Ponzano Paderno Merlengo - ieri e oggi
Giochi e divertimenti
I GIOCHI DEI RAGAZZI
Spontanea e peculiare è la propensione dei bambini e dei ragazzi al gioco, con il quale, inconsapevolmente, essi sviluppano fisico e psiche, come già accennato parlando dello sport.
Non tutti i giochi prevedono l'uso di giocattoli. Da sempre i bambini riescono a ricrearsi per mezzo di oggetti che agli adulti sembrano insignificanti od anche per mezzo di tecniche semplicissime a cui essi affiancano la loro fantasia creativa.
Sorprenderà forse sapere che nel passato esisteva un numero illimitato di giochi, talora adatti ad entrambi i sessi. Ricordiamo rapidamente i più conosciuti. Per le femminucce, le bambole (putìne), passatempo molto diffuso, avente anche l'incentivo ad eseguire i primi lavoretti ad ago; i sassetti, in numero di cinque, con i quali le piccole si esibivano in esercizi di abilità lanciandoli a circa quaranta o cinquanta centimetri di altezza ed afferrandoli prontamente nella caduta secondo figure di difficoltà crescente; la funicella, cioè il comune salto della corda, eseguito da un gruppetto di bambine, perciò, normalmente, gioco collettivo. La corda abbastanza lunga veniva manovrata da due figliole secondo un turno pre-stabilito; il pantoffo o pantocco o campanòn, che si svolgeva saltellando con un piede su uno schema tracciato sul terreno. Di quest'ultimo gioco una variante era costituito dall'uso della spàciara, piccolo sasso piatto che veniva sospinto con la punta del piede.
La bambina doveva reggersi e giocare con una sola gamba, tenendo l'altra sollevata da terra.
Pure diffuso era il passatempo del bìgoibàgoi: due bambine con le loro braccia incrociate ad X procedevano saltellando al ritmo della cantilena:
Pronunciata l'ultima parola eseguivano il dietro-front ripetendo la cantilena.
Per i maschietti ricordiamo le baéte de fragna (palline di terracotta o di vetro) con diversi schemi di gioco; le figurine (prelevate dalle scatole dei fiammiferi), i botòni (i bottoni), il serdo (il cerchio), il biscolò (l'altalena), el surlo (la trottola), le spedare (sassi piatti), i quattro cantoni, la bandiera, lo scondicucco (nascondino), l'orbartela (mosca cieca), la mòmola o saltamorèr (non esiste un termine corrispondente in lingua italiana), che consisteva nel saltare sulla schiena di un gruppo di ragazzi messi curvi in fila indiana, ogni ragazzo essendo avvinghiato fortemente a quello davanti: era un gioco rustico che impegnava ragazzi molto robusti e resistenti (Mussa vègno? Vien che te légno!). Si trattava di due squadre che si alternavano nei due ruoli, ognuna con un numero di giocatori eguale.
Meritano pure menzione il gioco del pito (lippa) o pindol, della s-ciaféta (Chi se sta?), dell'aquilone a primavera, degli ossi di pesca, dello s-ciopetìn. Quest'ultimo consisteva in un pezzo di ramo di sambuco privato del midollo ed in uno stantuffo di legno che premeva una pallina di stoppa: esercitando una pressione mediante lo stantuffo si faceva partire un'altra pallina pure di stoppa.
Altri giochi erano: i muciéti de sémola, qualcuno dei quali conteneva monetine, piccolo gioco basato sulla sorte; i pegni con le relative penitenze, ecc.
Abbiamo accennato ai principali giochi; ogni frazione del Comune ne aveva inoltre altri particolari che qui sarebbe piuttosto laborioso ricordare.
Infine nei mesi invernali i ragazzi si divertivano a slittare sul letto ghiacciato della Giavera, dei fossati e del Lavaggetto con le galòsse munite di chiodi a testa rotonda onde non incrinare lo specchio di ghiaccio e comunque per scivolare più agevolmente. Qualche battibecco accadeva sulla Giavera fra i ragazzi delle tre frazioni giacché i ponzanesi pretendevano di esserne i padroni in quanto il fiume scorreva nel loro territorio!
Da notare che quasi tutti i giochi venivano eseguiti all'aperto, all'aria e alla luce, e senza nessuna spesa.
Non tutti i giochi prevedono l'uso di giocattoli. Da sempre i bambini riescono a ricrearsi per mezzo di oggetti che agli adulti sembrano insignificanti od anche per mezzo di tecniche semplicissime a cui essi affiancano la loro fantasia creativa.
Sorprenderà forse sapere che nel passato esisteva un numero illimitato di giochi, talora adatti ad entrambi i sessi. Ricordiamo rapidamente i più conosciuti. Per le femminucce, le bambole (putìne), passatempo molto diffuso, avente anche l'incentivo ad eseguire i primi lavoretti ad ago; i sassetti, in numero di cinque, con i quali le piccole si esibivano in esercizi di abilità lanciandoli a circa quaranta o cinquanta centimetri di altezza ed afferrandoli prontamente nella caduta secondo figure di difficoltà crescente; la funicella, cioè il comune salto della corda, eseguito da un gruppetto di bambine, perciò, normalmente, gioco collettivo. La corda abbastanza lunga veniva manovrata da due figliole secondo un turno pre-stabilito; il pantoffo o pantocco o campanòn, che si svolgeva saltellando con un piede su uno schema tracciato sul terreno. Di quest'ultimo gioco una variante era costituito dall'uso della spàciara, piccolo sasso piatto che veniva sospinto con la punta del piede.
La bambina doveva reggersi e giocare con una sola gamba, tenendo l'altra sollevata da terra.
Pure diffuso era il passatempo del bìgoibàgoi: due bambine con le loro braccia incrociate ad X procedevano saltellando al ritmo della cantilena:
bìgoi-bàgoi, pan grata
ciòte a mussa e va al marca,
se el marca se fimo
ciòte a mussa e torna indrìo.
ciòte a mussa e va al marca,
se el marca se fimo
ciòte a mussa e torna indrìo.
Pronunciata l'ultima parola eseguivano il dietro-front ripetendo la cantilena.
Per i maschietti ricordiamo le baéte de fragna (palline di terracotta o di vetro) con diversi schemi di gioco; le figurine (prelevate dalle scatole dei fiammiferi), i botòni (i bottoni), il serdo (il cerchio), il biscolò (l'altalena), el surlo (la trottola), le spedare (sassi piatti), i quattro cantoni, la bandiera, lo scondicucco (nascondino), l'orbartela (mosca cieca), la mòmola o saltamorèr (non esiste un termine corrispondente in lingua italiana), che consisteva nel saltare sulla schiena di un gruppo di ragazzi messi curvi in fila indiana, ogni ragazzo essendo avvinghiato fortemente a quello davanti: era un gioco rustico che impegnava ragazzi molto robusti e resistenti (Mussa vègno? Vien che te légno!). Si trattava di due squadre che si alternavano nei due ruoli, ognuna con un numero di giocatori eguale.
Meritano pure menzione il gioco del pito (lippa) o pindol, della s-ciaféta (Chi se sta?), dell'aquilone a primavera, degli ossi di pesca, dello s-ciopetìn. Quest'ultimo consisteva in un pezzo di ramo di sambuco privato del midollo ed in uno stantuffo di legno che premeva una pallina di stoppa: esercitando una pressione mediante lo stantuffo si faceva partire un'altra pallina pure di stoppa.
Altri giochi erano: i muciéti de sémola, qualcuno dei quali conteneva monetine, piccolo gioco basato sulla sorte; i pegni con le relative penitenze, ecc.
Abbiamo accennato ai principali giochi; ogni frazione del Comune ne aveva inoltre altri particolari che qui sarebbe piuttosto laborioso ricordare.
Infine nei mesi invernali i ragazzi si divertivano a slittare sul letto ghiacciato della Giavera, dei fossati e del Lavaggetto con le galòsse munite di chiodi a testa rotonda onde non incrinare lo specchio di ghiaccio e comunque per scivolare più agevolmente. Qualche battibecco accadeva sulla Giavera fra i ragazzi delle tre frazioni giacché i ponzanesi pretendevano di esserne i padroni in quanto il fiume scorreva nel loro territorio!
Da notare che quasi tutti i giochi venivano eseguiti all'aperto, all'aria e alla luce, e senza nessuna spesa.
Copyright © 2001, 2018 - All Rights Reserved / Tutti i Diritti Riservati - Ponzano Veneto Com
Template by OS Templates