Ponzano Paderno Merlengo - ieri e oggi

LA BEFANA

Si ritiene che la tradizione della Befana risalga all’epoca medievale. Essa è rappresentata da una vecchia benefica, un tempo chiamata anche Redòdesa o Maràntega, che nella notte tra il 5 e 6 gennaio, passa, a cavallo di una scopa, per il ciclo, calandosi nei luoghi abitati. Qui, scendendo dai camini, riempie di dolci, di frutta e di giocattoli le calze appese dai bambini soto a napa.

Logicamente nel passato la Befana aveva risorse ben limitate, specie nei tempi ai quali ci riferiamo.

Questo personaggio fiabesco ha sempre eccitato grandemente la fantasia dei bambini di ogni ceto, i quali, se al mattino dell’Epifania trovavano la calza vuota, rimanevano assai mortificati, addolorati, tanto da scoppiare in lacrime. Erano tempi in cui i genitori «miserabili», che non avevano un soldo da spendere per le loro creature, cercavano di giustificarsi attribuendo alla vecchia Befana l’impossibilità di accontentare tutti i fanciulli.

I bambini si svegliavano presto in quella mattina, anche se nella calza trovavano solo bagìgi (arachidi), stracaganàsse (castagne secche), qualche mela, forse un’arancia od un mandarino, caròboe (carrube), fichi secchi, un cavallino di carta-pesta; per i figli di famiglie agiate, una palla di gomma od una bambolina de pèssa (di stoffa). Erano epoche in cui anche le industrie dei giocattoli esistevano in misura assai ridotta. Ma i bambini non erano granché esigenti; si accontentavano di poco.

L’usanza comunque non tramonterà facilmente, perché gli stessi adulti si compiacciono di trasmetterla nella mente sognante dei fanciulli, accendendo nella loro fantasia l’amore per l’irreale.

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