Abbecedario Ponzanese

OTTOBRE, PRIMI GIORNI DI SCUOLA

Luisa Dalla Toffola


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Ponzano - Luisa Dalla Toffola

Le ombre ormai si allungano. La luce è intensa, colorata, calda; l'aria cristallina. Il vento si porta via le stanche foglie che, come farfalle, danzano e volano un po', prima di posarsi a formare un tappeto frusciante multicolore. C'è ancora allegria nell'aria; odori e profumi intensi si mescolano; il mosto sta diventando vino e disperde i suoi aromi; i campi, dopo l'arida estate, si preparano con poderose concimate ad accogliere il seme. La scuola è vecchia, alta, austera. La cinge un muretto con LIlla rete. Due cancelli si aprono sulla strada; all'interno il cortile ghiaioso è coperto da foglie, ricci e frutti dei grossi ippocastani. Agli estremi del fabbricato, due portoni, in cima a due scalinate in pietra limitate da muretti a scivolo. Varcati i portoni, due atri, con in fondo i servizi, introducono alle aule. Il pavimento in IislOni di legno. Le alte finestre ad arco con la rete di protezione e pesanti tende polverose. La stufa in terracotta rossa a tre ripiani. Odore di gesso, di inchiostro. i grandi banchi in legno dipinti di nero col huco per il calamaio che tutte le mattine la bidella riempie di inchiostro. La mia maestra, la mia mamma .. Grembiule nero, alta, sorridente, gli scuri capelli che si attorciglia in riccioli fermati da forcine. E noi, piccoli scolari, su quei banchi troppo grandi ancora per noi. T grembiuli neri sono resi meno austeri dal colletto bianco e il nastro rosso che lo allaccia, uguale a qucllo che raccogli c i capelli in testa. lo non chiamo la mia maestra, mamma, perchè mi vergogno di fronte ai miei compagni; e non la chiamo maestra perchè mi vergogno di fronte a lei. Allora aspello che mi rivolga lo sguardo e con il dito, facendomi piccola piccola, le faccio cenno di venire da me. Col tempo, imparerò a chiamarla mamma, superando l'imbarazzo iniziale e prendendo confidenza con la strana situazione che tutti piano piano comprendono. Dalle finestre, oltre il cortile, tra gli ippocastani, la strada, un campo, un mondo. l buoi tirano l'aratro che Il contadino affonda nella terra. Grosse zolle lucide si rivoltano formando profondi solchi scuri. La voce dell'uomo guida l'aratro con parole note all'animale che, ubbidiente, avanza, si ferma, gira. Nel blu intenso del cielo, formazioni cii uccelli migratori ci annunciano la fine dell'estate e ci avvertono che Il freddo si avvicina. Si odono gli spari dei cacciatori e il festante abbaiare dei cani. Se ascolto, risento il suono del mal1ello su!l'incudine del fabbro. Voci di donne; si può ancora lavorare all'aperto e aprire fi nestre e poTte.
II tramonto infiamma il cielo e colora di rosso ogni cosa. Sulla lavagna restano piccoli fiori bianchi di gesso. Ancora qualche tempo e si potranno leggere parole, numeri, si aprirà un mondo nuovo e l'infanzia è già alle spalle.

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