Le Rondini di Ponzano Veneto

Il ritorno in Patria

Molti emigrati, partiti per nuove terre con il sogno di fare fortuna e ritornare in patria dopo pochi anni, con il tempo e per i motivi più disparati, sono rimasti nel nuovo paese di adozione, senza più tornare a casa.

I dati delle pagine precedenti evidenziano che la maggior parte di loro in particolare quelli partiti nel secondo dopo guerra, sono rimpatriati, anche per le mutate condizioni socio economiche dell’Italia.

E’ interessante esaminare il fenomeno dei rimpatri nelle diverse epoche del ritorno per capire l’impatto che questo ha avuto nell’economia della comunità. Per fare ciò è necessario comparare statisticamente i dati degli emigrati con quelli degli immigrati e cogliere anche, attraverso la lettura dei questionari compilati, le motivazioni che sono state alla base del rientro. Come l’emigrazione si è diversamente evoluta a seconda dei contesti storico economici dell’epoca, anche i rimpatri hanno seguito le stesse dinamiche.

Per una migliore comprensione dei dati è da rilevare, come già evidenziato più volte, che gli emigrati venivano cancellati prevalentemente in occasione dei censimenti decennali, perché non esistevano norme o regolamenti che imponessero la cancellazione dall’Anagrafe contestualmente alle emigrazione. Questo avverrà solamente con la costituzione dell’ A.I.R.E. alla quale sarà dedicato un apposito capitolo.

Gli immigrati invece, dato il loro interesse diretto a ottenere documenti, venivano iscritti nuovamente all’Anagrafe su loro richiesta, quasi sempre in concomitanza con il rimpatrio. Per questo motivo le annotazioni di emigrazione sono concentrate in alcuni periodi particolari mentre le immigrazioni sono molto più distribuite negli anni.

Perché tanti non sono tornati

Le interviste e la lettura dei questionari hanno offerto un’idea abbastanza chiara delle complesse e varie motivazioni che hanno spinto la maggior parte degli emigrati a rimpatriare e anche in questo caso si possono fare delle distinzioni fra gli emigrati di fine ottocento e quelli degli altri periodi storici e fra gli emigrati oltre oceano e gli emigrati in Europa.

Molti dei primi emigrati oltre oceano, avevano venduto quel poco che possedevano per procacciarsi il denaro sufficiente per il viaggio.

In questo modo e spesso involontariamente si erano sradicati dal suolo natale a volte anche in contrasto con la famiglia.

La grande miseria che avevano lasciato non li incentivava certo a tornare anche se nel nuovo territorio dovevano lavorare parecchio.

In cambio avevano trovato terra abbondante da coltivare, sufficiente a sfamare tutta la famiglia e tale era il loro sogno finalmente realizzato.

Le distanze, l’analfabetismo e la carenza di mezzi di comunicazione non rendevano facile lo scambio di informazioni e il rientro in patria poteva sembrare ai più, oltre che una sconfitta, anche un ritorno alla miseria.

Le condizioni socio economiche dell’Italia di fine ottocento e fino alla metà del novecento non erano migliorate di molto e non invogliavano gli emigrati a ritornare.

Anche se qualcuno coltivava il desiderio di ritornare, pur lavorando molto, riusciva a raggiungere un certo benessere economico, ma quasi mai accumulava il denaro sufficiente per il viaggio di ritorno.

La maggior parte dei nostri emigrati però, pur mantenendo all’estero per quanto possibile, usi e costumi del paese di origine, hanno saputo adattarsi alle nuove realtà soprattutto quando hanno trovato un lavoro sufficientemente remunerativo e gradito.
In tempi più recenti, raggiunta una certa tranquillità economica, la famiglia si era integrata nel nuovo territorio e il ritorno in patria diventava per i figli una nuova migrazione.

I bambini e i giovani, frequentando la scuola e i punti di aggregazione locali, avevano stretto amicizie con i coetanei del posto e non erano più disposti a lasciare quella che per loro era la terra patria.

I più fortunati, dopo aver raggiunto l’agognato benessere economico, hanno richiamato i parenti nella nuova patria per riunire la famiglia.

Qualcuno si è accompagnato con ragazze del posto, altri si sono sposati con le fidanzate lasciate sole in patria per anni dopo la loro partenza.

I motivi del rimpatrio

A fronte di una minoranza di persone rimaste all’estero, molti di più sono quelli che dopo una esperienza più o meno lunga sono rimpatriati a volte anche contro voglia. Anche queste motivazioni sono emerse dai colloqui con i migranti e dai questionari.

Frequenti furono i casi di persone emigrate con grandi speranze, che hanno dovuto confrontarsi con un lavoro pesante e malsano, una lingua incomprensibile o condizioni climatiche e di vita totalmente diverse da quelle del paese di origine.

Molti non hanno retto e nell’arco di qualche anno hanno preferito abbandonare tutto e tornarsene al vecchio paese e alle vecchie abitudini.

Dopo tanto lavoro e tante privazioni, una volta raggranellato il denaro sufficiente per realizzare il sogno che li aveva indotti a partire, spinti dalla nostalgia del paese natale oltre che dal desiderio di dare ai figli la cultura e l’educazione dei propri avi, molti si sono decisi a tornare a casa.

Il sogno di tutti, fino a metà novecento, era quasi sempre di acquistare dei campi da lavorare e in tempi più recenti l’acquisto di un piccolo appezzamento di terreno per la costruzione della propria abitazione.

Non è stato raro il caso di migranti che pur integrati nelle nuove comunità hanno mantenuto uno stretto legame con il paese d’origine e, arrivati all’età della pensione, nonostante il rifiuto dei figli adulti a seguirli, non hanno resistito al richiamo della patria e al desiderio di tornare con serenità alle vecchie abitudini e amicizie.

Molti dei rimpatriati all’età della pensione, tornando a casa da dove erano partiti, hanno voluto idealmente chiudere un cerchio all’interno del quale custodire gelosamente il ricordo di una gioventù vissuta spesso in povertà, con tanti sacrifici e una forte dedizione al lavoro.

Hanno saputo conservare le nuove amicizie fatte in terra straniera, divenuta una seconda patria e lasciare che i figli continuassero serenamente la loro vita dove loro avevano trovato fortuna, ma dove loro si erano sempre sentiti stranieri.

L’impatto sulla economia locale

L’ultimo aspetto esaminato, riguarda l’impatto che i rimpatri hanno avuto sulla economia locale. Fra i rimpatriati che non hanno saputo adattarsi alle nuove realtà non c’è stato alcun impatto con la patria, se non la consapevolezza che la vita è difficile ovunque. I pensionati non hanno contribuito alla sviluppo locale, ma hanno avuto la loro autonomia economica e hanno portato in patria un grosso bagaglio di esperienze di vita. Il loro unico scopo era di trascorrere una vecchiaia serena e priva di preoccupazioni.

Non è trascurabile invece l’apporto dato da chi ha fatto fortuna all’estero, ha imparato la lingua e spesso nuovi mestieri.

Questi, spinti dalla volontà di migliorare ulteriormente la loro condizione economica, hanno investito forza e denaro in agricoltura o in nuove attività artigianali o industriali che al momento della loro partenza all’estero nemmeno conoscevano.

Hanno saputo creare benessere e lavoro per sé e per altri.

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