Ponzano Paderno Merlengo - ieri e oggi

LE CAMPANE

I fedeli godevano vivamente nell’udire il suono delle campane ed esigevano anzi che fossero suonate alla perfezione. Esisteva infatti uno spirito competitivo tra le parrocchie in questo campo e si gareggiava per trarre un concerto il più armonioso possibile. Le campane venivano tirate con funi robuste da uomini capaci e dotati di spiccato senso musicale; una certa bravura ed arte erano allora indispensabili per armonizzarle con gusto.

II suono particolare delle medesime annunciava di volta in volta ai paesani l’inizio delle funzioni «da vivo o da morto», l’Angelus, la morte di un bambino, o di un uomo, o di una donna, un matrimonio, una sagra, un incendio, ed anche le ore, nei campanili muniti di orologio.

Esso esortava i fedeli a radunarsi in chiesa oltre che per pregare anche per effettuare processioni propiziatorie o per innalzare ardenti suppliche comunitarie.

Una. iscrizione medioevale sulle campane diceva: «Vivos voco, morfuos piango, fulgure frango», cioè: chiamo i vivi, piango i morti, frango i fulmini. Era credenza infatti che suonando le campalne a distesa, le onde sonore disperdessero i temporali.

Le campane, specie nei paesetti di campagna, hanno sempre costituito una voce amica, una voce sincera, capace di scuotere l’animo tanto nelle circostanze felici quanto in quelle tristiEcco qualche notizia sulle campane. «Presso gli Ebrei fatti liberi nell’esercizio del proprio culto, si annunciavano le sacre funzioni per mezzo delle trombe levitiche. E nel Cristianesimo, uscito trionfante dalle persecuzioni, si introdussero le campane per chiamare i fedeli alla chiesa. Le campane, così denominate, o perché la Campania, provincia del regno di Napoli, fu la prima ad usarle, o perché il metallo di detto luogo fu trovato il più acconcio alla fusione di questi vasi metallici, la cui sonorità suole estendersi ai luoghi più lontani, rappresentano la predicazione degli Apostoli che, diffusa in tutti gli angoli della terra, chiamò tutti i popoli alla vera fede. Dall’autorità della chiesa viene disposto che ogni campana prima che si ponga sul campanile, venga benedetta secondo l’ordine per ciò stabilito. Questa benedizione non può darsi se non dal Vescovo o da un suo delegato. Questa cerimonia della benedizione o consacrazione è detta impropriamente battesimo, forse perché nel benedire le campane occorrono alcune cerimonie proprie del battesimo degli adulti com’è il recitare i Salmi, il lavar la campana con l’acqua benedetta, l’ungerla con l’Olio Santo degli infermi e col sacro Crisma, l’imporle il nome di un santo, senza dire della pratica di alcuni paesi di ammettervi anche i padrini, il che non è prescritto, ma tollerato». (G. RIVA, Manuale di Filotea, Libreria A. Pattaro, Treviso, 1901, p. 92)..


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