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LE MALATTIE DEGLI ANIMALI E DELLE PIANTE
Tali malattie erano motivo di grave preoccupazione per gli agricoltori, giacché i bovini, i cavalli, gli asini ed i muli erano bestie preziose e costose. La morte di uno d’essi rappresentava una perdita non certo trascurabile, quasi un lutto!
Durante il governo austriaco, troviamo nei documenti d’Archivio varie notizie e disposizioni circa le malattie degli animali.
Nel 1823 si era manifestata la malattia del «cancro volante della lingua», presentatasi più volte nel trevigiano e nel Friuli, e nel 1852 la malattia del «moccio dei cavalli».
Nel 1834 delle notizie allarmanti erano giunte dalla Lombardia ove era apparsa la malattia del «carbonchio».
Nel 1834 delle notizie allarmanti erano giunte dalla Lombardia ove era apparsa la malattia del «carbonchio».
Allorquando per predette malattie morivano gli animali, questi dovevano essere sepolti:
per Ponzano: alla Croserona;
per Pàderno: alla Cai Munàra o Munèra;
per Merlengo: all’Antiga.
Durante il governo austriaco venivano emanate in merito disposizioni severissime dai competenti uffici della Sanità, che vietavano di cibarsi di carni d’animali morti di malattia, ma purtroppo, sia per ignoranza, sia per faciloneria od altro, le disposizioni venivano spesso ignorate e di quando in quando qualche individuo pagava con la vita la propria negligenza.
Nel passato era assai diffuso l’allevamento dei bachi da seta. Essi si nutrivano delle foglie dei gelsi disposti in filar i nella campagna. Scopo di tale coltura era l’ottenimento della seta ricavata dai bozzoli.
Gli agricoltori accudivano in maniera intensiva a questa attività che fu assai redditizia sino a quando giunsero sul mercato le fibre tessili artificiali. I coltivatori allora ne risentirono enormemente dal lato economico anche perché non potevano attingere ad altre risorse.
Varie malattie insidiavano la salute del baco da seta, e cioè: Vatrofia o pebrina, causata da un parassita che passava dall’animale nell’uovo, e da questo nel nuovo individuo; incalcino, pur questa dovuta ad un parassita: una muffa invadeva il corpo del baco, sviluppandosi abbondantemente, cosicché l’animaletto assumeva l’aspetto di un pezzo di calce; la placidezza o negrone, morbo che impediva al baco di costruirsi il bozzolo. Il prezioso filugello era inoltre minacciato dalle formiche che spesso lo assalivano causandone la morte.
Sino a quando la scienza non riuscì a trovare i rimedi adatti, i bachicultori rimasero impotenti dinanzi all’ira delle malattie, che, sempre nel passato, tentavano di fermare con rimedi empirici (fumigazioni), oppure innalzando preghiere, facendo dare benedizioni deprecatorie dai sacerdoti e bruciando l’ulivo pasquale come forma propiziatoria.
Altro nemico era la malattia del gelso, dovuta alla diaspis pentagona, che colpiva le foglie della pianta.
La situazione dell’agricoltura, da sempre difficile, divenne ancor più preoccupante in seguito all’arrivo della malattia della fillossera, distruttrice delle viti, che comprometteva il raccolto dell’uva, prodotto questo assai necessario al sostentamento delle famiglie per il reddito non trascurabile che produceva. Dopo vari trattamenti ed esperimenti venne trovato un rimedio decisivo, quello cioè di innestare le viti nostrane con varietà di viti americane resistentissime all’attacco del parassita La maialila della fillossera giunse dall’America nel 1879..
Altre malattie della vite erano la peronospora e l’oidio. La prima era provocata da un fungo che colpiva le foglie ed il grappolo ed il cui rimedio consisteva nell’irrorazione di solfato di rame; la seconda era dovuta all’azione di un altro fungo che minacciava la salute dei grappoli e che si manifestava sotto forma di una muffa biancastra, pur questa combattuta con solforazioni od altri prodotti chimici a base di zolfo.
Comprometteva e compromette pure attualmente la vita dei medicai (campi di erba medica conosciuta meglio in dialetto col nome di «spagna») la terribile cuscuta (erba «oa»), pianta parassita diffusa in tutto il mondo, filiforme, di color giallo sbiadito, che avvolge lo stelo di varie piante, quali il trifoglio, il lino, l’erba medica, ecc., e che finisce con l’ucciderle. Detto parassita viene combattuto con la selezione dei semi dei principali foraggi.
Altre malattie inoltre colpivano le piante del frumento e del granoturco. Fra queste ricordiamo in particolare la malattia del «carbone», dovuta pur questa ad un fungo o meglio a certi funghi parassiti che nel periodo della riproduzione erompono dai tessuti della pianta sotto forma di polvere nerastra costituita dalle spore. Oltre al frumento tali funghi danneggiano le colture dell’orzo, dell’avena e del granoturco.
La «ruggine» è un’altra malattia causata da alcune specie di funghi che colpisce il frumento, le colture ortensi e foraggere ed altre piante. Si presenta con macchie pustiliformi bruno-rossicce sulle foglie, che assumono così un aspetto rugginoso. E’ combattuta con l’utilizzazione di sali di rame ovvero coltivando razze di grano resistenti.
Il «mal bianco» è determinato da un altro fungo che colpisce le foglie facendole ingiallire e cadere; come rimedio vengono usate le solforazioni come per la malattia dell’oidio.
Infine è da ricordare anche la «pirabile»: è un verme che nasce da uova deposte da un microlepidottero, ma che da tempo sembra ormai sconfitto. Esso corrode le radici, le foglie e talvolta anche i frutti delle piante.
Note:
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