Ponzano Paderno Merlengo - ieri e oggi

I LAVORI INVERNALI DEI CONTADINI

Circolava un proverbio, tuttora valido e molto significativo, che ogni famiglia avveduta metteva in pratica: Chi non s’inzegna el fa la tégna. A questo scopo, quasi ogni casa disponeva di un bancone con morsa e vari attrezzi da falegname per costruire, senza tante pretese, oggetti rustici in legno: sedie, scranni, panche, rastrelli, pale, ecc. Si riparavano attrezzi rotti, si sostituivano quelli logori; con la saggina si fabbricavano scóe e scoàti (scope e scopetti) per uso familiare e per la vendita.

Ci riferiamo all’epoca in cui vigeva la mentalità patriarcale ed in cui ogni componente si prodigava per rendersi utile alla vita della famiglia.

Per gli agricoltori più laboriosi, sensa miseria, non esisteva mai un vero riposo; non stavano mai co e man in scarsèa (con le mani in tasca). Nell’inverno, tempo permettendo, badavano a curare pazientemente la campagna, a riordinare i filari dei gelsi e delle viti, a sistemare le siepi, eliminando le ramaglie inutili ed ingombranti; inoltre riparavano i sentieri (i trodhi), le cavedàgne, le strade campestri ed asportavano il fogliame secco. Nei mesi di gennaio e febbraio iniziavano la potatura delle viti, equipaggiati di forbice adatta e strèpe (salciòli), che servivano a legare i tralci al filo metallico che reggeva il filare (piantàda).

Gli operai che disponevano dell’orticello, durante il tempo libero si dedicavano alla sua pulizia, alla zappatura, alla concimazione e alla formazione delle gombine o vanède.

Quasi ogni famiglia aveva la sua piccola concimaia (corte) in cui il letame una volta maturato veniva utilizzato nell’orto o venduto ai contadini all’epoca dell’aratura.

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«Spola» e «coer»  o «coder»  fatto di corna di bue.  (coll. prof. E. Bellò)


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Un vecchio calesse (serèch) 


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