Le Rondini di Ponzano Veneto

Abitare a Ponzano da emigrato è una fortuna

Gano Ibrahima è un Senegalese nato a Koba nel 1959.
Vive a Paderno da oltre 20 anni. E' sposato con Diouf Soukeyna.
Ha due gemelli Mouhammadou e Alpha.

E’ stato intervistato il 27 agosto 2011 da Luigino Righetto.


Sono nato a Koba, un piccolo villaggio nel Senegal del sud, nella regione del Casamance. Ho frequentato le scuole dell’obbligo e subito dopo ho cominciato a lavorare prima come falegname e poi come commerciante di bestiame a Dakar.
Qui ero ospite di un cugino arruolato nei carabinieri.
Sono il maggiore di cinque figli e mio padre non ce la faceva da solo a mantenerci tutti.
Gli affari non andavano bene e i guadagni scarseggiavano.
Mi sono deciso ad emigrare per la prima volta nel 1987.
Sono andato in Spagna, il paese europeo più vicino.
Vi sono rimasto come clandestino per due anni.
Rientrato in Senegal, i miei genitori volevano che rimanessi a casa.
Con la scusa di andare a Dakar da mio cugino, nel 1989, sono emigrato nuovamente senza che loro lo sapessero.
Per sfuggire ai controlli sono giunto in Italia attraverso la Turchia.
Avevo un passaporto turistico e in questi paesi non c’era bisogno di visti.

Arrivato a Palermo, mi sono trasferito a Napoli perché alcuni amici mi avevano detto che qui cercavano operai da impiegare in agricoltura.
A Napoli avevo sentito che, a fine anno, avrebbero regolarizzato gli stranieri e allora ho deciso di fermarmi in Italia.
Era inverno. Non conoscevo il freddo e non avevo vestiti adeguati.
In Spagna e in Tunisia era più caldo. Un signore napoletano mi ha visto tremare dal freddo, mi ha comperato e regalato una giacca a vento senza chiedermi niente in cambio.
Il 21 febbraio 1990 sono arrivato a Treviso e da qui mi sono trasferito a Ponzano Veneto il 18 ottobre 1990, nella comunità Senegalese di Via Morganella Ovest, nella casa dei Padri Maristi.
Molta gente mi ha aiutato sia a casa mia che qui in Italia.
Uno zio materno e una zia paterna hanno venduto del bestiame e mi hanno donato il ricavato per permettermi di avviare il mio commercio a Dakar.
Io invece li ho usati per emigrare.
Quando ho cominciato a guadagnare ho sentito il dovere morale di restituire il denaro prestatomi, anche se loro non lo volevano.
A Napoli sono stato impiegato per due mesi e mezzo in agricoltura a raccogliere frutta, pomodori e altre verdure.
Ero assunto come giornaliero, naturalmente non in regola.
Mi fermavo lungo la strada dove passavano dei pullman che raccoglievano la manodopera da avviare ai lavori nei campi.
Non ho mai pagato caporali perché venivo caricato direttamente dai datori di lavoro che mi pagavano in nero.

Ero ospite in un vecchio albergo dove pagavo 10.000 lire a notte.
L'albergo ospitava tanti extracomunitari e tutti sapevano che, come me, la maggior parte non era in regola con il permesso di soggiorno.
Una sera all'improvviso sono arrivati assieme Vigili Urbani, Poliziotti e Carabinieri che, dopo aver bloccato tutte le uscite, hanno effettuato un controllo a tappeto.
A quasi tutti i miei compagni è stato rilasciato il foglio di via.
Fortunatamente ho fatto in tempo a nascondermi dentro un bidone per la raccolta dell'acqua piovana che era posto sul tetto dell'albergo.
Da quel giorno ho capito che dovevo mettermi in regola.

Sono venuto a Treviso perché degli amici mi avevano detto che c'era la possibilità di avere un lavoro regolare che mi avrebbe permesso di ottenere il sognato permesso di soggiorno.
Sono subito stato assunto dalla ditta Giovanni Vendramin che ha uno stand al mercato ortofrutticolo di Treviso e una azienda agricola.
Alternavo il lavoro fra il mercato e l'azienda agricola di San Trovaso.
Dormivo in un albergo alle Stiore, che ora è stato demolito per lasciar posto al supermercato Panorama.
Da allora non ho più avuto problemi con il permesso di soggiorno perché ho sempre lavorato.
Ora sono in possesso della carta di soggiorno che rende le cose molto più semplici, sia per me che per i figli.
Poco dopo essere arrivato a Treviso, ho saputo dal sindacalista Leo Agnolin, segretario della CISL di Treviso, che a Ponzano Veneto stavano sistemando una casa per ospitare dei senegalesi.
Ho visto il posto e siccome nel frattempo ero stato assunto dalla CMI di Villorba, vicino al Palaverde, e qui ero più comodo al lavoro, ho chiesto di far parte della comunità e mi sono trasferito in Via Morganella Est.
Nella casa dei Padri Maristi, eravamo un bel gruppo di 12 o 13 persone ben organizzate. A seconda dei turni di lavoro ognuno era impegnato a fare le pulizie di casa o a preparare i pasti.
Il giorno dell’inaugurazione della casa abbiamo fatto una grande festa.
Erano presenti il Sindaco del Comune, tutti i parroci, i Carabinieri di Paese, tante altre autorità e molti cittadini del Comune.
Questa giornata è servita per farci conoscere e benvolere dal paese.
Da quel giorno sono cominciati ad arrivare dei regali di macchine usate, motorini e anche cibo e denaro. Tutto veniva messo a disposizione della comunità. E’ stato un bel periodo, molto utile per integrarci in fretta.
Anche la Questura di Treviso portava la nostra Comunità ad esempio per altri stranieri. Quando i poliziotti sapevano che facevamo parte del gruppo di Ponzano ci rinnovavano i documenti senza tanti controlli.
Il maresciallo di Paese ci diceva che i nostri gruppi anche di dieci o venti persone non hanno mai dato problemi. Altri gruppi di stranieri, spesso quando si trovano anche a piccoli gruppi di tre o quattro persone, scatenano fra loro grandi risse.
La formazione della Comunità è stata possibile anche perché noi Senegalesi siamo un popolo molto socievole.
Penso che tanto dipenda dal fatto che noi abbiamo avuto la fortuna di essere governati da due presidenti della Repubblica molto bravi.
Il primo era il poeta Léopold Sèdat Senghor che ha valorizzato la cultura Africana e promosso l'integrazione con la cultura Europea.
Ha creduto nel socialismo e sostenuto l'arte e la cultura legate alla nostra identità, fedele all’ambiente e alle tradizioni locali.
Il presidente Abdou Diouf, che l'ha seguito, ha modernizzato il Senegal promuovendo la tecnologia e il progresso economico.
Loro hanno sempre cercato di inculcare alla gente di comportarsi bene e di aiutarsi a vicenda. Senghor diceva “Gli asini non fanno mai baruffa, e quindi anche noi possiamo sistemare tutte le cose discutendo.”

Tornando a parlare della comunità Senegalese di Ponzano, devo ammettere purtroppo che il cattivo uso del denaro da parte di chi era preposto alla gestione della casa, ha portato al suo scioglimento.
Quando mi sono accorto che le cose stavano andando male, ho cercato di sistemarmi per conto mio.
Tramite una agenzia Immobiliare di Treviso ho trovato casa dove abito.
Era in vendita ma i proprietari che mi conoscevano me l'hanno concessa in affitto. Allora vivevo con altri due miei amici senegalesi per dividere le spese.
Dal primo gennaio 1993, ho sempre abitato qui.
Mi preparavo da magiare e sbrigavo tutte le altre faccende domestiche.
I proprietari ancora oggi mi vogliono bene. Mi rinnovano il contratto di affitto senza problemi, anche perché hanno visto che tengo bene la casa.
La figlia del dottor Marini che faceva parte di una associazione di volontariato, mi trattava come fossi uno della famiglia e mi ha aiutato molto ad integrarmi.
Nel frattempo avevo trovato lavoro presso la cromatura Dalla Torre nella fabbrica di Monigo. Nel maggio del 1998 sono stato assunto dalla ditta Veneta Ribaltabili dei fratelli Angelo e Gianni Merotto, con sede a Treviso, dove lavoro tuttora. La ditta è specializzata nella costruzione di cassoni ribaltabili, impianti idraulici, allestimenti, gru e trasformazioni su autotelai Ho la qualifica di meccanico, e con il tempo ho imparato sempre meglio il mestiere.
Sono contento e mi piace il lavoro che fac-cio ma vorrei migliorare an-cora, in modo particolare per accrescere il mio reddito.
Non ho mai avuto problemi con la lingua, perché conoscevo un po’ di spagnolo che è simile al dialetto veneto e poi ho fatto dei corsi serali per imparare bene l'italiano.
Con i compagni di lavoro Italiani, Albanesi, Romeni e Moldavi sto bene e qui non mi sento straniero.
Ora ho famiglia e ho poco tempo libero. Prima di sposarmi andavo in giro a divertirmi con i tanti amici senegalesi.
Ho conosciuto mia moglie in Italia ma mi sono sposato in Senegal.
I miei due figli gemelli, nati a Treviso nel 2003 frequentano la scuola elementare a Paderno e sono molto bravi.
I miei fratelli abitano ancora nella vecchia casa di Koba e con la famiglia in Senegal ci scriviamo e ci telefoniamo.

Abitare a Ponzano da emigrato è una fortuna.
In questo paese dove abito da più di 20 anni non ho mai sentito una brutta parola nei miei confronti. Solo una volta nel negozio di alimentari di Walter Zanatta, una signora mi ha insultato senza motivo.
Prima che io potessi rispondere, altre due persone di Paderno hanno preso la mia difesa.
Qui mi sento a casa mia. Ho tanta gente che mi saluta e mi vuole bene.
Anche se qui sto bene e mi sono realizzato nella vita e nel lavoro, ho tanta nostalgia del mio paese. Con la testa sono sempre a casa anche perché la mia famiglia è stata sempre molto unita.
Quando mi prende la nostalgia e la tristezza, guardo mia moglie e i miei figli, me li stringo vicini e tutto mi passa.
Nel mio paese c'è molto il senso della comunità e della famiglia e questo mi manca tanto. In Senegal, non ci sono gli orfanatrofi. Se un bambino rimane senza genitori, i parenti, per il solo fatto che è senza genitori, lo tengono, lo curano e lo amano più dei propri figli.
Siamo tanto uniti e ci aiutiamo a vicenda tra famiglie e tante cose le mettiamo in comune.
Se a mezzogiorno entri in una casa qualsiasi, mangi con chi ti ospita, anche se non ti conoscono.
Abbiamo un grande senso di riconoscenza e quando riceviamo qualcosa in dono, oltre che apprezzare il gesto sentiamo il dovere di ricambiarlo.
Sogno di tornare a casa mia ma mi mancano ancora tredici anni per maturare il diritto alla pensione.
Sono un po’ stanco perché ho lavorato molto.
Con la famiglia a carico non riesco più a risparmiare.
Se mi si presenta la possibilità di lavorare in Senegal con un buon guadagno, torno a casa anche prima.
In Senegal ora è come nell’Italia degli anni settanta.
E' in atto un grande sviluppo.
C’è molto progresso e nuove possibilità di lavoro.
Sono Musulmano praticante.
Per noi questo è il mese del Ramadan.
Il Ramadan è un periodo di digiuno, penitenza e purificazione.
Serve a togliere i peccati a chi ha rubato, mangiato quello che non doveva mangiare o compiuto atti contrari agli insegnamenti del Corano. Dura da ventinove a trenta giorni e si conclude con una grande festa.
Cade il nono mese del nostro anno lunare ed è celebrato a ricordo delle rivelazioni dell'Arcangelo Gabriele a Maometto.
Il nostro anno è legato a dodici fasi lunari e dura solo 354 o 355 giorni.
L'anno 2011 corrisponde al nostro 1432.
Quest’anno il Ramadan è iniziato il primo agosto e finirà il ventinove.
Il prossimo anno si celebrerà dal venti luglio al diciotto agosto.
Quando preghiamo ci inchiniamo per terra, in segno di sottomissione a Dio, di rispetto e umiltà e per chiedere perdono dei peccati.
Purtroppo non abbiamo ancora le moschee per pregare ma per le nostre due grandi feste principali, nonostante le inevitabili grandi polemiche, di solito quasi tutti i comuni ci concedono palestre o luoghi pubblici.

Approfitto di questa occasione per ringraziare il parroco di Paderno, don Aldo Danieli. Da sempre ha avuto un occhio di riguardo nei nostri confronti. Ci ospita nelle strutture parrocchiali in occasione delle nostre ricorrenze religiose e anche in occasione delle nostre feste private.
So che è stato criticato e che ha avuto dei problemi per questo ma lui, con convinzione, continua a fare quello in cui crede.
E' molto bello che un prete cattolico ci faccia capire che siamo tutti fratelli e che il Dio che adoriamo è unico e sempre lo stesso anche se per i suoi bisogni e a seconda della sua cultura e preparazione religiosa, l'uomo lo rappresenta in modo diverso.
E' vero come sostengono molti che i locali della parrocchia sono stati costruiti con i contributi e le offerte della gente di Paderno ma ora anche noi che ne usufruiamo, con le nostre offerte contribuiamo a mantenerli.

Ho tanti bei ricordi dell'Italia.
Appena arrivato mi sono fatto tanti amici di diverse nazionalità, con i quali ci divertivamo in compagnia.
Si cucinava a volte Africano a volte Italiano. Era bello perché ci scambiavamo conoscenze, esperienze e cibi fra Italiani e Senegalesi.
Se tornassi giovane farei ancora l’esperienza di lavorare all’estero.
C’è della sofferenza e del sacrificio in quello che ho fatto, ma in cambio ho ottenuto tante cose che non avevo.
Ho mantenuto la mia dignità e sono riuscito ad aiutare la mia famiglia.
Credo di aver realizzato i miei sogni anche se pensavo di fare più fortuna.
Chi arriva adesso non ha più le mie stesse opportunità.
Ora c’è crisi e poco lavoro per tutti.

Degli Italiani penso solo bene.
Ovunque vai nel mondo, ci sono persone buone e persone cattive.
Io ho avuto la fortuna che non tutti possono avere; dove ho lavorato sono sempre stato benvoluto. Non ho mai avuto problemi.
Cerco di rispettare gli altri e gli altri rispettano me.
Ho già detto che tante persone mi hanno aiutato.
Voglio però ricordare in modo particolare che quando mio padre è morto improvvisamente, avevo appena spedito alla famiglia dei soldi per sistemare la casa. Non mi potevo permettere il viaggio per tornare in Senegal.
Il signor Morellato, allora lavoravo alla CMI di Villorba, vicino al Palaverde, mi ha chiamato in ufficio per dirmi che potevo andare a casa e mi ha concesso due mesi di vacanza. Forse ha saputo che non avevo soldi e senza che io gli chiedessi nulla, mi ha dato un assegno di tre milioni, con l’intesa che me li avrebbe trattenuti dalla busta paga, nei mesi successivi al mio ritorno.
Gli sarò immensamente grato per sempre.
Questo gesto di generosità e fiducia mi ha commosso e fatto capire che mi stimava e mi voleva bene come mi stimano e mi vogliono bene tante persone che conosco.