Dal Diario Di Guerra Di Giuseppe Santon

Prigioniero In Ungheria

Da Luglio 1916 Fino Ad Agosto 1917

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Da qui un’ora e mezza di cammino e si arriva a destinazione presso un grosso signore che aveva un amministratore della campagna ed altri fattori, ma essendo questi andati in guerra, vengono sostituiti da prigionieri russi e italiani, circa 200 russi, 60 italiani più donne, bambini e vecchi dei loro. Qui non si vede che pianura, è tutto molto vasto e di un unico padrone con un numero sterminato di cavalli, maiali, oche, galline, aratri, carri e tutto sembra un reggimento di artiglieria da campagna. Per quanto riguarda il mangiare, non c’è male: 4 volte alla settimana brodo con patate e carne di pecora, 2 volte fagioli e patate mattina e sera, tè con rum alle 8 del mattino, una fettina di lardo e un chilo di pane al giorno, non è troppo lavorando 16 ore, ma può bastare.
Io non lavoro ad ora, devo sorvegliare e comandare gli italiani, avendo modo di farmi capire parlando tedesco e spiegando loro quello che veniva ordinato, io non sto male, è più faticoso segare frumento, avena, orzo e fare “megioni”. (covoni).

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Il 25 luglio capita un brutto episodio, perché i nostri uomini, essendo rimasti senza pane, non vogliono lavorare. Allora vado a chiamare un soldato austriaco che li mette in riga e siccome non vogliono lavorare, comincia a bastonarli, poi viene verso di me con la rivoltella, me la punta, poi la rivolta e con l’impugnatura mi dà una botta prendendomi tra la mascella sinistra e la spalla

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gettandomi a terra. Continua a bastonare tutti, in particolare un certo Folli Giuseppe viene preso a bastonate, schiaffi, pugni e lasciato per terra mezzo morto, mentre tutti tremano come foglie.
Poi ci dice: “Al lavoro!!” compreso quello che ha preso tante legnate, il giorno dopo ha una terribile febbre, ma poi è guarito. Il soldato austriaco mi chiede scusa, perché io non c’entravo niente e dice che non sapeva quello che faceva, perché arrabbiato.

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Poi il pane è arrivato e nessuno si lagna più. Qui si prendono 3 corone alla settimana e rimaniamo fino al 31 luglio, quando arriva un telegramma che annuncia la partenza per Szentes.
Per arrivare lì un’ora di treno, alle 5 ci vengono a prendere carretti trainati da cavalli e ci mettono a lavorare fuori città con le macchine per il frumento. Si mangia benissimo e prendiamo una corona al giorno e qui tocca lavorare anche a me.
Il 13 agosto il macchinista che parla tedesco, qui parlano ungherese e non capiscono nulla in tedesco, almeno che uno non abbia fatto il soldato in Austria, mi invita a pranzo a casa sua a Szentes. Il 20 agosto termina il lavoro a Szentes, riuniscono 20 italiani e ci mandano il 22 agosto dal solito padrone a Gàdoros. La situazione non è più la stessa, né per il mangiare, né per il tabacco e i fiammiferi.

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Non si trovano più, neanche in città. Qui ci sono 4 macchine che lavorano dal 15 luglio dalle 3 fino alle 9 di sera e andranno avanti si pensa fino al 15 settembre, da questo si può immaginare la vastità di questa campagna. Ma noi non lavoriamo alle macchine, lavoriamo nei campi, tagliamo e carichiamo granturco pari a 20 campi.
Qui, essendoci pochi uomini, lavoro anch’io, oggi 31 agosto sono in riposo, perché ho i piedi in carne viva dal sudore e sono qui che penso alla mia famiglia, alla mia casa e divento pazzo essendo tanto e tanto stanco di questa vita e di questi brutti t…? Domenica giorno 3 si cambia fattore.
Non siamo partiti, rimaniamo tutti sotto lo stesso padrone, un uomo feroce dal cuore di tigre che sentito che alcuni russi parlavano male della guerra, li chiama e comincia a bastonarli ferocemente: pugni, schiaffi, colpi di rivoltella.

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Durante la notte tanti scappano, così la mattina dopo il padrone sfoga ancora la sua rabbia con pugni, schiaffi e colpi con il calcio del fucile dicendo di stare attenti, perché è lui che comanda!
Cose da piangere e da gran spavento!!
Dal 4 al 9 abbiamo fatto le punture a 2000 maiali, fra grandi e piccoli, le macchine del frumento continuano a lavorare, oggi 10 settembre è festa e si pensa alla pace e alla famiglia.
Oggi mangiato abbastanza bene con carne di maiale.
Poi si prosegue sempre con la stessa musica: raccogliendo granturco per tutto settembre e fino alla metà di ottobre. Con il primo di ottobre mi hanno messo ad aiutare il cuoco e portare la colazione agli uomini. Dalla metà di ottobre si raccolgono le barbabietole, ma io rimango al mio posto.
Il 13 novembre 1916 si parte da Gàdoros alle 2 pomeridiane per Oroshaza

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Lì tutti ci guardano perché siamo senza scarpe , scalzi, fasciati con dei cenci di sacco, entrati nella baracca di ricovero ci danno le scarpe a tutti fatte di legno. Poi ci hanno fatto una bella accoglienza mettendoci a dormire abbastanza bene, la mattina al lavoro.
Ma la situazione è differente da dove eravamo prima, prima di lavorare si prende il tè con il pane, 240 gr., a mezzogiorno e sera la gavetta piena.
Ma la più grande consolazione è stata quella di trovare dei signori italiani, chiamati uno Livio e l’altro Luigi tutti di Verona rimasti qui da lungo tempo.
La sera del 14, tornati dal lavoro, ci invitano a casa loro offrendoci vino in quantità e così possiamo raccontare le nostre sventure.

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Questa brava gente, siccome noi siamo prigionieri e non possiamo uscire sempre liberamente, ci portano loro nella baracca del pane, pollo, vino e anche del tabacco.
Pur essendo prigionieri riusciamo lo stesso ad andare a casa loro per mangiare in allegria sentendoci come a casa nostra, ci portano anche in un’osteria e lì beviamo vino a volontà.

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Queste persone fanno i negozianti e fanno di tutto per farci assumere sotto di loro, non solo, ma ci portano le sigarette, carne di maiale e tante cortesie. Veramente questa gente mille volte buona e civile considera quanto è dura la nostra prigionia e non ci fanno lavorare per nulla.

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Il signor Luigi ci invita di nuovo a casa sua e ci parla della situazione economica passata e di quella presente: come tutto è rincarato del 60% e come ci sia la carestia. Il tempo passa veloce, noi lo salutiamo ringraziandolo, ma il cuore di costui ci invita nuovamente per la prossima sera.
Fra noi tre veneti, uno di Verona, uno di Vicenza e uno di Treviso, c’è grande affiatamento, siamo sempre assieme come tre fratelli, dividiamo anche il mangiare.
La domenica 26 novembre i signori Perbellini Luigi detto Boracia e il signor Silvio sono venuti a salutarci nella baracca e ci hanno chiesto della nostra salute.
In questo periodo arrivano pacchi da casa per quello di Verona, in uno ci sono due sigari toscani e un salame, un sigaro lo regala al signor Bernardeli e questo gli dà due corone, l’altro sigaro e il salame lo dà al signor Perbellini Luigi che in cambio gli dà un colombino arrosto con delle focacce piccole fatte a forma di dolci e poi delle bellissime mele.

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Alla fine io e il mio compagno Facci abbiamo mangiato di gusto tutte queste buone cose offerte dal buon cuore di questi signori che fanno tanto per noi come se fossimo i loro figli.
In questi giorni, da un soldato che parla un po’ l’italiano abbiamo saputo del nostro fronte:
Gorizia fu presa dagli italiani fin dall’agosto del 1916 .
Non tutti raccontano così liberamente, anzi ci guardano di malocchio a noi soldati italiani ed è sempre difficile sapere qualcosa. Però quando vincono loro si fanno sentire, mentre quando perdono non si sente nulla e hanno una grande superbia, perché dicono che loro sono bravi soldati. Quando catturano cento prigionieri, il loro giornale ne scrive quattrocento e tutti ci credono come se li avessero contati.

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Il 27 novembre il loro giornale parlava di un attacco a Gorizia e poi non diceva altro, si vede che le avranno prese… Qui si vedono treni con soldati giovani e vecchi che partono con grandi mazzi di fiori in mano, sul berretto, sul fucile e noi diciamo quelli sono i fiori della morte.
Voi non crederete, ma ci sono soldati con una gobba da cammello e ci vorrebbero due bastoni , uno per mano e non zaino e fucile. Vecchi , vecchi, hanno più di sessant’anni e fanno proprio compassione. Poi ci sono bambini di diciassette, diciotto anni che sembra ne abbiano dodici, altri senza due o tre dita, altri zoppi, altri con una gamba di legno e fanno i soldati lo stesso.
Qui sembra che tutti i maschi nascano con il berretto da soldato, infatti non si vede un bambino che non abbia il berretto da soldato. E tutti credono a quello che dicono i giornali, credono a tutte quelle bugie e vedono che sempre ci sono morti in tutte le famiglie, nelle stazioni si vedono soldati che partono, donne, vecchi, bambini che piangono la partenza dei loro cari.
E quelli che sono destinati al fronte italiano sono morti ancora prima di raggiungerlo.

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Qui dicono che sul fronte italiano c’è il 90% fra morti e feriti, mentre negli altri fronti si arriva al 30%. L’artiglieria è quella che provoca maggiori disastri, infatti è tutta una pioggia di granate.
Essendo in questa stazione di Oroshaza, sentiamo e vediamo più cose. Il nostro lavoro è di facchinaggio e di cantonieri sulle linee ferroviarie. Non è un lavoro di grande fatica, la paga è di 30 centesimi al giorno, per quanto riguarda il mangiare: ogni mattina il tè, ma non di buona qualità, poi a mezzogiorno fagioli e patate per quattro volte la settimana, gli altri tre giorni verze condite con strutto, alla sera cinque volte patate, le altre due sere pasta fatta a mano non di prima qualità con patate. Il giovedì e la domenica le verze sono condite con le ossa di maiale e poca carne.
La festa non si lavora, pensiamo alla pulizia e alla nostra cara famiglia. Noi qui abbiamo un buonissimo ingegnere che passa ore in nostra compagnia nella baracca, domandandoci delle nostre mamme, delle nostre sorelle e della famiglia.

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Ci dà due cartoline al mese per scrivere a casa e lui stesso si incarica di spedirle. Fa di tutto per fare in fretta, infatti dobbiamo far arrivare il vestiario da casa, perché oggi 9 dicembre abbiamo tanto freddo.
La nostra bella e brava Italia si è ben organizzata in comitati e in sezioni di Croce rosse che ci fanno arrivare del buon pane, cosa che nessuno dei russi, dei serbi o dei rumeni ha avuto, ma loro hanno ricevuto solo vestiti e tabacco. Qui non si trova un sigaro e quello che si fuma è di contrabbando. Qui non si parla di pace, anche se tutti la desiderano.
Ora sospendo il mio scritto pensando alla famiglia e recandomi a dormire in poca paglia e forse mischiata con certe bestioline poco piacevoli. Ma il coraggio non manca essendo già abituato a condizioni peggiori di questa e così la sera mi rilasso dando la buonanotte con il pensiero a tutti i miei conoscenti e alla mia famiglia.

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Racconto ciò che è accaduto il 29 novembre: i signori Perbellini per tutti e venti gli italiani qui a Oroshaza hanno portato tacchini e pollo arrosto, polenta e vino benché costi £ 5 al litro, quindi un tacchino costerà almeno 20 lire, i polli altre dodici lire e la polenta 6 lire e infine la legna 12 lire al quintale. Veramente ci considerano loro figli!! Ci danno sempre coraggio, anche se li facciamo piangere per la compassione. E si spera sempre nella pace senza tuttavia saperne nulla.

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Certamente voi genitori sareste più tranquilli se sapeste che ci sono queste brave persone che pensano a noi e che non possono fare di più di quello che fanno. Vorrei essere al fronte con i miei fratelli (italiani) e battermi ferocemente contro questa selvatica nazione. Coraggio fate voi per me, io non posso fare che questo e non ho neanche più notizie della mia famiglia, per fortuna ci sono questi signori di cui ho parlato prima con i quali il tempo passa in fretta e un’ora è come un minuto.
Domenica 3 dicembre i giornali parlano di una grande avanzata sulla Romania con vittoria per questi (Ungheresi) facendo settantamila prigionieri. Del fronte italiano si parla sempre poco.
Da qui partono diversi treni di soldati, ma non vanno molto volentieri, quelli che tornano dicono che il fronte italiano è terribile, specialmente i nostri cannoni sono precisi e devastanti.
La vita qui a Oroshaza continua sempre abbastanza bene, con lo stesso lavoro e lo stesso mangiare, i sig. Perbellini sono sempre tanto gentili, al punto che hanno portato in regalo un pollo anche al nostro sorvegliante che è un uomo di qua, perché ci tratti bene, ma quest’uomo merita soltanto legnate e maledizioni, perché ci tratta male chiamandoci “cani, maiali e vagabondi”.

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Il 13 dicembre i giornali parlano di trattative di pace e questo fino al 20, intanto qui sono disperati, perché non c’è niente da mangiare. Il 21 sera il sig. Perbellini ci ha portato una scatola di sigarette, il 24 mattina invece è venuto ad invitarci a pranzo a casa sua, ma noi l’abbiamo avvertito che , nonostante fosse domenica, dovevamo scaricare 18 vagoni di mattoni e che saremo andati la sera.
Ma dopo un’ora e mezza sono arrivati focaccia, salame e sigarette da parte della padrona di questi signori Perbellini, un’italiana anche lei, una grandissima signora.

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Abbiamo lavorato fino alle 8 di sera e siamo tornati in baracca con il treno alle nove di sera senza poter andare a cena dai signori Perbellini. Il 24 e il 25 dicembre il sig. Angelo Perbellini ha portato da mangiare ad un italiano che non sta bene, ha la febbre, un mangiare da ammalati come minestra, carne e panini fatti con cose molto sostanziose e anche per questo dobbiamo ringraziare tanto. Siamo invitati dai Sig. Luigi, Silvio e Angelo Perbellini il giorno di Natale e anche di S. Stefano, abbiamo mangiato minestra, pollo, pane buono, pastine di diverse qualità, frutta in conserva, ciliegie, noci, vino e ci hanno regalato un pacco di tabacco.
Tutti loro non vogliono neanche sentire la parola grazie e noi non possiamo certamente contraccambiare!

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ANNO 1917

Così abbiamo passato delle buone feste sempre grazie alla famiglia Perbellini. Il 28 dicembre non si lavora , perché non c’è pane.
Il 30 danno la corona al nuovo re dandogli il nome di re della pace (Carlo I d’Asburgo successo a Francesco Giuseppe – Carlo IV d’Ungheria).
Il 1° gennaio 1917 ci fu regalata una gallina dal soldato Mosè Loio e quattro grani di sale: questa è la cena del 1° dell’anno e pensiamo sempre alla nostra famiglia e alla pace.

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Abbiamo un gran freddo, per fortuna ci hanno dato un paio di braghe, una giubba, un cappotto e scarpe rotte così ci ripariamo un po’. E sempre avanti, facendoci coraggio con la speranza di vedere ancora la nostra famiglia. Continuano le partenze, hanno chiamato quei poveri vecchi che fanno pena soltanto a guardarli!
Mandano al fronte proprio tutti , anche quelli senza denti, bisogna proprio che siano orbi per non partire!! Quelli che rimangono, li obbligano al lavoro con una misera paga, tutto è caro, poco pane, hanno 8 chili di frumento al mese. Dunque è proprio magra, anche noi prigionieri si sta a dieta, non occorre aglio per purga!!
La gente dice che devono firmare la pace per forza perché non c’è da mangiare e siccome occorrono uomini al fronte licenziano anche tanti impiegati in ferrovia che sarebbero necessari.

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Oggi 6 gennaio, giorno dell’Epifania, si lavora tutto il giorno. Dicono che hanno preso qualche batosta verso la Serbia e la Romania e la Francia e l’Italia pare che siano avanzate. Qui 7 gennaio sono arrabbiati e noi si fa festa, ci si deve lavare la biancheria.
Oggi nevica e l’appetito non manca.
Prima di dare la corona al nuovo re si parlava di pace, ora invece non se ne parla più.
Mandano alla guerra persino i vecchi nonni e i bambini che quest’anno compiono diciott’anni
(ragazzi del ’99) e io sono in pensiero per la mia bella Italia, speriamo che non sia in una situazione così terribile!. Ora ricevo notizie.
Oggi 4 febbraio nevica ancora, è dal 12 gennaio che nevica sempre, la neve è alta un 20 cm.(?).

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La RAI a scuola - anni '50 - Iris Sbeghen al microfono

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Fa un gran freddo e si deve lavorare lo stesso 8 ore e mezza, non è di gran fatica, ma abbiamo sempre i piedi bagnati a causa delle scarpe rotte, scarpe non ne hanno nemmeno gli ungheresi, i loro soldati hanno scarpe di legno, oppure le scarpe di cuoio e la suola di legno, oppure scarpe di legno sotto e sopra di paglia. Si dice che entrerà in guerra anche l’America e la Svizzera contro questi (Impero Austro-Ungarico). Si vedono partire coscritti di anni 18 che sembrano bambini, tanti cantano, ma le loro mamme piangono. Insomma sono proprio in condizioni estreme e hanno la speranza come ce l’abbiamo noi che in maggiogiugno abbia da cessare questa tremenda guerra che sarà ricordata da tutti.
Mangiamo fagioli a mezzogiorno e la sera patate, 42 gr. di pane nero come la farina di frumento “matto”. Se salverò la mia pelle dirò che ho fatto di tutto e ho provato sofferenze di ogni tipo che si possa immaginare su questa terra.

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Il 5 febbraio si dice che l’America è sul punto di entrare in guerra contro la Germania.-
In questi giorni il freddo tocca punte di gran gelo: 17° sotto lo zero, 23° sotto zero fino a 28° s. z. e bisogna lavorare lo stesso per sgombrare le rotaie, altrimenti i treni non possono proseguire.
Ci portano da Oroshaza a Szarvas, 42 Km. per lavorare.
Si dorme per terra, il freddo è tremendo, ti taglia il viso, in vita mia non ho mai sofferto così tanto il freddo, nella baracca ci sono due stufe, ma non sono sufficienti.

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Si dorme la prima parte della notte e poi si trema, sono come un pezzo di ghiaccio grossissimo. Siamo tornati il 10 febbraio, ma abbiamo lavorato senza mangiare, perché il treno che ci doveva riprendere non arrivava per via della neve, quando ci hanno dato il cibo non si poteva mangiare perché c’erano 3 dita di ghiaccio e neppure il pane si poteva mangiare. Dicono che combattono forte sul fronte italiano e che in tutti i fronti, specialmente in Galizia, muoiono tanti soldati dal freddo e la stessa cosa si dice dell’America.
Si dice che un freddo così non veniva da dieci anni, ma che durò solo 4 giorni, non un mese come quest’anno!.

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I borghesi (i civili) stessi che hanno poco pane cominciano a maledire la guerra, di notte i soldati vanno a picchiare alle porte per chiedere pane, ma poco trovano.

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Il 20 febbraio, ultimo di carnevale, siamo invitati in casa Perbellini, ma siccome non ci fidiamo della nostra guardia decidiamo di accettare l’invito per la sera del 1° giorno di quaresima, il 21 febbraio.
Si parla di pace per agosto. Il 25 di febbraio a casa di Luigi e Angelo Perbellini si radunano altri italiani per parlare della situazione della guerra e sempre sperando di ritornare dalle nostre famiglie.

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Devo dire che per tutto febbraio mi sono consolato perché ho ricevuto diverse cartoline dalla mia famiglia e dalle quali ho saputo che stanno bene.
Il 3 marzo arrivano tristi notizie, perché si dice che l’Austria-Ungheria vuole per forza battere l’Italia e distruggerla come la Romania, schierando 4 milioni di uomini e sfondare l’Italia dalla parte del Piemonte e Costozza(?) e poi penetrare in Francia da quella parte e inoltre battere forte su tutto il fronte italiano. Per questo motivo sono preoccupato, speriamo che la nostra cara patria si possa salvare da questi cuori barbari.
Qui c’è una persona molto buona con noi prigionieri, è il nostro ingegnere che si occupa delle lettere, dei pacchi, dei maltrattamenti, sta con noi ore e ore nella festa e ci dà anche troppa libertà.

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Infatti si va e si viene dal lavoro senza guardia, possiamo andare a casa dei nostri amici italiani, non ci si può lagnare, altro che per il mangiare.
Il giorno 2 marzo che era domenica, siamo andati a comprare delle cose da donna, perché qui si fanno anche lavori da donna, come cucire, lavare e tante altre cosette.

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Il 6 marzo pioggia che porta via la neve, i giornali parlano di uno sbarco degli americani. Il 12 si capisce dai giornali che l’Italia ha effettuato una grande avanzata contro Trieste, ma gli ungheresi non dicono niente. Ho paura di morire di fame, perché le razioni di pane diminuiscono sempre.
Ci arrivano notizie riguardo alla nostra brava Croce Rossa che ci dovrebbe mandare il pane, ma io non ho ricevuto niente e ho il dubbio che gran numero di pacchi vengano rubati da persone affamate.

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Ma ecco che due ore più tardi mi viene recapitato un pacco di pane della Croce Rossa di Milano, spedito da Milano il 26 gennaio e ricevuto l’11 marzo. Non potete immaginare la mia felicità!
Il 15 marzo, avendo un gran raffreddore e facendomi male la testa, ho marcato visita e mi hanno dato 3 giorni di riposo e mi hanno prescritto 10 polverine da prendere prima di mangiare e quindi 3 al giorno.
Il 16 marzo era talmente freddo che i vetri delle case avevano sopra il gelo come fossero fatti di puro smalto. Me ne ricorderò sempre , se avrò fortuna di vivere.

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Il 17 marzo i giornali parlano di una grande rivoluzione in Russia e il “governo e stato costreto a farci fuoco contro se stesi rovinando delle città”, perché dicono che non hanno più da mangiare e vogliono che la guerra finisca e dicono che il governo russo ne ha impiccati molti dei capi rivoluzionari. Quello che ho scritto non so se sia vero, io so soltanto che c’è una gran fame e tutto costa molto caro.

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Non posso che dire bene del nostro ingegnere che si chiama Shtion (?) e questo ci fa arrivare ogni mese il danaro che ci spetta dal concentramento dei prigionieri che sarebbe la paga da soldato: 15 centesimi per i sergenti , caporali e caporal maggiori centesimi 30, sergenti e marescialli 60, ma il denaro qui non serve, perché non c’è nulla da comperare ed è tutto caro. Qui dicono che una lira italiana vale per uno e novanta di queste, qui i soldi sono di carta, argento pochissimi, meno ancora di nichel, d’oro nulla.
Il 19 febbraio mi mandano a 18 Km. da Oroshaza nella stazione di Csorvas per scaricare delle pietre con neve e freddo grandissimo. Il 20 febbraio ritorniamo a Csorvas per lavorare la terra che costeggia la ferrovia e concimarla con il letame, dopo loro passano con le macchine per ararla.
Noi 14 italiani piantiamo patate, fagioli e granoturco.
Dormiamo qui in una baracca, anche se entra aria da ogni fessura, non si sta male…

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…perché siamo senza guardia, ci danno 50 g. di lardo per colazione, ma poco pane, perché non ce n’è ed è di farina di granturco, non più di segala e facciamo 11 ore di lavoro.
Il 15 di febbraio ci danno le cartoline per scrivere a casa date dal nostro concentramento di Mauthausen. Il 25 febbraio e per due giorni si parla di una grande rivoluzione in Italia e poi non si sente più niente. Il 30(?) di febbraio , non avendo tabacco, lo chiese ad un borghese (civile) che melo procurò di contrabbando in foglie e l’ho pagato 20 corone al chilo.
Per tranquillizzare la mia famiglia e mia moglie il 1° aprile ho mandato una mia fotografia.
Oggi 8 aprile giorno di Pasqua sono i questa baracca senza alcuna consolazione, ma ringrazio Dio di aver ricevuto 4 pacchi e per oggi ho da mangiare.

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Essendo il giorno di Pasqua, ho comperato 8 uova a 26 cent. l’uno, in tutto 2 lire e 8 cent. e le ho trovate a forza di pregare qualche famiglia. Qui nonostante sia aprile è freddo e c’è tanto vento.
Maledicono il fronte italiano perché dicono che è il peggiore di tutti. Il 10 aprile partiamo in 14 prigionieri da Csorvas e viaggiando per 3 ore arriviamo Csabacsiid per coltivare un terreno di un km. di lunghezza e 600 m. di larghezza sempre con vangandini (?) tirati da somarelli.
Dicono che l’Italia sia avanzata di 20 km. e che i nostri alleati stanno facendo una grande offensiva su tutti i fronti. Sembra che veramente l’America si entrata in guerra.
Parlano di una ritirata dei tedeschi sul nostro fronte, la nostra fratellanza italiana li ha respinti, bravi. Qui ci sono soldati che hanno combattuto sul fronte italiano e dicono che è il peggiore per la moltitudine dei cannoni e delle granate.

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Dicono che gli Alleati avanzano su tutti i fronti, che i Francesi hanno fatto una grande offensiva e preso trenta mila prigionieri germanici.
Qui continuiamo a lavorare come bestie, abbiamo un capo cattivo, è un “fel vigias da segadin”(?) e lo ricorderò sempre, essendo questo anche un ebreo.

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Oggi 6 maggio 1917 comincia a fare caldo e poco da mangiare e siamo sempre nella speranza della pace

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Il 13 maggio non si parla più di pace, ma di una grande offensiva nel nostro fronte, più verso l’Isonzo con grande spargimento di sangue da entrambe le parti. Qui si parla delle dimissioni del 1°ministro Tizza(?).
Il 7 giugno tutti non fanno che parlare dei combattimenti sul fronte italiano, ma non si sa chi sia il vincitore. Sono 15 giorni che mi trovo a 42 Km. da Oroshaza in una stazione chiamata Szarvas dove stiamo facendo le fondamenta di un magazzino.

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Dicono che gli italiani sono andati all’attacco 13 volte in un giorno nell’Isonzo senza riuscire ad avanzare, i giornali ungheresi dicono che loro fanno sempre tanti prigionieri.
Fa un gran caldo e si continua a lavorare 10 ore. Dal 7 giugno, il 29 giorno di S. Pietro, dopo lungo tempo, ho ascoltato la messa. Non piove da più di tre mesi, qui fanno orzo tremendo, il frumento è …? un mese prima, granturco, patate e altro non ne fanno.

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Dal 29 giugno ai primi di luglio si parla di un’avanzata nella Bucovina. Dal 15 luglio si dice che i russi si ritirano e sempre più questi avanzano.
Il 6 di agosto accade un fatto molto grave: partiamo da Szarvas alle 2 del pomeriggio verso Mesoturco (Mësotúr) dove arriviamo alle 6, lì verso le 9 arriva il “fel vigias” con un litro di vino bianco e ci dice di andare all’osteria, poi ritorniamo in stazione, ma lì ci dice che il telefono non funziona e che il treno non è arrivato, sicché aspettando ci addormentiamo. Ma a mezzanotte sentiamo dire “andiamo a casa”. Noi al suo comando buttiamo la Aitan, cioè il carrello di sorveglianza per ingegneri ferroviari, sulle rotaie e partiamo, fra noi quattro c’era un russo ubriaco seduto davanti.

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A un km. da Mesuturco arriva il treno, allora prendo per il braccio il russo e lo getto giù dal fosso e poi ci buttiamo anche noi giù dal fosso, il treno travolge il carrello portandolo a duecento metri di distanza, il treno si ferma, il capomacchinista chiede se ci sono morti, ma fortunatamente non ce ne sono. Dopo aver raccolto i rottami si ritorna a Mesoturco e si riparte alle 9 in treno per Szarvas e lì il Fel figias ci dà istruzioni se siamo interrogati sull’accaduto. Oggi 15 di agosto non siamo ancora stati interrogati, ma noi non abbiamo nessuna colpa.
Si parla dell’entrata in guerra del Giappone, della Cina e certi dicono anche dell’Argentina, ma io non so se sia vero . Oggi giorno dell’Assunta a Szarvas ho ascoltato la messa per la mia cara famiglia e compagni che difendono la mia cara Italia. Oggi 15-8-1917.

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