Ponzano Veneto 1935-1945: Forza della Memoria
I giorni dopo la liberazione
Rinasce la vita democratica
Con la sconfitta dei nazisti crolla la Repubblica Sociale, quel poco che era rimasto dello stato fascista è in fuga con i tedeschi. Lo stesso Mussolini, camuffato in una divisa da caporale tedesco, verrà fatto prigioniero mentre-scappa, intrufolato in una colonna militare in rotta verso il confine austriaco.
I partigiani assumono il potere, dalle grandi città ai piccoli comuni. Esisteva il pericolo che poteva derivare da un pericoloso vuoto di potere. Molte erano le armi abbandonate dai fascisti e dai tedeschi, la miseria e la fame si mescolavano ad una pesante voglia di vendetta per i soprusi e le prepotenze subite in vent’anni di regime.
Toccò ai Comitati Nazionali di Liberazione, che si erano formati a livello loca-le, assumere la tutela dell’ordine pubblico ed impedire vendette e ritorsioni.
Piero Stolfo così descrive il ruolo del CNL appena insediato a Ponzano:
«Dopo la Liberazione abbiamo insediato il comando a Villa Ricci, dove ora c’è Comunello. Il comando partigiano funzionava anche da polizia, in un momento di grave vuoto d’autorità. Il CNL funzionava: bisognava controllare tanti ragazzini e partigiani dell’ultima ora che si erano armati e sparavano nei campi, a destra e a sinistra, ragazzi di diciassette, diciotto anni. Tutti volevano far credere di essere stati partigiani. Erano pericolosi e creavano paura tra la popolazione. Inoltre c’era il pericolo che qualcuno approfittasse della situazione per vendette politiche o personali. La responsabilità sarebbe caduta in ogni modo su noi partigiani. Il CNL si assunse il compito di vigilare sull’ordine pubblico, fummo costretti a fermare, solo per poco tempo, i capi fascisti del paese per verificare le loro responsabilità ma, anche, per proteggerli da eventuali ritorsioni personali». «Villa Ricci la jera libera - racconta Bruno Picciol - perché i tedeschi i jera scampai e alora, tuti a Villa Ricci. Ghe jèra de tuto: scarpe, pee par scarpe, stramassi, coverte, linsioi; ogni ben de dio. Fora ghe jèra un carro e i atressi. Ghe jera de tutto: trapani, ponte de trapano (...] Insoma ghe jera i atressi par impiantàr ‘na oficina. Sachi pieni di sigarete dei tedeschi scampai. Cosa femo Rico? ghe gho dito a Gobbato».
A Ponzano, come ricorda Annamaria Gastaldo si tennero le prime riunioni del CNL provinciale di Treviso: «Il Comitato di Liberazione, il CNL, si riuniva nella casa di Toffoletto, là dove c’è la lapide, quella casa dove ora hanno fatto tutti quegli appartamenti, quella casa ristrutturata, a Ponzano tra le scuole e la Pizzeria alla Cupola. Là si riunivano perché c’era una famiglia di sfollati triestini amici nostri e di Ramanzini. C’era il dottor Zago, l’avvocato Ramanzini, che fu il Prefetto della Liberazione, c’erano varie personalità. La prima volta si sono riunite a casa di mio papà, nella nostra villa, villa Von Assen Gastaldo e dopo andavano a casa di Toffoletto».
Pochi giorni dopo la Liberazione s’insedia la Giunta Comunale, espressione del CNL di Ponzano: Enrico Gobbato, del Partito d’Azione, è il Sindaco, vicesindaco Bruno Biasini, comunista. Enrico Gobbato resterà sindaco dal 1 maggio del ‘45, all’aprile del 1946. Il 7 aprile del 1946 si tengono le prime elezioni per i Consigli comunali. Si confrontarono due schieramenti: lo “Scudo crociato” che intorno, alla Democrazia Cristiana, metteva assieme le formazioni moderate e centriste, ottenne 930 voti, il 53%; e il “Blocco”, che raccoglieva, assieme ai partiti della sinistra PSI e PCI, il Partito d’Azione e le altre forze politiche laiche di ispirazione progressista, ebbe il 47%. Già da queste elezioni si prospetta a Ponzano l’egemonia della D. C., che consoliderà il proprio consenso tra gli elettori intorno al 60%, dagli anni ‘50 fino agli anni ‘90.
Poco dopo, il 2 giugno del 1946, si svolse il Referendum per scegliere tra Monarchia e Repubblica e successivamente l’elezione della Assemblea Costituente, che doveva elaborare la nuova Costituzione Repubblicana. Se a livello nazionale la vittoria sulla Monarchia fu molto risicata, a Ponzano, il successo della Repubblica fu schiacciante, con oltre il 70% dei voti.
L’arresto dei fascisti locali
Dai documenti dell’archivio Gobbato emergono due iniziative intraprese dal comando partigiano: l’arresto dei fascisti di Ponzano e l’avvio di un’indagine per individuare ed assicurare alla giustizia i responsabili dell’agguato, delle torture e dell’assassinio di Rossi, Gobbato e dei fratelli Bianchin.
I capi fascisti locali sono arrestati immediatamente dopo la fuga dei tedeschi, il 29 aprile. La detenzione non durerà molto: «I capi fascisti - racconta Maria Fornari - i xe stai portai prigionieri, dopo la Liberazione a Villa Ricci ghe jera Liberali, l’avvocato Monico. Li gha portai là sulla villa e li gha tenui lì un giorno e una notte. Dopo i li gha mollai, no ghe gha fatto niente». I partigiani non erano preparati a tenere prigionieri, gli mancava perfino un lucchetto per chiudere le porte dell’improvvisata prigione, come appare sempre da questa testimonianza: «Solo che i xe vegnui, qua a casa dei Liberali, a tor i lucchetti per serrarli. Xe vegnuo a tor i lucchetti uno che abitava sul Borgo Ruga e la signora Liberali la gha dito: ma varda, con tutte le volte che ghe gho dato da magnar a quel là e xe vegnuo a tor su i lucchetti par serrarme Mario».
In un documento dell’Archivio Gobbato del 1 maggio del 45, è trascritto l’elenco dei fermati che avevano avuto incarichi del regime fascista, a livello locale, o erano sospettati di aver compiuto azioni contro il movimento partigiano o la popolazione.
Elenco trattenuti il giorno 1.5.45
Carnio Ada di Giovanni - sfollata a Ponzano presso Marchi Adelia
Liberali Mario fu Vittorio - Paderno di Ponzano
Ortica Isidoro di Isidoro Attilio - Paderno di Ponzano
Occhionero Romeo fu Salvatore - Merlengo
Bonali Natale di Gino - Merlengo
Scorzon Giobatta fu Luigi - sfollato a Ponzano
Ortica Marcello Lino di Isidoro - Paderno di Ponzano (sfollato)
Monico Lino fu Lazzaro - Via Carlo Alberto 58 Treviso
Chiereghin Silvio fu Sante - Ponzano Scuole Via Poste 19 (Treviso)
Bettiol Ettore di Luigi - Panificio Via S:Nicolò = Treviso
Caron Pietro di Pietro, Antonio - Via Rosa Bortolan 2 a Treviso
Riva Ernesto fu Ferruccio - Presso Casa Dottrina Cristiana, Merlengo
Vidi Carlo Alberto sfollato presso (nome illeggibile) di Spercenigo
Serghini Giovanni di n.n. - Merlengo Via Chiesa
(Tutto il documento è scritto a macchina, solo gli ultimi due nomi sono aggiunti a mano)
Lo stesso giorno, come risulta dall’archivio Gobbato, i fermati vengono rila-sciati, infatti per ognuno esiste una breve nota con cui il C.L.N. di Paderno dichiara:
Il signor [...] si è presentato al Comitato di Liberazione Comunale di Ponzano Veneto per la verifica della sua posizione. E stato rilasciato con obbligo di tenersi a disposizione dell’autorità locale.
Il verbale è firmato: Ruggero. Si tratta, molto probabilmente, di Ruggero Benvenuto, Commissario politico della brigata “Garibaldi” operante a Ponzano.
I fascisti locali furono obbligati, per alcune settimane, a recarsi a firmare per documentare la propria presenza in paese al comando partigiano.
Dall’archivio Gobbato risulta che questa prassi fu tenuta almeno fino alla fine di maggio del 45. Sono conservate nell’archivio due cartelle che documentano l’avvenuta firma dall’ 1 al 31 maggio.
Dalla testimonianza di Bruno Picciol, emerge che, sulla decisione di arrestare chi aveva avuto cariche e aveva collaborato col fascismo, i pareri erano difformi: «Ma la roba che me gà più depresso xe stada quea de quando che gho visto Slongo e Stolfo andar tor Liberali e el “Dassièr”
che el jèra fassista.
Liberali jèra el Segretario Federale fassista, ma no’ I gha mai fato del mal a nessun e i pareti li gà sempre jutai. Rico, ghe gho dito, mi non vojio più partecipar a ste robe. Questi qua distruge queo che nialtri gavemo costruio.
Ricordate che te gà un fradel morto. Questi qua no’ xe persone da far insieme con nialtri. Gnente da far.
E cossa gavemo da far? Fermi, xe mejo che i se calme, non standar per ‘e case a portar via la zente. Alora son andà dentro mi. Cavalier cosa falo, ghe digo a Liberali. Eh, Picciol, i xe vegnui torme, Stolfo e Slongo. In quea Liberali ghe gà dito a Stolfo: domandeghe a to mama se no ve gho mantegnuo e se ve gho dato tanto, quando la vegneva a domandarme chelcossa per i so tosati parché a jera sola. Uno dei tosati, che dopo el xe morto lu lo gavea mandà al campo-ospedale a Jesolo, tutto a gratis. Eh!, ghe gà risposto Stolfo, e xe robe passae».
Sul ruolo del Segretario Federale il giudizio di Maria Fornari coincide con quello di Picciol: «Però gho da dir che Liberali infine xe stà abbastanza onesto. La terra della “Casa del fascio” e del campo sportivo, dove ora ghe xe tutte le casette jera sua. No gha fatto niente de mal, jera solo queo che comandava». In quel periodo si era diffusa la voce che Mario Liberali, come molti altri gerarchi del fascismo, si fosse appropriato dell’“oro per la patria” che avevano “donato” i cittadini al regime. La testimonianza di Maria Fornari fuga ogni dubbio sull’onestà del Segretario Federale di Ponzano: «I xe vegnui là i partigiani, perché xe stato dito chi gavea nascosto roba. Ma queo che gha dito questo el jera stà soldà co i tedeschi a Valdobbiadene. Co xe vegnuo zo se gha messo co i partigiani e gha dito che Liberali gavea nascosto sta roba. Ma quea che i gavea nascosto, tutti assieme sulle damigiane jera fasioi, farina, salami, roba che podea durar. I busi li gha fatti il fattor e i gha messo zo sti bidoni. Quel giorno che xe venui i partigiani, ero mi sola che passava, i paroni era in salotto, un partigian fasea la guardia col scioppo. Mi ero una tosetta curiosa, avevo quindese anni, e me son fermà ad ascoltar cosa ghe diseva sto qua, l’era un meridional. Te sa cosa chi gavea nascosto su ste buse: piatti e bicchieri. I ghe gha tirà fora tutto e no i ghe gha rotto niente. I pensava che avesse nascosto l’“oro della patria”. Ma l’oro e l’argenteria jera a Venezia, non qua, e comunque jera tutta roba de famiglia. No i gha portà via niente. Il fattor gavea preparà le buse, ma non savea niente de cosa i nascondea. E gha dito: mi gho preparà le buse, gho messo dentro i bidoni ma non so cosa ghe jera dentro».
Lo stesso Piero Stolfo, che ne aveva comandato l’arresto, conferma il giudizio sul Liberali: «Abbiamo fatto un po’ di paura ai fascisti del paese, niente più. lo sono andato ad arrestare il capo dei fascisti, Liberali, ma non gli abbiamo fatto niente, non facevano del male, erano fascisti perché tutti erano fascisti e per fare i propri interessi personali, erano i padroni delle terre del paese. Toni Toffoletto era un altro capo fascista ma ha protetto il paese».
Anche Picciol esprime la stessa convinzione su Toffoletto: «A Toffoletto che ne ga salvà, i ghe gà fato el processo. Mi al processo ghe gho dito che se non gavevimo lu, i fassisti ne copava. Par el nome suo se ghemo salvà, ghe gà dito me fradel».
Gli assassini dei fratelli Bianchin, Rossi e Gobbato sono assicurati alla giustizia
I documenti conservati nell’archivio Gobbato, riportati nel capitolo L’assassinio di Piero Gobbato, Luigi Rossi e dei fratelli Bianchin, sono frutto delle testimonianze assunte dal CNL locale per ricostruire minuziosamente l’assassinio e le torture subite dai partigiani del Partito d’Azione di Ponzano.
Sulla base di questa indagine il 6 maggio, ad Asolo, il Capitano delle Brigate nere Gottardis, che aveva teso l’agguato ai partigiani, viene arrestato:
Noi sottoscritti patrioti del Partito d’Azione del Comitato di Liberazione di Ponzano Veneto, in aggiunta ai documenti che lasciamo nelle mani della Commissione di Giustizia di Asolo, sotto nostra responsabilita’ (...). Assicuriamo che detto capitano Gottardis sarà tradotto nelle carceri di Treviso senza che allo stesso sia torto un capello, sara’ dato sotto nostra responsabilità, regolare scarico a questa Commissione di Giustizia da parte della Questura di Treviso.
Quando il Gottardis viene portato a Ponzano, l’incontro con la sorella di Piero Gobbato, assume un aspetto drammatico, come racconta Bruno Picciol: «L’Irma Gobbato ghe gà dato del delinquente e un sciafón: te meritaresti de essar buttà zo par un balcon. ‘Ndar a copàr un omo de chea sorte come me fradel e altri do fradei [...). Me fradel te gaveva dito: almanco ‘assaghene vivo uno. Te gà risposto: nialtri no’ conossemo pietà».
In una lettera del 24 maggio, inviata alla Questura di Treviso, risulta che anche Sorgato e Mestriner, che avevano torturato e ucciso Gobbato e i suoi compagni, erano gia stati assicurati alle patrie galere. La lettera in questione riporta l’elenco degli effetti personali dei due arrestati :
Gli oggetti personali: Sorgato Cirillo (1 orologio Nicolet Watch - 1 stilografica - fotografie e documenti vari e lettere - Lire 136 - 1 portamonete - 1.060 marchi - 50 dracme ed altra moneta estera per 5.000.000 greca). Mestriner Armando (1 tessera Ministero Comunicazioni - I portafoglio Lire 526 - fotografie varie - santini - 1 fazzoletto rosso). (Archivio Gobbato, 24 maggio 1945).
La lettera firmata dal Commissario Ruggero Benvenuto e dal Comandante Bruno Biasini testimonia come i due brigatisti neri disponessero, al momento dell’arresto, di una cospicua somma di denaro.
I fascisti saranno processati e condannati. Solo il Gottardis morirà in un tentativo di evasione come racconta Bruno Picciol: «El capitano che gà trato in traneo Gobbato, el jèra da Asolo. I xendai a torlo a Asolo e i lo ha portà qua.
El jera iu, Mestriner, Sorgato e ‘n altro; sarà stà Aiello. Ma dopo i gà fato l’amnistia e cussì el capitano se salvava anche lu.
El capitano el jera vardà da uno che el jera de marina. El ghe gà dito: impisseme la sigaretta e lu gà fato par impissarghea e chealtro gà fato par torghe el mitra. Se el ghe riesse el copa tutti: prima quei che jèra là, po’ el vien basso e el copa anca quei. El jèra fora co’‘a testa. Uno ghe gà girà el mitra, no’ I gaveva pi’ forsa parchè, no’“I magnava più, el gaveva dei rimorsi».
Piero Stolfo conferma questa versione: «Non abbiamo torto un capello a nessuno. E morto solo il capitano che aveva tradito e fatto morire Gobbato,Rossi ei fratelli Bianchin. Ha tentato di aggredire un partigiano di guardia e nella lotta è partita una raffica di mitra».
I capi fascisti di Ponzano furono processati e i capi partigiani del luogo furono chiamati a testimoniare. Nell’archivio Gobbato sono conservate le convocazioni del Tribunale di Treviso per testimoniare ai processi intentati. Liberali ed altri fascisti, che avevano avuto un ruolo puramente politico a Ponzano, furono assolti. Subì pesanti condanne, anche se poi fu amnistiato, chi si era macchiato di torture e uccisioni di partigiani e civili.
I rapporti del CNL di Ponzano con la Chiesa locale
I rapporti con il clero si guastarono ben presto. Il CNL non rappresentava soltanto un nuovo potere che sconvolgeva i precedenti rapporti delle parrocchie con il potere, ma introduceva anche fenomeni di cambiamento del costume. Appena due mesi dopo la Liberazione, un ballo di beneficenza, organizzato dal CNL per trovare fondi per le famiglie più bisognose, innesca una dura polemica con la parrocchia. Il parroco attacca gli organizzatori nella predica domenicale. Pesante e irriverente, per l’epoca, la risposta del CNL di Ponzano del 26 giugno del 1945, rinvenuta nell’archivio Gobbato, intitolata Ancora calunnie!:
I festini ballo che il Comitato ha indetto, vanno a totale scopo di beneficenza delle famiglie povere del paese [...]. Le somme sono state gia’ devolute alla competente Commissione di Assistenza Comunale che provvedera’ alla equa ripartizione e a seconda dei bisogni delle singole famiglie (...). Il predicatore che tanto ci calunnia dal suo pulpito, potrebbe e dovrebbe essere a conoscenza prima di aprire il becco [...] che questi festini siano amorali [...] no! Potrebbe venire pure il prete ad assistervi [..I per quale motivo i poveri che verranno beneficiati dal ricavato di detti festini, dovrebbero rifiutare tale assistenza. Denaro profanato vero? (dice il prete). Noi vorremmo conoscere il denaro santo! [...] Per quale motivo Voi (preti) accettate denaro da tutti, specie da coloro che hanno ricavato questo denaro succhiando il sangue a tutta l’Umanita’ e ai poveri lavoratori e che sperano con questa offerta di mettere l’anima al sicuro? Voi lo accettate questo denaro e non e’ danaro profanato, vero? Dateci Voi l’esempio di una carita’ buona e santa, ma che non vi abbandoniate soltanto a chiacchiere e a parole, una carita che anche noi riconosciamo santa e che sia fatta per quelle persone che non abbiano di che sfamarsi, le quali persone possono sentire anche il beneficio morale e vi ringrazieranno veramente con tutto il cuore. Grano, polenta, latte e uova, questo ci vuole per la povera gente e non le solite chiacchiere ed allora sì che vi benediranno! Questa e la vera Carita Cristiana che insegna a dividere il pane e i frutti della propria tavola e non le chiacchiere! [...] Evviva la parola finalmente libera!
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