Crisi nelle campagne trevigiane

IL CONTADINO

Il contadino aveva il culto della tradizione e riconosceva un carattere sapienziale all’esperienza dei vecchi. La tradizione per lui era sacra, intangibile, degna di riverenza; era sia la filosofia che il codice della vita familiare e sociale.

Questi concetti trovavano attuazione nel modello della famiglia patriarcale, dove il padre era “…per lo più il rispettato signore, che comanda, dirige, dispone di tutto, dopo avere udito il consiglio dei fratelli se ne ha o dei figli maggiori. Tutti gli obbediscono di ordinario ed eseguiscono con tenacia quanto fu stabilito e disposto. Tutti vanno a lavoro nello stesso campo; solo il padre di famiglia può assentarsi senza render conto ad alcuno, perché tutti sanno che provvede agli interessi comuni.”Relazione del sacerdote Eugenio Bianchini al secondo congresso cattolico italiano degli studiosi di scienze sociali a Padova dal 26 al 28 agosto 1896, in Notizie riassuntive intorno alle condizioni delle popolazioni agricole, pag 284,. Cfr. in E Bianchini, Il metodo d’agricoltura Solari e la questione agraria nell’economia pubblica e rurale in Italia, Torino 1898. Angelo Gambasin, Parroci e contadini…cit. Fuori dalla famiglia, il contadino diffidava delle “pubbliche istituzioni”, per lui quasi una sorta di entità, che imponeva obblighi spesso ingiustificati e che non garantiva allo stesso tempo scuole, lavoro e assistenza sanitaria. Le istituzioni sembravano incombere su di lui con leggi favorevoli alle angherie dei fattori, dei potenti, degli usurai, e di tutte le categorie che lo condannavano all’ipoteca, al pignoramento, alla fame e lo confinavano nell’ignoranza e nella servitù. Le pubbliche istituzioni significavano per il contadino ceti borghesi, tributi, servizio militare, codice penale, tutte cose che nella sua visione del mondo consolidavano e imponevano un sistema di disuguaglianze da cui non c’era scampo.E. Bianchini, Notizie riassuntive… , cit. pagine 277-309. Angelo Gambasin, Parroci e contadini…cit

Il contadino viveva ancora nel mondo della natura, con le sue forze misteriose, benevole ed avverse. Ne seguiva i ritmi ed i cicli senza conoscerne e spiegarne le leggi. Il contadino sapeva che il suo giaciglio era la terra, il fienile o la stalla. Curvo nel lavoro nella campagna si sentiva indifeso di fronte all’incognito e all’imprevisto.

Solo la morte lo liberava dai tiranni e dalle ingiustizie dei potenti, miscredenti ed imborghesiti, che mettevano le povere famiglie alla disperazione costringendole ad accettare affitti sproporzionati.Catechismo domenicale tenuto da Andrea Scotton a Breganze, vedi L.Zolin,  Comune e parrocchia di Breganze nel secondo ‘800. Angelo Gambasin, Parroci e contadini…cit 

Il contadino guardava esterrefatto e si piegava impaurito allo scatenarsi delle forze della natura contro di lui, gli animali ed i prodotti dei campi, ma si ribellava invece dentro di sé alla prepotenza dei ricchi. Voleva proteggersi dai violenti, cautelarsi dai pericoli, dai rischi, superando la barriera dell’incognito e dell’imprevisto.

In questo contesto psicologico si innestava la sua religiosità che guardava all’aldilà come ad un mondo giusto in cui non c’erano distinzioni fra gli uomini; cercava quindi morbosamente nel mondo la potenza taumaturgica in grado di liberarlo da ogni male. Personificava il divino nelle esperienze concrete. Le immagini dei santi appese alle pareti delle stalle, sulle piante, agli angoli delle case, nei crocicchi delle strade (per non parlare poi degli amuleti) erano personificazioni delle forze buone, dei numi tutelari del raccolto, degli animali e della salute; sono un documento della miseria disperante che opprimeva i bisnenti più che una traccia di religiosità.Angelo Gambasin, Parroci e contadini…cit 

Il contadino viveva in angoscia, all’oscuro delle leggi dell’universo e del mondo politico-sociale. Finché rimaneva nell’ignoranza e nella tradizione del villaggio era persuaso che il sacerdote fosse provvisto di una sorta di potere taumaturgico: il sacerdote era un microcosmo che riassumeva e personificava il divino e rappresentava il gruppo sociale. Era in suo potere detergere e togliere quanto nella vita si era accumulato di male, di colpa nelle persone singole e nel villaggio; purificava le persone, le cose e gli ambienti mediante le aspersioni, i riti, le benedizioni ed i gesti. Proteggeva contro i geni malefici, le malattie e le disgrazie.


Note: