Ponzano Paderno Merlengo - ieri e oggi

VICENDE DAL 1866 AI NOSTRI GIORNI

L’euforìa per l’annessione al Regno d’Italia fu eccezionale e plebiscitaria anche nel nostro Comune.

Il capoluogo, Treviso, raggiunta l’unione alla Madre Patria, cercò di sollevarsi dallo stato di grigiore imposto dalla passata dominazione austriaca, durata circa 35 anni.

Nelle campagne, invece, ben poche innovazioni o miglioramenti si verificarono; la vita delle popolazioni non ebbe visibile sollievo; la pellagra, anziché diminuire, persistè e la disoccupazione rimase un grave problema.

L’apprezzabile tentativo compiuto dal governo italiano di migliorare la situazione nelle campagne istituendo i cosiddetti «Comizi Agrari», istituzioni pubbliche che avevano il compito di rendere più razionali i metodi di coltivazione e favorire l’istruzione degli agricoltori, fallì, purtroppo, in quanto i «Comizi Agrari» erano controllati dai grossi proprietari i quali badavano soltanto ad aumentare le rese dei loro terreni senza riguardo per gli interessi dei loro coloni. Nel frattempo per il nuovo Regno d’Italia gravi vicende si susseguivano.

Nel 1895-1896 ebbe luogo la sfortunata campagna d’Abissinia contro il Negus Menelick che aggravò la situazione generale.

Un gravissimo fatto avvenne il 29 luglio 1900. L’anarchico Gaetano Bresci, giunto appositamente dall’America, uccise a Monza re Umberto I, chiamato dal popolo «il Re buono». Il Comune partecipò vivamente al lutto nazionale con delibera del 2 agosto 1900 e con seduta pubblica del giorno 9 venne ricordata in maniera assai commovente là nobile figura del re assassinato.

Al trono salì il figlio Vittorio Emanuele III.

Altra guerra, ma con miglior fortuna della precedente, fu intrapresa dall’Italia in territorio africano, nella Tripolitania e Cirenaica, conosciuta comunemente con il nome di «guerra di Libia», contro i turco-arabi (1911-1912). Vari nostri paesani vi parteciparono, uno dei quali cadde in combattimento: Angelo Massolin di Paderno. Il lutto destò una certa impressione nel Comune.

Dopo la vittoriosa campagna di Libia si presentò, in un clima difficile, la guerra mondiale del 1914-1918. La situazione economica e politica era preoccupante; il popolo viveva compiendo grossi sacrifici e rinunce. Fra la gente dei campi continuarono a manifestarsi casi di pellagra dovuti anche alla carenza del sale comune. Poiché difettava persino la legna da ardere, tanto che le donne povere si adattavano a cercarla lungo le siepi, si giunse al punto di segare i platani delle strade: tale era il disagio di quell’epoca.

Il grande conflitto iniziò il 28 luglio 1914, ma l’Italia dichiarò guerra all’Austria solo il 24 maggio 1915.

Parecchie classi furono chiamate alle armi, praticamente tutti gli idonei al servizio. La loro partenza mise in serie difficoltà la vita delle rispettive famiglie.

Al lavoro dei campi badavano i vecchi, le donne ed i ragazzi.

Maggior disagio economico opprimeva le famiglie degli artigiani, degli operai e dei braccianti. Il sussidio che veniva ad esse corrisposto dallo Stato si palesava insufficiente a soddisfarne le necessità E’ qui doveroso ricordare l’opera svolta dall’indimenticabile Vescovo, mons. Andrea Giacinto Longhin, Servo di Dio, la cui causa di beatificazione si sta svolgendo nella Santa Sede, che con il suo grande spirito evangelico tutti confortava e che nelle terribili vicende della guerra mai si allontanò dal suo posto. Di ogni disagio egli si preoccupava e ne indicava la soluzione, specie quando gli Uffici Civili si trasferirono altrove. Tutti i parroci ubbidivano alla sua esortazione: stare vicini ai propri fedeli, assisterli in ogni difficoltà e aiutarli, distribuendo loro quanto giungeva dalla Croce Rossa Italiana, Americana e dal Vaticano. (Cfr. G. EROTTO, II Vescovo del Mantello e del Piave, Tip. Editrice Trevigiana 1969). ↩.

La situazione si aggravò in seguito alla sciagura di Caporetto che costrinse le genti del Friuli e del Piave ad emigrare verso le nostre terre La sventura di Caporetto risale all’ottobre 1917 allorché gli Austro-Ungarici, nella 12” battaglia dell’Isonzo, riuscirono nella manovra di aggiramento che obbligò le nostre armate a ritirarsi fino al Tagliamento e successivamente sulla linea del Grappa e del Piave.. Soldati fuggiaschi e demoralizzati vagavano per le strade e per le campagne in cerca di cibo e di ospitalità. Le famiglie degli agricoltori, che generosamente li accoglievano e li sfamavano, consentivano loro un po’ di riposo e di tregua. Questa desolante odissea ebbe termine con le drastiche disposizioni attuate dal governo e dalle leggi marziali che consentirono il recupero dei militari sbandati.

In vista della disperata difesa sul Piave vennero requisite anche nel territorio ponzanese ville, scuole e locali di case private per ospitare comandi militari, depositi di materiali e di vettovagliamento. Per le strade vi era un continuo passaggio di truppe appiedate, di bersaglieri ciclisti, di mezzi motorizzati, di cannoni trainati da cavalli, di reparti someggiati. Nelle campagne si costruirono trincee e casematte per appostarvi mitragliatrici e cannoni. Reparti destinati al combattimento sostavano attendati nei dintorni (fanteria, artiglieria campale e antiaerea, aerostieri con i pal- loni frenati, truppe inglesi). Nel ciclo avveni- vano duelli tra i caccia italiani ed austriaci.

Il prolungarsi della tormentosa guerra contribuiva a far vivere le famiglie in una angosciosa trepidazione. Crescevano i disagi, le malattie e le epidemie: fra queste ultime basti ricordare la micidiale «febbre spagnola» che nel 1918 mietè moltissime vittime anche nei nostri paesiNella guerra 1914-1918 furono preoccupanti i casi di colera, peste bubbonica, vaiolo, tifo esantematico (o petecchiale trasmesso dai pidocchi), meningite cerebro-spinale epidemica, malaria, tifo, tubercolosi, malattie intestinali diverse. Quella più ricordata però è la suddetta febbre spagnola. M. ALTARUI, Treviso combattente (la Marca trevigiana nella guerra 1915-1918), Ed. La Tipografica, Treviso, 1978, p. 35..

Il nostro popolo seguì con indicibile pena tutte le alterne vicende dell’immane conflitto. La propaganda iniziale, troppo ottimista, prevedeva una lotta breve, senonchè intervennero circostanze che prolungarono la sanguinosa guerra sino al 4 novembre 1918.

La conclusione fu determinata dalla strenua resistenza delle nostre eroiche truppe sul fiume Piave, ove il nemico sacrificò invano il resto delle sue risorse. E nel giorno dell’armistizio, le campane tutte, ch’erano rimaste a lungo nel silenzio, suonarono a festa. Ma un penoso bilancio di perdite umane causò lacrime senza fine in moltissime famiglie anche nelle nostre tre frazioni: Merlengo ebbe infatti 17 caduti, Paderno 26 e Ponzano 18V. allegato nr.  1: - elenco dei caduti di tutte le guerre d’ogni frazione, ed ancora gli allegati nr. 2, 3 e 4..

I reduci, tornati dalle sanguinose battaglie, trovarono una triste realtà in contrasto con tutte le promesse ricevute nelle trincee; la delusione pertanto fu completa e penosa, a causa anche della miseria e della disoccupazione, che finirono per turbare la pace raggiunta a prezzo di tanti sacrifici e sofferenze. Sorsero e si svilupparono allora varie ideologie politiche, sulle quali s’impose quella fascista, il cui governo tentò di risolvere il grave malessere che opprimeva la collettività nazionale.

Con la giustificazione dello sviluppo demografico e per il rincrudire della piaga della disoccupazione, il governo predetto decise la guerra d’Etiopia, iniziata il 3 ottobre 1935 e conclusa l’8-9 maggio 1936 vittoriosamente.

Alcuni figli del comune parteciparono alla predetta campagna.

La crisi sopra lamentata parve risolta. Notevolissimo fu l’impiego di imprese, di dirigenti e di operai nella nuova e vasta colonia abissina.

Nel medesimo anno 1936 scoppiò la guerra civile spagnola fra il governo repubblicano di tendenza social-comunista e il generale Francisco Franco, capo delle «falangi» nazionaliste, al quale i governi d’Italia e di Germania inviarono armi e volontari. Tale guerra durò oltre due anni e si concluse con la vittoria del generale Franco.

Nel 1939 si scatenò il secondo conflitto mondiale, determinato da vari contrasti internazionali. L’Italia si schierò a fianco della Germania, iniziando le operazioni il 10 giugno 1940.

Parecchi figli delle tre frazioni vennero inviati nei vari fronti di combattimento.

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Monumento ai Caduti di Ponzano

Il popolo seguì addolorato e con profonda apprensione lo svolgimento della guerra, presago della sua infelice conclusione.

Dopo l’armistizio, avvenuto il 3 settembre 1943, tra l’Italia e gli Alleati anglo-americani, e reso noto al popolo italiano l’8 settembre successivo, si verificò lo scioglimento del nostro esercito con il conseguente fenomeno, nei territori ancora occupati dalle truppe nazi-fasciste, dei militari sbandati, il cui numero maggiore era rappresentato dai meridionali, qui vaganti, smarriti, bisognosi di tutto ed impossibilitati di raggiungere le loro famiglie lontane.

In questa occasione si manifestò ancora una volta lo spirito di comprensione e di carità delle nostre popolazioni che si prodigarono generosamente ad assistere questi giovani in ogni loro necessità. Emerse pure in detta circostanza l’opera svolta in ogni Diocesi, attraverso i parroci e le organizzazioni parrocchiali, per mettere in corrispondenza le famiglie con i soldati sbandati o prigionieri nelle diverse parti del mondo tramite la Santa Sede, neutrale, e la Croce Rossa Internazionale.

L’anno 1944 conobbe la violenza distruttrice dei bombardamenti che non risparmiarono nemmeno Treviso. Tristemente memorabili furono quelli del 7 aprile e del 14 maggio.

A seguito delle citate incursioni, avvenne lo sfollamento della città, la cui popolazione in buona parte si diresse anche nei nostri paesi.

Queste località offrivano una discreta sicurezza e vari vantaggi: innanzi tutto erano relativamente vicine a Treviso, prive di obiettivi militari, di stabilimenti, di arterie stradali e ferroviarie importanti; infine non erano luogo di transito o di insediamento di truppe.

Anche questa volta i parroci svolsero opera feconda e benefica avvicinando i nuovi venuti, confortandoli, aiutandoli, orientando le premure maggiori verso i più bisognosi ed i più indifesi. Esortarono le famiglie del paese a capire le pene, la disperazione e le difficoltà degli sfollati ed a concedere loro generosa ospitalità.

Durante questo 1944 vennero effettuati rastrellamenti da parte dei militi fascisti e tedeschi per catturare giovani e soldati fuggiaschi; tra questi v’erano anche alcuni stranieri rifugiati presso famiglie dislocate nei casolati di campagna. In particolare venivano braccati gli elementi partigianiGiova qui ricordare gli avvenimenti verifica tisi nel 1943 per poter meglio capire la precedente situazione descritta: 10 luglio:  sbarco in Sicilia degli anglo-americani; — 25 luglio:  caduta del governo fascista, arresto di Mussolini e formazione del governo Badoglio; continuazione della guerra a fianco della Germania; — 3 settembre:  armistizio con gli alleati, reso pubblico solo il giorno 8 successivo, che provocò lo sbandamento del nostro esercito; — Costituzione dei «Comitati di Liberazione Nazionale» (C.L.N.); — 12 settembre:  i paracadutisti germanici liberano Mussolini prigioniero sul Gran Sasso e lo trasferiscono in Germania; — 23 settembre:  Mussolini torna in Italia, fonda la Repubblica Sociale Italiana e tenta di ricostituire un esercito per fiancheggiare la Germania; — sempre durante il mese di settembre si organizzano le formazioni partigiane in tutto il territorio non ancora occupato dagli anglo-americani; — 13 ottobre:  gli alleati entrano a Napoli; in pari data Badoglio dichiara guerra alla Germania ed inizia la cobelligeranza con gli eserciti alleati..

Nei primi mesi del 1945 si manifestò decisamente la preponderanza delle forze armate alleate sull’esercito tedesco che, pur non rassegnandosi alla sconfitta ormai imminente, batteva ovunque in ritirata contrastato dalle formazioni partigiane.

In data venti aprile di tale anno in Ponzano fu costituito il Comitato Provinciale di Liberazione Nazionale, in base ad un accordo tra il Partito d’Azione ed il Partito Comunista. Esso ebbe sede presso la casa Toffeletto.

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Monumento ai Caduti di Paderno

Citeremo qui un episodio di cui furono protagoniste le formazioni partigiane locali.

Dalla abitazione dei Gobbato, sede dei partigiani, il giorno 26 aprile, vigilia di San Liberale, alle 21,30 partirono due pattuglie. La prima aveva il compito di far brillare le mine presso il deposito di munizioni di Castagnole; la seconda avrebbe dovuto recuperare le armi automatiche abbandonate nella zona. Ebbe successo soltanto il lavoro della prima squadra che riuscì, verso mezzanotte, nel suo intento.

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Monumento ai Caduti di Merlengo

Il 27 avvenne il disarmo di «tutti i fascisti sospetti» a cui fu imposto il fermo. Nella stessa serata si effettuò lo spostamento della sede del comando partigiano da casa Gobbato a casa Piccioì. Nel frattempo il presidio tedesco (200 uòmini) era ancora attestato a villa Ricci a Paderno ed un altro contingente a Villorba.

Un tentativo di capitolazione proposto dai partigiani ai tedeschi fu seccamente respinto; segui una sparatoria con il ferimento di tre partigiani. Villa Ricci fu evacuata dai tedeschi il mattino del 29 e subito occupata dalle formazioni partigiane che presidiavano anche villa Pavan a Merlengo.

E’ in questa giornata che si ebbero i combattimenti più duri tra le squadre partigiane ed i tedeschi. Il primo scontro si ebbe con una colonna tedesca che da Carnaio si dirigeva a Treviso per sostenere lo sganciamento della FlakLa Flak era la contraerea tedesca..

La colonna era composta da 6 càmion e 100 soldati, armati con 6 mitragliatrici da 20 mm. ed armi automatiche. I partigiani disponevano, secondo il rapporto, di una Breda 38, due mitra ed alcuni moschetti.

Nel pomeriggio, transitata la colonna della, Flak che si ritirava da Treviso con 14 camion, si verificò un secondo scontro sulla Postumia tra una colonna tedesca che si dirigeva verso le Castrette ed un gruppo partigiano, il quale perdette un uomo.

La Flak, dopo una sosta di tre ore a villa Ricci di Paderno, abbandonata dai partigiani, riprese la marcia con l’oscurità. Il giorno dopo, 30 aprile, i tedeschi erano già lontani, diretti verso il nord.

Per il nostro Comune la guerra era cosi terminataLe notizie riguardanti la Resistenza nel ponzanese sono tratte dall’Archivio dell’Istituto per la Storia della Resistenza nelle Tre Venezie. CLN Treviso, Ba. 230, fase. 96.
Altri particolari riguardanti l’attività partigiana, il cui capo era il Maresciallo d’aviazione Pietro Gobbato, sono riportati nel capitolo .«Memorie storiche di Ponzano Veneto».
. Una lapide commemorativa degli ultimi avvenimenti venne apposta sulla facciata della casa Toffoletto in via Santandrà di Ponzano con la seguente scritta:

«Da questa casa ospitale
il Comitato di Liberazione Nazionale
della Provincia di Treviso
la sera del 2.8 aprile 1945
usciva’ dalla clandestinità della lotta
che da venti mesi dirigeva
per esercitare finalmente nella libertà
i legittimi poteri di governo
nel nome del popolo.
Nel ventennale della Liberazione
il 16 Maggio 1965
a memoria del secondo risorgimento d’Italia
la Provincia di Treviso pose».

Gli anziani non potranno cancellare dalla mente il ricordo di quei giorni pieni di angoscia e il pianto delle famiglie per i figli che più non tornarono; rammenteranno l’affluenza degli abitanti di Treviso sfollati a causa dei citati bombardamenti anglo-americani; tutte le indicibili difficoltà incontrate nel corso del terribile conflitto e la conclusione del medesimo; i non facili compiti della riabilitazione, della ricostruzione e della normalizzazione della vita cittadina.

In data primo maggio 1945 nell’ex Palazzo Municipale di via Pioppe si costituì il Consiglio Comunale e la massima carica cittadina venne assunta dal partigiano Ignazio Enrico Gobbato. Iniziò così per il Comune il tanto sospirato periodo di rinascita e di sviluppo, caratterizzato dalla pacifica convivenza e dalla operosità della sua popolazione.


Note:

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