Ponzano Paderno Merlengo - ieri e oggi

IL TABACCO

La pianta del tabacco ci pervenne dall’America, ove era coltivata sin da tempi antichissimi. Il nome sarebbe derivato da Tobàgo, paese delle Andile, o da Tabàsco nel Messico.

Si ritiene che il tabacco sia giunto in Italia al tempo di Caterina de’ Medici, alla quale furono inviati in omaggio semi e piante di esso da parte dell’ambasciatore francese Jean Nicot de Villermain.

Al tempo di cui si parla il tabacco da fumo si divideva in trinciato forte e trinciato leggero ed era messo in commercio in pacchetti presso le Privative dello Stato.

Le sigarette avevano vari nomi: «Nazionali», «Macedonia», «Tre Stelle», «Popolari» ed «Africa».

Anche il tabacco da fiuto veniva venduto sotto diverse denominazioni che corrispondevano alle varie qualità; anche questo si distingueva in due classi, forte e leggero, in modo che ogni consumatore poteva soddisfare le proprie esigenze. C’era il «Zenziglio», lo « Scaletta», il «Sant’Antonio», il «Sun di Spagna», tutte qualità di natura forte, mentre il «Macuba» ed il «Santa Giustina» soddisfacevano persone di gusto più delicato, perché di qualità ed aromi speciali.

Era allora un atto di squisita gentilezza offrire ‘na presa de tabaco!

Il tabacco da fiuto veniva conservato in scatolette dette «tabacchiere», costruite con corno di bue, oppure con legno o metallo più o meno pregiato con cesellature, talora recanti le iniziali del proprietario, ovvero in umili boccettine di vetro dal collo largo; a forma piatta.

Tabacòni venivano chiamati tanto i fiutatori quanto i caratteristici grandi fazzoletti di cotone, tutti variamente colorati di rosso cupo o celeste, che servivano per soffiarsi il naso.

Si ricorda il tempo in cui i tabacòni anzianotti esibivano inconsapevolmente la viòla, cioè la goccia nera al naso!

Se da quanto citato il fiuto del tabacco può sembrare una usanza poco gradevole e per nulla pulita, che dire del cicàr, cioè dell’uso di masticare tabacco da fumo, cicche di sigaro e residui della pipa, notevolmente in voga nei tempi decorsi? Taluni individui poi alimentavano tutti e due i vizi, quello del fumàr e quello del cicàr.

Chi cicava, provocava una abbondante salivazione che eliminava con grandi sputi marron-nerastri; v’era poi chi entrava in chiesa masticando la cica ed incurante del luogo sacro sputava sotto il banco! Il povero sacrestano doveva poi eliminare tali sconcezze.

Il viziato, povero in canna, talvolta utilizzava anche il tabacco delle cicche risparmiate. Vi erano inoltre adulti e giovani che giravano per le vie e le piazze, in Treviso città, per raccattare le cicche con il piròn, bastone munito di punta di ferro adatto allo scopo.

Con il tabacco delle cicche confezionavano a mano, con un pezzette di carta qualsiasi, le sigarette. Altri si rivolgevano alle persone di servizio addette alla pulizia di ambienti signorili o di uffici raccomandando lóro di recuperare le cicche abbandonate.

Per concludere, rammentiamo che in quei tempi il tabacco veniva anche usato per scopi medicamentosi: per impacchi da applicare su gonfiori, ‘per attenuare i dolori dentari e le relative infiammazioni o come fasciatura in caso di ferite leggere. Dunque, secondo queste vecchie usanze, il tabacco offriva anche qualche lato positivo!

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