Abbecedario Ponzanese
RICORDI FRA I BANCHI DI SCUOLA A PONZANO
Laura Gracis
Dalla dominazione asburgica alla 1^ Guerra mondiale
Nel corso del suo secolare dominio, la Repubblica di Venezia non ebbe mai a cuore l’elevazione culturale della popolazione e lo sviluppo dell’ insegnamento, pertanto bisognerà attendere l’avvento del governo asburgico per avere le prime disposizioni al riguardo. Infatti il 12 settembre 1818 il governo austriaco dominante dispone, con Sovrana Risoluzione, che la scuola diventi obbligatoria e nel 1822 l’ I.R. Commissariato Distrettuale sollecita le Deputazioni Comunali di aprire delle scuole per il popolo:
“ le scuole elementari minori “.
La Deputazione di Ponzano, a questo proposito, rispondeva precisando i motivi che non favorivano l’attuazione delle disposizioni superiori e sosteneva che “ era sufficiente assicurare l’esistenza di una scuola, seppur irregolare, bastante ad istruire la gioventù nelle cose più necessarie”.
( G. Polo; Ponzano Paderno Merlengo ieri e oggi, 1984 pag.66 ).
Allora la scuola iniziava il 1° novembre e terminava l’ultima settimana di agosto, si restava a casa il giovedì che veniva dedicato alle confessioni.
Dai registri dell’epoca si nota che i bambini venivano ricevuti a scuola anche l’8 di giugno e che la scuola di Paderno accoglieva 29 alunni, di cui 21 figli di villici, 6 di muratori, 1 di gastaldo e 1 di falegname.
La scuola minore gratuita, obbligatoria, graduale, era scuola eminentemente pratica, insegnava a leggere, scrivere e a far di conto. comprendeva 2 classi, la 1^ e la 2^, durava quindi 2 anni, era obbligatoria per maschi e femmine dai 6 ai 12 anni.
E siccome i maestri non si poterono improvvisare, vennero impegnati in prima persona i sacerdoti che furono abilitati all’ insegnamento con un corso di “ Metodica “ presso i Seminari.
“ Insegnare agli ignoranti “ dunque e così il Parroco divenne direttore ed anche maestro della scuola elementare istituita presso la parrocchia.
All’Amministrazione comunale spettava provvedere all’aula e allo “ stipendietto” che per un maestro laico ammontava a 115-150 lire austriache, ma spesso il “ parroco-maestro” non riceveva nulla o al massimo un compenso in natura. ( tratto da Nascita e sviluppo della scuola elementare…. di N. Faldon in “Il Veneto e Treviso tra ‘700 e ‘800” - 6° ciclo di conferenze 1985/1986)
Nel 1847, secondo un documento conservato nell’Archivio parrocchiale di Merlengo, il Parroco proponeva ai padri di famiglia di organizzare una scuola per i propri figli nel periodo meno impegnativo per il lavoro dei campi; coloro che aderirono s’impegnarono a versare “sei minelleLa minella era così desunta: 1 sacco= 86 Kg. e si divideva in 4 quarte; 1 quarta si divideva in 4 quartieri; 1 quartiere si divideva in 4 minelle,; 1 minella = Kg. 1.344 ( G. Polo idem pagg.66,71 ) di granoturco per ciascun figlio al fine di provvedere al pagamento del pedagogo per sei mesi d’insegnamento”.
Chi fosse questo pedagogo non ci è dato sapere, anche se con molta probabilità, date le disposizioni del tempo, poteva trattarsi proprio del Parroco.
Nello stesso 1847 l’ I. R. Commissariato Distrettuale lamentava la scarsa affluenza alle scuole e la Deputazione Comunale di Ponzano così rispose : “Perché abbisognando l’agricoltura più di potenza muscolare che intellettuale, e l’agricoltore più di polenta che di lettere, amano meglio i loro genitori di avvezzarli per tempo alle fatiche ed al lavoro materiale, sorgente del loro sostentamento, che di coltivare l’intelletto con l’abbiccì”. ( G. Polo idem pag. 66 )
Infatti molti erano gli iscritti, ma in realtà pochi eletti frequentavano; nel periodo dei lavori campestri poi, le aule rimanevano quasi deserte così nelle scuole rurali come quella di Ponzano, l’80% degli scolari rimaneva analfabeta.
Non è un caso infatti se il Vescovo Squarcina di Vittorio Veneto confidava un giorno al Governatore di Venezia che forse mai nella storia, da Adamo ed Eva fino a quel tempo, s’era verificata una così perfetta intesa tra genitori e figlioli. I figlioli non volevano andare a scuola; i genitori non volevano mandarli…..( tratto da Un libro sulla nascita e lo sviluppo della scuola elementare….. di N. Faldon in “ Il Veneto e Treviso tra ‘700 e ‘800 – X ciclo di conferenze 1989/1990).
Per tutto il periodo che va dalla dominazione asburgica, all’annessione al Regno d’Italia fino al 1910-1912, la scuola di Ponzano è ospitata in aule di fortuna: presso la Canonica di Merlengo, il Municipio o presso le ville.
Nel 1852 la Deputazione comunale propone la costruzione di un edificio scolastico costituito da una stanza lunga m. 6.096, larga m. 4572, alta m. 2438, ma non se ne fece nulla.
E così il progetto di una scuola degna di questo nome viene stipulato soltanto il 23 agosto 1907 con la ditta Sbeghen. Finiti i lavori, le lezioni cominceranno a Paderno nel 1910, mentre Ponzano e Merlengo dovranno attendere fino al 1912. ( G. Polo idem pagg. 66 e 67 )
La 1^ Guerra mondiale
Ponzano visse drammaticamente questo evento: la popolazione compì grossi sacrifici e rinunce, mancava il sale comune, la pellagra e la “febbre spagnola” imperversavano, il disagio economico opprimeva le famiglie, la situazione si aggravò ulteriormente dopo la rotta di Caporetto: soldati fuggiaschi demoralizzati vagavano per le campagne di Ponzano in cerca di cibo e di ospitalità, in vista della disperata difesa sul Piave vennero requisite ville, scuole e locali di case private per ospitare comandi militari, depositi di materiali e di vettovagliamento. ( da G. Polo idem pag.19 )
Nei documenti scolastici dell’epoca si fa riferimento alla soppressione in segno di lutto delle vacanze carnevalesche e agli aiuti elargiti agli orfani di guerra.
Anni di miseria e di grande difficoltà per le famiglie degli scolaretti che, di sicuro, non avevano la possibilità di comprare loro un cappotto, si andava a scuola imbacuccati con una lunghissima sciarpa di lana, girata più volte attorno al collo e confezionata in casa.
Si indossavano le gaeosse, scarpe alte e nere con suola di legno, rumorosissime con un pezzetto di lamiera per salvarle da un consumo troppo rapido.
Nella stagione estiva le gaeosse venivano sostituite dai “ sampei “, specie di sandali sempre con suola di legno.
Gli scolari avevano soltanto un sillabario e un quaderno, non certo la cartella.
La maggior parte portava la “ sacheta “, una borsa di tela a tracolla, fatta in casa che assomigliava al vecchio tascapane blu della fanteria.
I programmi erano assai ridotti e , dopo mesi di aste e letture sillabate in coro, a fine anno si leggeva e si scriveva discretamente.
I locali della scuola erano spesso scuri, brutti, poco ospitali e infestati da grossi topi, per mitigare il grande freddo dell’aula si ricorreva ad una stufa.
La legna veniva il più delle volte portata da casa o raccolta attorno alla scuola dagli alunni stessi. [ tratto da: Ricordi di scuola di un ex profugo ( 1919-1930 ) di A. Perissinotto in Il Veneto e Treviso tra ‘700 e ‘800 – 4° ciclo di conferenze 1983/84 ]
Un ricordo a parte merita la scuola di Campagna, detta scuola-baracca, perchè aveva sede in una baracca di legno, ex ospedale di campo della 1^ Guerra Mondiale, utilizzata inizialmente allo scopo di istruire gli analfabeti, poi impiegata dal Comune come scuola comunale. Ubicata in via Volpago, all’incrocio con la via Schiavonesca, essa servì fino al 1935.
La scuola di Ponzano sotto il Regime
Con l’avvento dell’ “Era Fascista“ diventano più severi i controlli relativi all’obbligo scolastico, i genitori vengono diffidati in caso di mancata frequenza da parte dei figli, “i piccoli balilla” vengono iscritti al partito previo pagamento di una tessera il cui numero viene riportato dai maestri sui registri di classe, si dispone la commemorazione di ricorrenze particolarmente significative per il Regime e la partecipazione delle scolaresche a parate, saggi ginnici, feste collettive, si invitano le autorità ad adottare arredi e sussidi didattici adeguati…..
I maestri registrano lo svolgimento di programmi “allineati“ con la cultura fascista e in perfetta sintonia con la retorica del tempo.
Infatti, mentre le maestre esortano “a non dialettare” e “a non contare con le dita”, si rievocano la vittoria del 1918, la marcia su Roma, la Battaglia del Grano, la conquista dell’Etiopia….
Negli anni ’30, nonostante il numero degli scolari sia piuttosto elevato, gli edifici scolastici e la disponibilità di aule rimangono sostanzialmente gli stessi degli anni precedenti, le strutture non sono sufficienti, si stendono diversi progetti, ma nessuno di questi, a parte la scuola di Campagna e la Casa del Fascio, saranno realizzati.
Inoltre il Regime impone ai Comuni di sgombrare le aule per far posto a depositi militari, pertanto alcune classi sono costrette ad emigrare presso le Parrocchie, le ville o le case private gentilmente offerte e alcune aule infatti verranno ospitate presso la casa Sbeghen, attuale edificio a tre piani vicino alla trattoria “alla Pesa“.
Dopo il bombardamento di Treviso, gli sfollati rimasti senza casa occupano le aule dove le lezioni sono state sospese, nei registri troviamo qualche bambino sfollato e arrivano infine delle precise disposizioni affinchè non vengano attivate scuole in aule clandestine, fuori dal controllo istituzionale.
Il Dopoguerra e gli anni ‘60
In questi anni entrano nella scuola i primi audiovisivi, l’arrivo del proiettore richiede l’oscuramento dell’aula per poter proiettare alcune filmine, la Rai trasmette dalle scuole elementari di Paderno e di Ponzano, i bambini, emozionatissimi recitano poesie davanti ai microfoni dell’unica emittente dell’epoca, ma i testi dei compitini e dei problemi assegnati agli esami ci parlano di un mondo rurale ancora molto semplice nel quale, quasi per contrasto, i nomi dei genitori degli alunni sono altisonanti: Genoveffa, Domitilla, Scolastica, Domenica, Demetrio, Gottardo. L’analfabetismo non è stato ancora del tutto debellato e sono frequenti le epidemie di morbillo, scarlattina e difterite, tanto che le scuole devono essere chiuse per evitare il contagio.
Nelle aule durante l’inverno non si va oltre i 7°C e la legna del Comune non riscalda perchè piena d’acqua, ma ecco iniziare la moda delle gite scolastiche, infatti si portano i bambini a Treviso in pellegrinaggio alla chiesa di S. Maria Maggiore o in passeggiata fino alla località Baruchella per una merenda all’aria aperta !
Le maestre lamentano la scarsa igiene dei bambini e la necessità di tagliare loro le unghie, alcuni scolari si addormentano sui banchi, infatti i maschietti svolgono ancora lavori pesanti nei campi e le bambine devono sorvegliare notte e giorno i bachi da seta.
Tuttavia aumenta in modo consistente il numero dei bambini che frequenta le scuole, c’è maggiore sensibilità per l’istituzione, migliorano anche se lentamente le norme igieniche e sanitarie, ci si avvia verso un periodo di benessere e gli emigrati fanno ritorno nel loro paese d’origine….
Negli anni ’60 vengono abbattute le vecchie scuole per costruirne di nuove più luminose e funzionali e nel giro di dieci anni nasceranno le scuole che ancora oggi vediamo nel territorio ponzanese.
Note: