wolfsburg in Germania.

Come non ricordare infine il parroco di Paderno, don Aldo Danieli che di recente è stato anche oggetto di pesanti critiche per aver dato la disponibilità ai Musulmani di utilizzare i locali della parrocchia per le loro ricorrenze religiose e ad altri gruppi di extracomunitari Africani per i loro incontri conviviali e le loro feste tradizionali.

Mi piace trascrivere di seguito uno stralcio dell’intervista integralmente riportata in altra parte di questo lavoro, fatta al Senegalese Gano Ibrahima che dice: “Approfitto di questa occasione per ringraziare il parroco di Paderno, don Aldo Danieli. Da sempre ha avuto un occhio di riguardo nei nostri confronti. Ci ospita nelle strutture parrocchiali in occasione delle nostre ricorrenze religiose e anche in occasione delle nostre feste private. So che è stato criticato e che ha avuto dei problemi per questo ma lui, con convinzione, continua a fare quello in cui crede. E’ molto bello che un prete cattolico ci faccia capire che siamo tutti fratelli e che il Dio che adoriamo è unico e sempre lo stesso anche se per i suoi bisogni e a seconda della sua cultura e preparazione religiosa, l’uomo lo rappresenta in modo diverso. E’ vero come sostengono molti che i locali della parrocchia sono stati costruiti con i contributi e le offerte della gente di Paderno ma ora anche noi che ne usufruiamo, con le nostre offerte contribuiamo a mantenerli.”


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