Ponzano Paderno Merlengo - ieri e oggi
Appunti Storici
La storia è testimonio dei tempi, luce di verità,
vita della memoria, nunzia dell’antichità.
CICERONE, De Orat. 2, 9, 36
SGUARDO GENERALE DALLE ORIGINI AL 1865
Prima di iniziare la storia degli uomini che per primi vennero ad insediarsi in queste zone vorrei sottolineare brevemente l’importanza che ebbero i nostri due fiumi, Piave e Sile, nella configurazione della pianura trevigiana ed in particolare dell’alto trevigiano.
Anche se la regione che circonda Treviso non ha subito sostanziali cambiamenti dalla comparsa dell’uomo, tuttavia, a giudizio di alcuni studiosi, il Piave ed il Sile, ancora in epoca antica, sarebbero confluiti in un unico ramo presso Treviso, modificando alquanto l’aspetto dell’ambiente fisico attraverso il quale scorrevano.
Sostiene il MichieliA.A. MICHIELI, II Piave, Belluno, Tip. Benetta, 1966, p. 19. Si veda anche L. VOLLO, Le piene dei fiumi veneti e i provvedimenti di difesa. Il Piave, Le Monnier, Firenze 1942. a questo proposito che il Piave avrebbe invaso anticamente il letto del Sile scendendo nella direzione Crocetta-Morgano durante una delle sue rovinose piene che si ripeterono fino al sec. XVI, quando la Repubblica Veneta arginò definitivamente il suo corso.
L’ipotesi di un unico fiume accettata pure dal FiliasiJ. FILIASI, Memorie stanche de’ Veneti primi e secondi. Venezia, Fenzo, 1796-1797, to. I, p. 60. si basa soprattutto su un passo di Plinio PLINIO, III, 18, «Flumis Silis ex montibus Tarvisanis»., che, nella enumerazione dei corsi d’acqua del litorale Veneto, parla solo di un fiume «Silis» e non fa cenno al Piave.
Secondo un’altra ipotesi, «nel 365 d.C. uno spaventoso terremoto avrebbe sfaldato alcuni dei nostri monti ed in particolare il monte Sochèro che sorgeva presso Capodimonte»A. SARTORETTO, Memorie storiche di Musano, S. A. Tip. Editrice Trevigiana, 1932, p. 15. La località Capodimonte citata dall’Autore si sarebbe trovata tra Bocca Cavalla di Montebelluna e Biadene. causando la deviazione del corso del Piave e costringendolo a girare alle spalle del Montello per uscire nelle vicinanze di Nervesa.
In seguito a questo evento non è escluso però che il Piave fosse ancora in comunicazione con il Sile scendendo nella direzione Nervesa-Treviso.
Secondo l’AveroneA. AVERONE, Sull’antica idrografia veneta, Mantova, Tip. Manuzio, 1911, p. 9., il Piave si sarebbe definitivamente diviso dal Sile nel 598 d.C. quando le continue piogge causarono rovine e straripamenti.
Fatta questa premessa cerchiamo ora di comprendere da dove provenivano e come si sarebbero insediati nelle nostre zone i primi abitanti.
Si ritiene che i territori delle nostre frazioni siano stati abitati sin dalle epoche più remote; tuttavia delle loro origini si può parlare solo in modo molto vago. E’pensabile altresì che l’insediamento stesso dell’uomo in questi territori sia avvenuto molto lentamente.
Probabilmente i primi abitanti erano nomadi a causa delle calamità naturali, come gli straripamenti del Piave, che costringevano l’uomo a spostarsi continuamente in luoghi più sicuriE’ noto che il Piave è un fiume a carattere torrentizio il cui corso, specie nei tempi di cui parliamo, era caotico e rovinoso. (V. cap.: Le grandi calamità naturali)..
Tali abitanti, documentati da fonti antiche Cfr. Livio. LI., furono gli Euganei, più tardi assorbiti dai Veneti provenienti dall’Illiria LTMiria, regione storica della penisola balcanica, è situata tra l’Istria ed i monti Cerauni.. Questi ultimi fondarono una civiltà che ha lasciato tracce considerevoli; ebbero la loro città principale in Este (in latino Ateste) e numerosi nuclei abitati, specialmente in località montagnose e collinari. Introdussero il rito funebre dell’incinerazioneIncinerazione: pratica funeraria consistente nella combustione del cadavere, i cui residui vengono ad essere rappresentati dalle sole ceneri., tipico della razza arianaC. GASPAROTTO, Patavium municipio romano, in «Archivio Veneto», S.V. voi. I (1927), p. 11., e tributavano il culto a GerioneSul Veneto preromano si veda R. BATTAGLIA, Dal paleolitico alla civiltà atestina, in «Storia di Venezia», Venezia, Ferrari 1957, voi. I, pp. 77-177, e nella monumentale «Storia dedla cultura Veneta», il capitolo «II Veneto pre-romano e romano» a cura di G.B. Pellegrini, L. Bosio, D. Nardo, nel volume «Dalle origini al Trecento». Vicenza, Pozza, 1976, pp. 29-101. ed alle acque aponie, il cui nome deriva da Aponos, divinità di origine euganea, e dalle quali sono derivate poi le fonti di Abano.
Avversari dei Galli, si allearono con i Romani, dalla cui civiltà finirono per essere sopraffatti intorno al III secolo a.C.
Parlavano una lingua indoeuropea, il venetico, attestato soltanto in iscrizioni funerarie e votive G.B. PELLEGRINI - A.L. PROSDOCIMI, La lingua venefica. Padova, Istituto di Glottologia dell’Università di Padova - Circolo linguistico fiorentino, 1967..
La penetrazione romana fu lenta, ma altrettanto inesorabile. Verso la metà del sec. II a.C., i Veneti erano stati definitivamente conglobati dai Romani. Sul loro territorio, nel 148 a.C., veniva tracciata una delle strade consolari della repubblica romana, la Postumia, volgarmente detta PostiomaV. cap.: Le strade - La via Postumia romana..
Dei Romani furono trovate a Ponzano anfore segate per uso cinerario con povero corredo funebre ed una sepoltura, nel 1923, in Merlengo sul fondo MarchettaCfr. L. BERTI e C. BOCCAZZI, Scoperte paletnologiche e archeologiche nella provincia di Treviso, Firenze, La Nuova Italia, 1956, pp. 41-42.; ancora altro materiale fittile romano sarebbe stato reperito lungo la strada Antiga, pur questa costruita dai RomaniF.G. PILLA, Nota preliminare sul rilevamento della centuriazione trevigiana, Venezia, Stamperia di Venezia 1966; (v. anche capitolo: Le strade - La strada Antiga)..
Allorché l’impero, dopo il periodo di floridezza, cominciò a decadere, popoli che abitavano oltre le Alpi, già dominati da Roma, diedero inizio alle invasioni barbariche delle quali ricordiamo le più importanti.
Già nel 102 a.C. avvenne una invasione della pianura padana da parte di un popolo nomade, bellicoso e valorosissimo: i Cimbri, originari dal nord-est della Germania. In un primo momento i Romani, non si sa per quali avverse circostanze, si dovettero ritirare sulla destra del fiume Po. Poi, riorganizzatisi, affrontarono nel 101 i Cimbri, che furono in parte annientati ed in parte fatti schiavi.
Dalle Alpi Giulie, nel 166-167 d.C. fecero una prima incursione i Marcomanni ed i Quadi, i quali, nel successivo 170, ritornarono e distrussero Oderzo. Sembra però che questi popoli non abbiano mai oltrepassato il Piave e che quindi non siano giunti nei nostri paesi.
Nel 401 scesero i Visigoti con re Alarico «il temerario», provenienti dalla regione danubiana: saccheggiarono tutto il Veneto, quindi uscirono dall’Italia attraverso il Brennero. Seguirono nel 405 gli Alani, gli Svevi, i Vandali; altri popoli, guidati dal generale Radagaiso, fecero razzia delle nostre terre per proseguire poi verso il meridione.
Ritornarono nel 408 i Visigoti, ancora con re Alarico; attraversarono le nostre zone diretti verso Roma, che saccheggiarono e devastarono.
Nel 424 e nel 432 transitarono altri eserciti, greci e mercenari del generale Ezio.
Arriviamo nel 452, anno in, cui Attila, re degli Unni, di origine mongola, proveniente dalla Pannonia, attraversò il trevigiano lasciando però salva la città di Treviso, sembra per intervento del Vescovo Elviando. Giunto sul fiume Mincio, venne fermato da Papa Leone I e, dopo un lungo colloquio, Attila si convinse a rientrare nelle terre da dove era partito e dove morì poco dopoPresso le genti venete Attila rimase come la sinistra figura capace d’ogni barbarità. I nostri vecchi lo ricordavano spesso definendolo «flagellum Dei», cioè «flagello di Dio», calamità tremenda..
La penosa sequenza di incursioni e dominazioni non ebbe ancora termine poiché nel 476 giunse Odoacre a capo degli Bruii, Turcilingi e Rugi, originari del bacino danubiano. Questi entrarono in Italia dal passo del Brennero, invasero il Veneto depredando ovunque. Ma re Odoacre nel 493 venne affrontato e vinto dagli Ostrogoti guidati dal re Teodorico. Nel 553 giunsero i Bizantini, con a capo il generale Belisario, che a loro volta furono attaccati e sopraffatti dai Longobardi di re Albpjno (anno 568). Per l’intervento del Vescovo di Treviso, Felice I, la città rimase salva, anzi re Alboino concesse al Vescovo tangibili beneficiPAOLO DIACONO, Rutena làngobardorum, II, 12 in «M.G.H. - Scriptores rerum làngobardorum et italicorum - Saec. VI-IX»..
E giungiamo al 773, mese di giugno, in cui le forze franche, divise in due colonne, scesero in Italia: una, guidata da Carlo Magno, attraverso il Moncenisio, l’altra, guidata dal conte Bernardo, zio del re, attraverso il Gran San Bernardo. I Franchi conquistarono ed assoggettarono tutta l’Italia; il loro domìnio cessò nell’ 814.
Dopo la morte di predetto re, l’impero carolingio si smembrò; al posto suo troviamo il feudalesimo con i suoi troppi padroni.
Ne approfittarono gli Ungheri (899), tristemente famosi per le loro terribili scorrerie effettuate a ripetizione per circa un secolo, crudelissimi, distruttori implacabili di chiese e conventi, che tutto rapinavano con rabbiosa violenza. Verranno poi debellati e definitivamente scacciati dai Germani di Ottone il Grande nel 955, con la vittoria di Augusta.
Le più famose scorrerie unghere si verificarono negli anni 900, 920, 936, 940 e 947.
Pure nei secoli successivi la pace fu compromessa: feudatari e signorotti, sempre in lotta tra di loro, funestarono queste contrade.
Intanto già dal secolo VII ed Vili si era diffuso il monachesimo ed ovunque sorsero monasteri ed ospizi.
Anche nel trevigiano si divulgò questo importante movimento religioso e parecchi monasteri vennero eretti, tra i quali ricordiamo quello di San Vito e quello, citato da don A. Dal Colle, di San Leonardo di Ponzano A. DAL COLLE, Ponzano Veneto e la sua Chiesa, Tip. della Società, Vedelago 1922, pp. 8-9 e «Villa Minelli» nel capitolo «Le ville del nostro Comune».. Di San Vito non è rimasto che l’Oratorio del quale si parla più ampiamente in un successivo capitoloV. cap. «Testimonianze del sentimento religioso». Gli oratori..
E’ da presumere che, parallelamente alla diffusione del monachesimo, abbiano preso fisionomia le «rettorie», chiamate più tardi «parrocchie». Purtroppo solo con notevole ritardo appaiono dei documenti scritti, la cui maggiore consistenza si manifesta dopo il 1000, come si accenna nelle «Memorie storiche» d’ogni singola frazione. Tali documenti sono conservati nella Biblioteca Capitolare e nell’Archivio Curiale di Treviso.
Nel burrascoso evolversi dell’età medioevale, tra il 970 ed il 1340, molte lotte, come accennato in precedenza, ebbero luogo nel territorio trevigiano, lotte causate dalle rivalità e dallo spirito di predominio dei vari signorotti locali. I principali protagonisti di questi avvenimenti furono i Collalto, i Da Romano, i Da Camposampiero, i Da Camino e gli Scaligeri.
Nelle alterne vicende avvenute dopo il 1300 Ponzano subì la distruzione. Ricorda lo storico G. Bonifacio: «I Fuorusciti, ch’erano in Montebelluna, per divertir l’assedio di Musolente, corsero nel trevigiano mandando a ferro e fuoco alcune ville, tra le quali furono Ponzano e Roncade (anno 1320)»G. BONIFACIO, Istoria di Trivigi, Venezia, Albrizzi 1774, II ed., ristampa anastatica Forni, Bologna, 1968, p. 318..
Intanto i turchi da tempo stavano preoccupando tutta la cristianità ed il Vescovo di Treviso, Pierpaolo da Valdobbiadene (13361352), impose a tutte le parrocchie la colletta per la crociata contro i turchi, colletta decisa ” da Papa Clemente VI (1342-1352) con suo Breve, redatto in Avignone, allora sede dei PapiVersamento delle offerte nella solennità di «Tutti i Santi», per un triennio (Quaternus decime triennalis contra Turcos, anno ,1344), Biblioteca Capitolare Treviso..
Nel 1473 i turchi giunsero a Portogruaro ed è rimasta una tradizione orale che le loro avanguardie avrebbero esplorato anche i nostri paesi.
Nel territorio della Marca Trevigiana diversi cambiamenti avvennero nel periodo dal 1329 al 1388. Ricordiamo il passaggio dal dominio degli Scaligeri (1339) a quello della Serenissima e, dopo 42 anni, a Leopoldo d’Austria (1381-1384); indi a Francesco da Carrara, il quale, obbligato da Jacopo dal Verme, capitano d’armi dei Visconti (1388), abbandonò tutto il suo dominio che, per un accordo precedente, ripassò all’inizio del 1389 a Venezia. In detto dominio, era compresa anche Treviso, la cui sorte fu seguita anche dalle tre frazioni del Comune di Ponzano. Come noto il dominio veneziano durò sino al 1797.
Il governo della Serenissima, durato oltre quattrocento anni, instaurò un clima paternalistico che, introducendo quella forma di «quieto vivere», di rispetto e timore verso l’autorità civile ed ecclesiastica, ha finito poi per caratterizzare l’ambiente veneto.
Nel 1510 comparve la peste nel trevigianoV. capitolo «Le malattie»., seguita il 26 marzo 1511 da un terremoto che danneggiò la città di Treviso A. SANTALENA, «Veneti ed Imperiali. Treviso aL tempo della lega di Cambrai», Venezia, Óngania, 1896, (ristampa Roma, Multigrafica, ed. 1977), pp. 253 e segg..
Erano gli anni della guerra di Cambrai, che vide Treviso per lungo tempo impegnata a respingere gli attacchi francesi e tedeschi. Anche se non ci rimangono documenti, è verosimile pensare che il territorio del nostro comune non dovette essere esente dalle consuete scorrerie dei soldati. Verso la metà di agosto 1511 francesi e tedeschi giunsero sino a FontaneA. SANTALENA, «Veneti ed Imperiali», pag. 290: «Sui primi di settembre, i tedeschi eransi gettati fin due miglia sotto Postioma, avevano sfondato le botti di vino trovate nelle fattorie, e tutto rovinato sul loro passaggio».; nei primi giorni di settembre i tedeschi si spinsero sino a due miglia sotto PostiomaA. SANTALENA, «Veneti…», op. eh., pp. 328-329.. L’anno successivo le difficoltà vennero acuite da una piena del Piave, che, supe- rati gli argini a Nervesa, giunse sino a Treviso. A causa di ciò la popolazione della città diminuì sensibilmente. Un’altra grave pestilenza si diffuse nel 1629-1631, contemporanea a quella descritta dal Manzoni nei «Promessi Sposi»Per la peste scoppiata nel 1629-1631, descritta dal Manzoni, si veda E. BACCHION, «La peste manzoniana in Treviso», in «Archivio Veneto», S.V. voi. IV (1928), pp. 232-254, e A.A. MICHIELI, «Echi e vittime della gran morìa del 1629-1631 in Treviso», in «Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti», to. CXIII (1954-1955), pp. 29-41. A Treviso morirono 680 persone; nel territorio ci furono 538 morti e 351 nei lazzaretti. Lo spopolamento della città in un anno fu immediato: dai 6043 abitanti del 1631 si scese ai 1307 dell’anno successivo..
Ritorniamo con il discorso all’epoca dello sviluppo della potenza turca la cui formidabile pressione preoccupò, come detto, tutti gli stati d’Europa compreso lo stato Pontificio, il quale dal 1341, prese iniziative per arginarla. «Nel 1473 i Turchi vennero contro il Senato Veneto e sparsero il terrore sino a Portogruaro e per ripercussione sino ai nostri miseri paeselli che ricorsero alla preghiera»A. DAL COLLE, op. cit., p. 15.. Papa Pio V (1566-1572) riuscì ad organizzare abilmente una flotta composta da Spagnoli, Veneziani, Pontifici, Savoia, Genovesi e Cavalieri di Malta, sotto il comando supremo di Don Giovanni d’Austria con vicecomandante Marcantonio Colonna, generale pontificio; gli altri comandanti erano: Sebastiano Venier, capitano generale dei Veneziani, Andrea Provana, ammiraglio del Duca di Savoia e Gian Andrea Doria, capo della flotta genovese. Nella notte dal 6 al 7 ottobre 1571 ebbe luogo la famosa battaglia di Lepanto, nel gruppo delle Isole Curzolari, in cui la flotta cristiana sconfisse quella turcaDella battaglia di Lepanto si riparla nel capitolo «Memorie storiche di Ponzano Veneto»..
Trascorsero poi tanti anni di relativa quiete per i nostri territori sino all’avvento della Rivoluzione Francese seguita dalla prodigiosa scalata al potere di Napoleone. Questi divenne il despota della sua epoca, trasformando l’Europa in un immenso campo di guerre, di desolazione e di morte. In quasi tutto il vecchio continente, travolto dagli eventi napoleonici, riecheggiò sinistro il rumore delle armi. Anche per i nostri paesetti la pace cessò.
Purtroppo, già da tempo, la Repubblica di San Marco dava segni di decadenza, né gli organi responsabili, cioè il Consiglio dei Dieci ed il Doge, intendevano adeguarsi all’evoluzione degli avvenimenti, tutti forieri ormai di grosse novità in campo politico, militare e territoriale; il governo della Serenissima si ostinava «a non mutare di una linea la pazzesca politica della neutralità, di cui vari Ambasciatori Veneti alle Corti Estere avevano segnalato i funesti pericoli. Esercito e marina languivano, le finanze erano allo stremo e la secolare Repubblica, creduta a torto dai suoi governanti incapace d’ogni atto energico, fu lasciata un po’ alla volta morire fra lo sdegno di quei pochi che la volevano degna del passato e credevano, a ragione, che, con adatte, tempestive riforme, si potesse ancora salvare.
...Alla prepotenza sempre maggiore degli stati confinanti si risponde, non già con la fierezza antica, ma con una remissione paurosa che contrastava stranamente con l’anima e le tradizioni di Venezia»A.A. MICHIELI, Storia di Treviso, Treviso, Ist. Tip. per i Comuni, 1958, p. 141..
Essendo queste le condizioni della Repubblica Venata, peraltro note alle nazioni europee, fu facile per gli Austriaci e per i Francesi invaderne i territori con poderosi eserciti e scatenare in essi memorabili battaglie.
Già da secoli l’Austria ambiva conquistare il Veneto; ora il momento era favorevole, tanto più che consentiva di prevenire analoghe ambizioni napoleoniche.
Come detto, invano il governo di Venezia era stato informato dai propri Ambasciatori e residenti veneti del pericolo incombente; inutili erano state le esortazioni a vigilare ed a premunirsi onde opporre valida resistenza agli invasori. Le previsioni divennero triste realtà. «Gli .stranieri gavazzavano da padroni, andando, venendo, fermandosi, senza neppure chiedere permesso, anzi imponendo ogni dì, con una baldanza maggiore, contribuzioni di viveri e di denaro»A.A. MICHIELI, op. cit., p. 143..
E’ da immaginare la caotica e gravissima situazione che si creò nei nostri territori e che praticamente durò sino alla fine del regime napoleonico.
Ecco i fatti più salienti verificatisi nella nostra regione in quell’epoca.
Nel 1796 mentre Bonaparte occupava la Lombardia, transitarono nei nostri territori truppe austriache ed il 28 gennaio 1797 giunsero i Francesi.
Il 27 aprile, il Senato di Venezia, su imposizione di Napoleone, ritirò le sue milizie da Treviso che vennero rimpiazzate da quelle francesi. Così ebbe inizio la dominazione napoleonica, di cattiva memoria, che dispose subito durissime condizioni e contributiIl 12 maggio 1797 ebbe fine ingloriosa la Repubblica Veneta. Ultimo doge fu Ludovico Manin (1726-1802) che tenne il potere dal 9 marzo 1789 al 12 maggio 1797, quando fu deposto da Napoleone..
Il dominio francese durò breve tempo perché il 17 ottobre 1797 Napoleone cedette il Veneto all’Austria (Trattato di Campoformido, Villa Manin di Passariano, Udine). Le truppe austriache occuparono Treviso il 16 gennaio 1798.
Alterne vicende seguirono poi tra Francia ed Austria con l’andirivieni di truppe nelle nostre terre e le relative conseguenze. Dopo una seconda presenza francese, il 14 aprile 1801 ritornarono gli Austriaci e rimasero sino al 26 dicembre 1805, giorno in cui le province venete passarono nuovamente sotto il dominio francese con viceré Eugenio di Beauharnais.
Con Decreto napoleonico del 1806, applicato nel 1810, vennero soppresse molte chiese e tutte le Congregazioni Religiose. Gli edifici, le chiese dei conventi e le chiese non strettamente parrocchiali furono confiscate e passarono al Demanio divenendo sedi di enti militari, magazzini, caserme e stalle.
Il periodo napoleonico introduce l’organizzazione amministrativa della «Municipalità». Con il Decreto nr. 55 del 29 aprile 1806 l’Imperatore stabilisce i dipartimenti degli Stati Veneti Cfr. «Bollettino delle leggi del Regno d’Italia», 1806, pp. 388-391. «Le province di Venezia, Padova, Vicenza, Treviso, Udine, Belluno compresi i paesi di Feltre, di Cadore e d’Istria, formano sette dipartimenti del Regno». Treviso diviene capodipartimento del Tagliamento. (Cfr. «Bol- lettino delle Leggi…», cit. 1807, p. 1439).. Nell’anno successivo, Decreto nr. 283 del 22 dicembre, nascono sul cantone di Treviso i «comuni» di Merlengo, Paderno e Ponzano Ponzano viene scelta frazione principale del Comune ed il Comune diviene tale il 22 dicembre 1807 e riconfermato dagli Austriaci nel 1816.. Il giorno precedente, 21 dicembre 1807, Napoleone aveva emanato un altro significativo Decreto, il nr. 280, con cui si “costituiva presso il Monte Napoleone un fondo di sussidio per le parrocchie aventi una rendita annua minore di lire 500, affinchè, come si legge sul Decreto, «i parroci del Nostro regno d’Italia, siano provvisti d’una decente congrua…» Cfr. «Bollettino delle leggi…», cit. 1807, pp. 1332- 1333. Alcuni anni dopo, e cioè nel 1812, fallì la campagna francese in Russia ed il 2 novembre 1813 rientrarono in Treviso gli Austriaci, ai quali i Francesi non poterono opporre valida resistenza, e vi rimasero sino al 23 marzo 1848, allorché furono costretti ad allontanarsi. Ritornarono il 14 giugno successivo.
In parecchie parti d’Italia, dal 1821 circa, iniziarono i moti insurrezionali. Il governo austriaco, nei territori ad esso sottoposti, tentò con ogni mezzo di prevenire e reprimere la proliferazione di predetti moti, ma la propaganda clandestina fu egualmente efficace provocatrice degli eventi intesi a guadagnare la libertà e l’indipendenza.
E’ da ricordare che il popolo veneziano non rimase inerte nel generale sentimento di libertà ed ebbe in Daniele Manin e Niccolo Tommaseo due ardenti propugnatori di tale ansia di indipendenza.
Il 22 marzo 1848 Venezia riuscì a scacciare gli Austriaci ed a proclamare la repubblica, orientata verso l’unione con il regno di Piemonte. Ma l’Austria non rinunciò a tale perdita ed invitò Venezia a sottomettersi. Il governo veneziano scelse la resistenza ad oltranza, resistenza che si prolungò gloriosamente sino al 22 agosto 1849, in cui le soverchianti ed ottimamente armate forze nemiche ebbero il sopravvento piegando Venezia con la fameDurante predetto periodo, il governo austriaco sorvegliò ed impedì in ogni modo che dalla terraferma venissero inviati aiuti e sovvenzioni a Venezia. Inoltre un meticoloso controllo fu attuato affinchè non si verificassero sconfinamenti, diserzioni, assenze ingiustificate, fughe di giovani per arruolarsi sotto la bandiera veneziana ed infine si dispose l’obbligo di consegnare le armi nascoste con minaccia della pena capitale per chi eludesse la vigilanza e le disposizioni. (V. capitoli «Ricordi del dominio francese ed austriaco» e «Memorie storiche di Paderno»)..
Dopo la caduta eroica di Venezia riprese l’esodo clandestino, ma questa volta verso il Piemonte, per l’arruolamento nell’esercito di quel Re. Si formarono ed entrarono in attività i Comitati Segreti di Emigrazione.
Molti fatti d’arme si alternarono agli eventi politici, ma dopo varie vicende gli austriaci vennero definitivamente cacciati ed alle ore 15 del 15 luglio 1866, Treviso, con le altre città del Veneto, conquistò l’indipendenza.
Seguirono giornate di giubilo anche per le nostre popolazioni che entusiasticamente aderirono al Plebiscito per l’annessione al Regno d’Italia.
Detta annessione venne sancita con Decreto Reale di Vittorio Emanuele II il 4 novembre 1866.
E con altro Decreto Regio del 5 gennaio 1868 la denominazione «Ponzano» venne perfezionata in «Ponzano Veneto» onde evitare omonimie.
Note:
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