Ponzano Paderno Merlengo - ieri e oggi

RICORDI DEL DOMINIO FRANCESE ED AUSTRIACO (1797-1866)

La popolazione, dapprima euforica per la ventata delle idee proclamate e sbandierate dalla rivoluzione francese del 1789, dovette poi ricredersi davanti alla cruda realtà dei fatti e convincersi che nessun dominio straniero antepone mai gli interessi dei soggiogati ai propri. Infatti, durante il periodo della dominazione straniera, si verificarono distruzioni, imposizioni e requisizioni tanto da parte dei francesi che degli austriaci. Basti ricordare le spogliazioni delle nostre chiese di tutti gli oggetti d’oro e d’argento effettuate dai francesi.

Esattamente il 7 giugno 1797, al Commissario francese alloggiato in Treviso nel Palazzo Ca’ Falièr (l’attuale Palazzo Revedin, adiacente alla chiesa di Sant’Agnese in Borgo Caypur) vennero consegnati, per costrizione, gli oggetti preziosi sopra citati, dal parroco e dai fabbriceri di Merlengo e, con qualche giorno di differenza, da quelli di Paderno e di Ponzano.

La dominazione francese, come sarà poi anche quella austriaca, imponeva «la più cieca obbedienza agli ordini di Bonaparte e la assidua, fedele partecipazione alle gioie e ai dolori della sua dinastia. Quando la moglie del viceré, Augusta Amalia di Baviera, e fu nel 1807, ebbe un altro figliuolo, la Municipalità e il Prefetto si recarono alla cattedrale, la città fu pavesata a festa e tutte le botteghe rimasero chiuse in segno dell’universale gradimento. Nel dì anniversario dell’incoronazione imperiale erano d’obbligo un gran Te Deum, una gran parata, ed un gran ballo. Così, quando negli anni seguenti giunse la notizia delle vittorie di Eylau e di Friedland, di Madrid e di Ratisbona, guai a chi non avesse condiviso l’esaltazione del momento. E guai pure — il che costò maggior sacrificio — a chi nel novembre e dicembre del 1807 si fosse rifiutato di ospitare i soldati russi, che, per un singolare articolo del Trattato di Tilsit, erano venuti dalla Dalmazia a svernare nel Veneto. I cittadini dovettero allora ritirarsi in soffitta per dare il primo piano agli ospiti e la loro Chiesa d’Ognissanti, con gran pena della gente pia, venne destinata al culto russo. Per quel patto sostarono in Treviso — e si può immaginare con quali conseguenze — molte migliaia di soldati russi, che solo al principio del 1808 se ne partirono» A.A. MICHIELI, Storia di Treviso, Istituto Tipografico per i Comuni, Treviso,  1958, pp.  151-152..

Similmente alle dimostrazioni di gioia nei capoluoghi, analoghe esultanze avevano luogo anche nelle altre città e paesi soggetti alla medesima dominazione straniera, ove l’autorità politica imponeva il suono delle campane, funzioni religiose e canto del Te Deum.

Come è noto, dopo il tramonto della potenza napoleonica, si ricostituirono gli stati ed i regni eliminati dalla politica dell’Imperatore. Da noi fecero ritorno gli Austriaci. All’avvento nelle nostre terre del dominio austriaco (2-11-1813) la miseria regnava sovrana. La mortalità per inedia e pellagra era un fatto ricorrente tanto da destare la preoccupazione dello stesso dominatore che tentò di arginare il fenomeno, ma senza visibile risultato.

Veramente limitate si presentavano le risorse dei campi a causa dei precedenti numerosi passaggi di eserciti stranieri che inevitabilmente avevano causato distruzioni e miseria ovunque. A tali calamità erano da aggiungere quelle della natura, come il gelo, la grandine e la siccità. La popolazione pertanto versava in condizioni di estrema indigenza quando il governo austriaco iniziò la sua opprimente attività. I sudditi accusarono subito il peso della dominazione. Ogni atto che avesse lasciato trapelare sentimenti di ostilità o di malcelata insofferenza allarmava la polizia austriaca.

Quest’ultima, tutto e tutti sorvegliava in maniera capillare, specie il clero in ogni sua istituzione e movimento; addirittura controllava i conti consuntivi parrocchiali.

Diamo qui una documentazione, sia pure incompleta, di quanto accadde nel nostro territorio sotto il dominio asburgico.

Nel 1831, risultava vigilato il sacerdote don Giovanni Battista Trevisan di Ponzano.

Leggiamo dal Pesce: «Anche altri sacerdoti crearono noie alle ristabilite autorità politiche, come ‘Federico Bianchi, oriundo di Resana, cappellano a Paderno di Campagna, che passò esule in Toscana e che al ritorno fu arrestato in vista de’ suoi perversi principi politici e de’ suoi esaltamenti dimostrati nella passata rivoluzione; fu tradotto sotto scorta militare a Kufstein e, liberato dopo cinque mesi, ebbe dal governo la proibizione di esercitare la cura d’anime e l’insegnamento».

Ed ancora «in data 8 maggio 1861, il Bianchi si trovava nelle carceri di Olmiitz per l’imprudenza d’aver preso parte ad un passeggio che fu giudicato una pubblica dimostrazione». Inutile fu il tentativo di Sebastiano Soldati, vescovo di Treviso, di difendere don Bianchi.

Don Francesco Larese, parroco di Paderno, riconosciuto come sobillatore, fu legato per castigo ad un cannone al ritorno delle truppe nemiche e fu liberato per l’interposizione d’una signora del luogo, della quale non è noto il nome, che parlava tedescoL. PESCE, «La visita Pastorale di Sebastiano Soldati nella diocesi di Treviso (1832-1838)», Roma, Ediz. di Storia e Letteratura, 1975, pp. CII-CV.

La canonica di Paderno era segnalata alla polizia come ambiente di sentimenti liberali e perciò  sorvegliata.

Cfr. G.B. CERVELLINI, «II dramma Veneto», nelle lettere inedite di P.A. Paravia, Venezia, Prem. Off. Grafiche C. Ferrari, 1942.. Altri sacerdoti della diocesi risultavano ostili all’Austria e riconosciuti tali.

E sempre in relazione alla attenta vigilanza ecco lo stralcio di una segnalazione della Deputazione Comunale di Ponzano datata il 19 febbraio 1849 in evasione ad una Ordinanza del giorno 9 precedente:

  All’I.R. Commissariato Distrettuale
                        di TREVISO

Tre soli individui domiciliati in Comune sono tuttora assenti e sono:
1° Bianchi don Federico, Mansionario e Cappellano Curato di Paderno, il quale si allontanò nel giorno degli incendi delle vicine Ville di Villorba, Fontane e Lancenigo, recandosi presso la sua famiglia in Resana, e poscia dicesi a Ferrara, dove ha un fratello. Ch’egli sia ancora all’estero non si può con sicurezza asserirlo, ma è certo che più non si restituì in questo Comune.
2° Bernardi Giovanni di Paderno, arruolatosi per fame nei giorni del sovvertimento dell’ordine pubblico e che creassi ora in VeneziaEffettivamente Giovanni Bernardi fu Domenico, aveva sconfinato in territorio veneziano.  Egli si era arruolato quale volontario nella II Compagnia Zappatori del II Battaglione del Corpo dei Cacciatori del Sile,  reparto costituito il 20 aprile 1848 e noto anche con il nome di «Legione Trevigiana» che partecipò ai fatti di Cornuda, delle Castrette, alla difesa di Marghera,  di Venezia ed alla Battaglia della Cavanella.

Giovanni Bernardi cadde il 9 maggio 1849 nella difesa del Forte di Marghera. Il suo nome è inciso in una lapide del Palazzo dei Trecento in piazza Indipendenza a Treviso. .
3° Morellalo Francesco arruolatosi come sopra e che ritiensi a Venezia.
................

        Dalla Deputazione Comunale
    Ponzano, 12 febbraio 1849

II Deputato Politico Comunale (uomo di fiducia dell’I. R. Governo), in base ad una circolare riservata del 7 gennaio 1852 recante un elenco nominativo di religiosi politicamente sospetti, veniva invitato a vigilare sull’attività dei sacerdoti residenti od ospiti nel territorio delle tre frazioni.

Inoltre i parroci, i cappellani, i sacrestani e i fabbriceri d’ogni parrocchia dovevano essere bene accetti all’I.R. Governo Austriaco. Particolare sorveglianza veniva esercitata sugli esercizi pubblici in relazione ai clienti frequentatori.

Con la giustificazione di aggressioni serali e notturne, pattuglie militari sorvegliavano tutte le strade.

Poiché sin dal 1818-1821 avevano iniziato a diffondersi i «movimenti insurrezionali» e le Società Segrete in molte zone della penisola ed i nomi di Mazzini e di Garibaldi andavano acquistando popolarità, il governo austriaco, insospettito ed allarmato, manteneva una rete spionistica molto efficiente e ben pagata.

Ogni Deputato Politico doveva porre particolare attenzione all’attività sovversiva predisponendo pedinamenti per gli individui sospetti, controllando la stampa, cercando di reperire quella clandestina (opuscoli, libretti e pubblicazioni di sentimenti antiaustriaci), sia essa italiana che estera. Gli autori più noti risultavano il Mazzini, il Foscolo ed il Guerrazzi. Si diffidava di qualsiasi forestiero che soggiornasse, sia pure temporaneamente, presso esercizi pubblici o famiglie privatele anche dei questuanti casuali, perché ritenuti emissari dei grandi agitatori per l’Unità d’Italia. Una situazione di questo tipo si instaurò pure nel nostro Comune. In data 27 marzo 1853, dal Comando di Polizia di Treviso, venne indirizzata al Deputato Politico di Ponzano, la seguente lettera:

•Nr. 348 - P.V
        Al Sig. Marco Marchi
          Deputalo Politico di
    PONZANO

Dev’essere ritornato in questi ultimi tempi il Prof. Paravia. Dietro ordini Superiori accennati nella ordinanza 25 con. nr. 167 - P.V. e dell’imperiale regio comando militare di città interessa la compiacenza del Sig.  Deputato Politico ad attivare la già altre volte raccomandata sorveglianza e parteciparmene il risultato.

Firmato: II Commissario Menini

Si trattava dell’illustre Prof. Pier Alessandro Paravia che ogni anno ritornava per trascorrere le vacanze nella sua villa di PadernoV.  «Villa Serena»  nel capitolo «Le ville del no- stro Comune»  ed il capitolo «Persone da ricordare»..

Il professore proveniva da Torino, cioè dal Regno di Piemonte, avverso all’Austria, ove insegnava in quella Università. Nel carteggio non è stata rintracciata copia della risposta del Deputato Politico Marco Marchi.

E’ stato invece rintracciato un disgustoso documento in cui viene nominato un abitante di Paderno che in una bettola si dichiarava spia ai danni del citato professore. Ed ancora un’altra lettera, a conferma della assidua, spieiata vigilanza che il dominatore esercitava:

Nr. 33 Riservatissimo
Al signor Baldasso Andrea
      Deputato Politico di
      PONZANO

Per disposizione del Comando Superiore d’Armata abbassato del 23 con. DD 338/p.r. è necessario a questo ufficio di aver cott’ordinario venturo un Elenco di tutti quegli individui non militari, dai 20 ai 25 anni, che avessero appartenuto alla banda di Garibaldi.

Dell’esattezza di tale Elenco, e del riscontro, anche se negativo, è Ella responsabile personalmente.

Raccomandasi la massima riservatezza. 

Dal R. Commissariato Distrettuale

Treviso, li 25 settembre 1849

II R. Commissario
(firma illeggibile)

La risposta fu la seguente:

Nr. 450
        All’I.R. Commissariato Dipartimentale di
TREVISO

Tra gli individui restituiti al’Comune e che hanno servito il governo rivoluzionario di Venezia, nessuno apparteneva alla Banda di Garibaldi, ma siccome occorreva .assumere positive informazioni in proposito, il sottoscritto non a potuto prima d’ora evadere la ossequiata Ordinanza 25 con. nr. 331 p.r. di Cotesto Rispettato I.R. Commissariato Dipartimentale.

Ciò sia a risposta dell’ordinanza medesima e giustificazione del ritardo.

Dalla Deputazione Comunale di Ponzano il 30 settembre 1849.

Altro documento:

Nr. 25   Nr. 5 - p.v.
  Treviso, 24 febbraio 1852
Al sig. Deputato Politico di
  PONZANO

Le trascrivo sig. Deputato, un’ordinanza del 23 corrente nr. 121 - p.v. di questo I.R. Comando Militare di città che prescrive non doversi più oltre tollerare l’abuso dei Capelli detti alla Garibaldi od all’Emani.

Ella quindi emetterà la più conveniente disposizione onde, gli ordini ‘Superiori riportino il loro effetto, avvertendola che, nell’evenienza di qualunque caso, io non potrei dispensarmi dal richiamarla a rispondere sulla inosservanza della presente.

L’Eccelso I.R. Governo Militare, mi fa conoscere con ossequiato suo decreto nr. 609 del 20 corrente che taluni tuttora si permettono a portare i Capelli alla Garibaldi o all’Emani.

Benché in generale non avvi motivo a ritenere che ciò avvenga per malizia ma piut- tosto per viste di comodo e di usanza, tuttavia è espresso volere dell’Eccelso I.R. Governo che li relativi ordini siano scrupolosamente da ognuno operati a che il contravventore sia per malizia, sia per inavvertenza, venga sottoposto atta meritata punizione.

E’ perciò che incarico codesto R. Commissariato Distrettuale di sorvegliare, onde l’abuso rimarcato non abbia a rinnovarsi e perché si proceda senz’altro contro qualsiasi disprezzatore delle leggi in proposito emanate. Della presente attendo sollecito riscontro con cenno della data disposizione.

p. il R. Commissario
firmato: S. Franceschin

II riscontro del Deputato Politico non è stato rintracciato. Dalla mancanza piuttosto ricorrente, nell’enorme carteggio archiviato, delle risposte che il Deputato Politico inviava alla Superiorità, si può dedurre che questi, quasi sicuramente, rispondeva per vie non ufficiali per non lasciar traccia del proprio operato. E’ abbastanza comprensibile quindi che il compito del Deputato Politico fosse ingrato, dovendo egli riferire sempre sotto la propria responsabilità di qualsiasi novità che potesse essere dannosa all’I.R. Governo.

Il Deputato Politico vigilava inoltre sulla vita privata del popolo e indicava i nominativi di coloro che non conducevano vita regolare, costumata e seria.

Gli elementi inquieti, sospetti o riconosciuti di sentimenti contrari, venivano segnalati e proposti per il ricovero nella Casa di Correzione di Venezia quali soggetti pericolosi o costretti ad un arruolamento forzato ed inviati in paesi lontani dalla terra italiana.

Il Deputato Politico interveniva anche in base a segnalazioni dei parroci, qualora vi fossero stati elementi che avessero dimostrato scarso zelo religioso, esaminando il caso, interrogando il contravventore e decidendo in merito. La sua autorità era dunque superiore a quella dello stesso parroco I Deputati Politici di Ponzano sono citati nel capi- tolo «Autorità Comunali di Ponzano Veneto». . Le requisizioni di raccolti e di animali erano all’ordine del giorno, anche se si susseguivano anni difficili per l’agricoltura, specie nell’alto trevigiano; basti leggere la seguente circolare che don Sante Bonato, Vicario Foraneo di Quinto, indirizzò a tutti i parroci della Forania:

    Al parroco di
MERLENGO

Rev. Signore, 

Fece noto l’infrascritto al Ven./le nostro Prelato per la sua parrocchia e per le altre di questa Forania le sventure che accompagna- rono l’anno p.° p.° e minacciano il presente, cioè requisizioni di animali, di generi d’ogni sorta, imposte e sovrimposte esorbitanti, scarsissimo il raccolto di frumento così pure di granoturco, di cinquantino, niente d’uva: che per questo gli artigiani furono privi di lavoro e lo sono tuttora, i poveri non trovano chi lor somministri qualche mezzo di procurarsi il pane; che mancano gli ortaggi, i cibi magri sono pochissimi, insalubri, di caro prezzo e che non v’è danaro per acquistarli, dimandando che possa alle singole parrocchie permesso, nella corrente quaresima di cibarsi nel mez- zogiorno e nella sera di latticini. Ecco la risposta avuta in questo momento:

«Concedesi a petizione del Molto Reverendo signor Don Sante Bonato Arciprete di Paese e Vicario Foraneo di Quinto, che finché sussistano i bisogni annunziati e non oltre, possano tutti gli abitanti nella Congregazione di Quinto venire autorizzati dal Parroco rispettivo a cibarsi nella colazione serotina di latticini, di formaggi, di qualche uovo, ofrendo al Signore in compenso della mitezza usata la recita divota d’una terza parte del Rosario».

Le serva tutto questo di sua norma ed accolga i sentimenti veraci della più sentita estimazione con cui si professa

di Vostra Signoria Reverendissima
af./mo dev./mo
      Sante Sonato
    Vicario Foraneo

Paese, 24 febbraio 1849Archivio Parrocchiale di Merlengo.
Don Sante Sonato (1807-1871 fu arciprete di Paese (1836-1871) e Vicario Foraneo. Fu nominato Canonico del Duomo di Treviso nel 1863.
.


E’ il caso di citare qui un ulteriore fatto da cui si può comprendere meglio la mentalità dei dominatori. Un giovane, nel caso di diserzione, avrebbe compromesso la libertà del padre ed un altro giovane del paese doveva rimpiazzare obbligatoriamente il disertore. Ecco la segnalazione della Deputazione Comunale:

Nr. 70
All’I. R. Commissariato Dipartimentale
      di TREVISO

La Deputazione Comunale di Ponzano trovando che persista il bisogno di far arrestare Antonio Pavan di Merlengo, padre del non presentatosi soldato Luigi, questa mattina dalla Squadra di Spresiano fu come ostaggio arrestato, e ciò perché il di lui figlio trovandosi nelle vicinanze di Noale (per quanto conoscesi) si dia premura di restituirsi al Corpo, sollevando perciò il di lui proprio padre nonché il coscritto che per esso dovette soccombere.

Ponzano, 22 febbraio 1849

Nonostante questa intensa vigilanza i sentimenti patriottici erano continuamente alimentati e sostenuti dalla intensa propaganda clandestina, tanto che nel 1865 si manifestò in maniera accentuata il fenomeno del fuoruscitismo, presagio della cacciata degli austriaci, avvenuta nel successivo 1866.

Altri ricordi del dominio austriaco

Gli anziani hanno conservato memoria d’un transito dell’Imperatore d’Austria e del suo seguito per la Postumia.

I contadini   che lavoravano nei   campi fiancheggianti detta strada, nell’udire il suono delle trombe che annunciava il passaggio di Sua Maestà Imperiale Regia Apostolica Francesco Giuseppe, sospesero l’attività, si scoprirono il capo e si inginocchiarono!

II compleanno e l’onomastico dell’Imperatore venivano festeggiati con la celebrazione della Messa Solenne e con il canto del «Te Deum»:  tutta la popolazione doveva presenziare con la massima devozione.

All’annuncio ufficiale dello stato di gravidanza dell’Imperatrice, veniva rivolta a Dio preghiera collettiva presso le chiese parrocchiali per impetrare il felice esito.

A parto avvenuto, altra cerimonia con Messa Solenne e canto del «Te Deum».

Di ogni avvenimento, lieto o triste, della Casa Regnante il popolo doveva essere partecipe.

Inoltre nella corrispondenza epistolare tra là Deputazione Comunale e gli Enti Superiori austriaci si nota l’uso di aggettivi palesemente peccanti di eccessivo servilismo come: aulico, eccelso, ossequiato, tutti termini molto graditi dagli uffici destinatari. In questa atmosfera umiliante erano costretti a vivere, in quegli anni difficili, i nostri vecchi.


Note:

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