Le Rondini di Ponzano Veneto

Sono tornata in Italia perché ne sono innamorata

Anna Paola Pavan nata a Maracaibo (YV) nel 1989 è tornata in Italia a sette anni. Abita a Merlengo, è studentessa Universitaria.
Intervistata da Luigino Righetto il 25 ottobre 2012.

Sono Anna Paola Pavan, nata a Maracaibo (Venezuela) da genitori italiani nati all’estero a loro volta nati da nonni tutti Italiani, emigrati in Venezuela negli anni ’50 del secolo scorso.
I nonni paterni Marcello Pavan e Lidia Camillo sono originari rispettivamente di Povegliano e Bavaria (TV), mentre i nonni materni Giuseppe Santorsola e Maria Addante sono entrambi originari di un paesino vicino a Bari ed hanno tutti un’età attorno agli ottant’anni. Sono emigrati tutti a Maracaibo. Nonno Giuseppe aveva solo 18 anni mentre nonno Marcello ne aveva 24. Si sono conosciuti solo quando i miei genitori hanno cominciato a frequentarsi. Giuseppe era figlio unico e apparteneva ad una famiglia povera, come tante nel dopo guerra. Suo padre allevava pecore che mio nonno accudiva oltre a studiare. E’ emigrato nella speranza di fare fortuna e aiutare la famiglia in Italia. Ha cominciato la sua avventura a Maracaibo, avviando un commercio di tessuti, tappeti, lampadari. Dopo circa dieci anni è rimpatriato per tornare definitivamente in Venezuela dopo alcuni anni.
Nonno Marcello invece aveva conseguito il diploma di enologo ed abitava in Povegliano, dove aiutava la famiglia nei lavori dei campi e dava da mangiare agli animali al mattino presto prima di andare a scuola. Era il maggiore di una famiglia assai numerosa e benestante ed è emigrato più per spirito di avventura che per necessità. La prima notte in Venezuela l’ha passata dormendo all’addiaccio con la valigia per cuscino. Pensava di esercitare la professione di enologo ma invece ha avviato una attività commerciale, come tanti altri.
I miei genitori sono nati a Maracaibo dove si sono conosciuti e hanno studiato, laureandosi rispettivamente in ingegneria meccanica mio padre e in architettura mia madre. In Venezuela ci sono molti Italiani che si ritrovano nei club privati a loro riservati. Anch’io li ho frequentati in occasione di feste e ricorrenze. Nei circoli e in casa si parlava italiano o dialetto. I nonni materni abitano ancora in Venezuela e a casa parlano tuttora il dialetto barese.
Negli anni trascorsi in Venezuela ho abitato prima a Bachaquero in piccolo paesino sorto dopo la scoperta del petrolio. La casa era situata davanti alla fabbrica dove lavorava mio padre e li vicino giorno e notte funzionavano i “balancines ” (bilancieri oscillanti utilizzati per l’estrazione del petrolio). Era suggestivo al tramonto veder in azione queste grandi macchine. Da qui ci siamo trasferiti a Maracaibo dove ho frequentato le prime due classi elementari. Ricordo che prima di iniziare la scuola ci si riuniva, tutti con il grembiule uguale e una volta schierati in file, una per classe, si cantava l’inno nazionale. Ognuno poi raggiungeva la propria aula che in realtà era uno spazio con dei muri divisori aperti perché là era sempre caldo. Il clima è tropicale con le stagioni secche e le stagioni delle piogge.
Il Venezuela è stato colonizzato dagli Spagnoli. La popolazione concentrata nelle grandi città come Caracas e Maracaibo è composta da diverse etnie, ma non ci sono problemi razziali. Alcune zone sono abitate da gruppi etnici come i Guajiros, classe povera che vive nei “ranchos”, piccole casette di lamiera o altro materiale di recupero. Sono come i nostri zingari, osservano le loro leggi e le loro tradizioni.
La religione è quasi esclusivamente cattolica. Noi frequentavamo le chiese che erano molto grandi e belle. Le suore ci istruivano alla religione ed i preti curavano i tanti bambini di strada. Li riunivano anche a formare dei meravigliosi cori di canti religiosi.
Data la mia età di allora, non ha mai seguito la politica ma so che il Venezuela è una repubblica federale, resasi indipendente dagli Spagnoli all’inizio del 1800. In realtà la democrazia è solo di facciata come in tanti altri paesi sudamericani. Il potere è in mano a poche persone che sfruttano il sottosuolo ricco di petrolio. La delinquenza è diffusa e la corruzione esplicita. A mio papà hanno puntato una bottiglia rotta al collo per rubargli una collana. Non puoi tenere i finestrini aperti della macchina. Tutti vivono circondati dal filo spianto e da alte mura, ma i ladri entrano lo stesso dappertutto.
Se hai soldi ottieni quello che vuoi, altrimenti resti vittima di soprusi e prepotenze. Anche per avere il passaporto o la patente in tempi ragionevoli, devi pagare. Ci sono due classi sociali: i poveri in canna e i ricchi, sia in città che nei paesi più piccoli.

Nonno Marcello, persona avventurosa e spericolata, cui piaceva molto viaggiare, per mantenere i legami familiari, ogni anno tornava in Italia con i figli. Lui tiene molto alla famiglia e mi ha trasmesso i suoi valori. Per questo gli sono grata.
Mamma mi racconta che i suoi genitori sono emigrati lasciandola in Italia con i suoi due fratelli presso una sorella di nonna Maria e che li ha raggiunti in Venezuela solo a quattro anni dopo di che ha avuto pochi contatti con i parenti in Italia.
Mio padre invece, venendo spesso in vacanza in Italia, ha sempre mantenuto i contatti con i parenti e qui si sentiva a casa sua. Si è innamorato della terra dei suoi genitori, soprattutto per il diverso modo di vivere. Anch’io adoro l’Italia per gli stessi motivi. Qui ci si sente più liberi, le ragazze possono uscire a piedi o in bici e frequentare i locali pubblici, cose che in Venezuela non puoi fare, perché rischi di essere derubata, sequestrata e anche uccisa.
Sono arrivata in Italia a sette anni e tornata in Venezuela per un viaggio di piacere a quindici. Appena arrivata lì e nonostante le venti ore di viaggio, avrei voluto tornare subito indietro. All’arrivo in aeroporto c’era una coda lunghissima al chek-in e alcune persone poiché eravamo quattro bambini, ci hanno presi d’occhio, perché se sei bianco, capiscono che sei immigrato o straniero e si sono offerti di farci passare prima, naturalmente in cambio di una lauta mancia. Mio padre che conosceva bene l’ambiente ci aveva detto di stare zitti e di seguirlo. Se non stai al loro gioco ti sparisce qualche valigia o ti creano delle difficoltà inesistenti. La corruzione è ovunque e a tutti i livelli.
Il motivo principale che ha spinto mio padre ad emigrare in Italia è perché desiderava vivere tranquillo, senza i tanti problemi di sicurezza che c’erano in Venezuela.
Quando a sette anni sono arrivata in Italia, parlavo spagnolo e conoscevo meglio il dialetto veneto che l’italiano, ma data la mia età non ho avuto particolari difficoltà a inserirmi in Italia e nel mondo della scuola.
Inizialmente mi mancavano le radici essendomi staccata dal paese di nascita ma in breve tempo, prima a Povegliano e poi a Merlengo mi sono subito ambientata. Tuttavia solo ora mi accorgo che non ho i legami di amicizia che hanno tanti miei coetanei, perché non faccio parte della storia del paese. Nemmeno mio padre ha avuto problemi perché già conosceva l’ambiente e aveva tanti parenti vicino. Ora lavora in un’azienda della zona. Mia madre invece che qui non ha parenti soffre un po’ la mancanza della famiglia. I suoi genitori e i fratelli sono lontani. Sapeva di questo problema ma per amore della nuova famiglia lo ha accettato, come ha accettato di non poter esercitare la sua professione di architetto, per seguire i quattro figli.
Manteniamo i rapporti con i parenti all’estero ma quando mi chiedono se voglio tornare in Venezuela, rispondo sempre che sono innamorata dell’Italia.

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